“L’ho sempre sognato! – Il baffo, eh? – No! Il riporto!”. In bocca la verità. In testa nessuna chioma ribelle. Tre ragazzi tutto ‘core’ e carnalità: la caciara del siculo Aldo, la pignoleria e il buon senso ‘de milan’ di Giovanni, la scrupolosità e la petulanza di Giacomo. Questa sera in tv “Il ricco, il povero e il maggiordomo”: la Milano dei Navigli, da bere e dei quartieri. Tutto un universo in un film.
Film campione d’incassi delle feste natalizie 2014, dove i registi sono proprio loro tre: che giocano, parafrasano e storpiano l’italiano, alla loro maniera. Quando si scombina la tranquillità, con un incontro fortuito: l’industriale ricco e broker convinto, il dottor Giacomo Maria Poretti (Giacomo), e il suo autista maggiordomo tuttofare Giovanni (Giovanni) nonché amante delle arti marziali, con un venditore abusivo (Aldo). Uno schermo diventa pulpito e palcoscenico, per ribaltare la filosofia meneghina di Giovanni “un solo obiettivo nella vita: mandare la palla in buca”.
Una bancarella per svoltare
Calzini bianchi appoggiati sul volante della Maserati, durante le pause dal suo incarico d’autista. Giovanni è un guerriero ninja, cintura nera di fiacca, innamorato della domestica venezuelana Dolores (Guadalupe Lancho). Lui, che con una mossa di karate spacca frutta di stagione e pota siepi, investe, un giorno, un venditore ambulante senza licenza e senza scrupoli: “C’ho tutta la schiena sconquassata, c’ho un colpo di frusta in canna, le terminazioni nervose insensibili“. Dirà il sopravvissuto all’incidente. Sempre più moribondo, da quando verrà catapultato nella faraonica villa per essere soccorso. Il ricco, dopo un tentativo di rimborso danni per chiudere la faccenda, lo prenderà a lavorare con sé. Inizierà lo scompiglio nelle loro vite.
Aldo, ha sempre sognato di avere il furgone bancarella con licenza. “Te lo vendo e te l’adatto“, il suo slogan. Ma non ha però, la stessa classe del padre, venditore che proponeva la merce al grido di ‘patate, portualle e lupini!’. Da ambulante, Aldo, si truccherà il volto di nero per sembrare africano e più compassionevole. Ma dimenticherà le mani bianche, lasciandole al naturale. Viveva con la mamma (Giuliana Lojodice) dallo sguardo truce e scorbutico: specializzata in critiche per quel figlio che gli pranza davanti in canottiera e nulla fa. Che non è riuscito a sposarsi, e che dialoga appoggiato al frigo in cucina. Ma egli, avrà pure un pregio: riesce a parlare il turco come suo nonno. E quando i compari, Giovanni e Giacomo, gli chiederanno una dimostrazione della conoscenza della lingua, inizierà un monologo difficile da fermare, e da sottotitolare. Una cantilena tre toni sopra il suo timbro di voce, ‘invasato dall’anima turca dei suoi avi’. Lo trasformeranno in un petroliere azerbaijano, Samir Uzmin. Sarà la soluzione, ‘l’investimento’, all’improvviso crollo finanziario di Giacomo, appreso dal notiziario del Burgundi, e costretto ad essere ospite in casa dalla madre di Aldo.
Baciami a labbra di fuoco
“Allora com’è andata?”. “E fatemi scendere almeno dalla macchina”. Dice Aldo, spegnendo il motore di una Fiat 500 rosso fuoco, come i successi del racconto amoroso che sta per narrare. Con la sicurezza e disinvoltura di chi conosce le donne, perché non s’improvvisa un mestiere! Prendendola alla larga, chiede “Avete una sigaretta?“. Mima un avvenuto, languido bacio, tirando a se la nuca del malcapitato Giovanni: “Baciami a labbra di fuoco, donna!”. Provate a parlare come lui. Aldo, prosegue il racconto con fantasticherie, pezzi forti, e “cose indicibili”, troppo, per essere udite anche da un maggiordomo. Era dai tempi dei campeggi che non si sentiva di certe imboscate! E, a guardare bene, si vedrà scappare una risata, non prevista, anche allo stesso attore.
Stasera in tv con “Il ricco, il povero e il maggiordomo”, c’è Francesca Neri nel ruolo di Assia direttrice di Banca, Massimo Popolizio nei panni di un burbero prete da oratorio Padre Amerigo anche mister della multietnica e perdente squadra di calcetto di ragazzini. E poi loro, i due lombardi e il siculo. Aldo tira le scarpe contro la Maserati lucida, e la sua furia non mente: “Bastardi, sfruttatori, che vi venisse una sciatica con l’emorroidi..“. Quando, si prospettano tempi difficili per il povero, il ricco, e il maggiordomo. Una notte da poveri per tutti: tra sonnambuli e pene d’amore! Stessa sorte che non risparmia neanche il mago degli affari Giacomo, che aveva acquistato una “brochure originale” di poesie di Ungaretti al prezzo speciale di 40mila euro. Una notte tra le russa della mamma, che sembra ‘un trattore scarburato‘, e la colla per rimettere a nuovo la statua di don Bosco, prima della buonanotte. Tra la colonna sonora azzeccata che rispolvera classici come “Se mi lasci non vale” di Julio Iglesias, e “Mondo difficile” di Tonino Carotone. Anche il brano in milanese rivisitato, per intenditori, “I vahha put hanga” di Walter Valdi.
Mii.. Milano
Girato in ben 65 location in giro per Milano e dintorni, mettendo a contrasto il lusso e le periferie: ci sono la Diamond Tower sede dell’ufficio di Giacomo, via Bronzetti dove si trova la casa della madre di Aldo e la sua bancarella, il comune di Imbersago in provincia di Lecco dov’è la villa di Giacomo. Il trio si avvale della collaborazione in regia di Morgan Bertacca. Regista che ha già collaborato con i comici in “Ammutta Muddica al cinema” e in “Fuga da Reuma Park“.
Un film per ridere, e una lezione di vita da Aldo: “Dare tutto non è poi così lontano dal vincere“. E allora, ci sarà anche la forza istintiva dell’amore tra le risate di Aldo, Giovanni e Giacomo. Che non si contano, perché saranno innumerevoli. E non contiamo neppure gli sforzi, impiegati in una battaglia. Qualunque essa sia. Perché si può andar fieri anche di una sconfitta. Non c’è copione che possa dettare una trama così profonda e bella. Tutto viene naturale, come la natura si sbizzarrisce con loro tre: con una smorfia, un tic, tra sopracciglia inarcate, strani allungamenti del collo. Al grido di “Mii..”, come un verso felino irreprensibile, a squarciare i silenzi. Alla maniera bizzarra e preziosa, di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Federica De Candia per Metropolitan magazine