La nube radioattiva sprigionata dagli incendi che hanno colpito la “zona di esclusione” a Chernobyl dal 7 al 14 aprile è arrivato in Europa, e anche in Italia.

Ma costituisce davvero un pericolo? Nonostante il tasso di radioattività sia superiore alla media, l’IRSN, centro di ricerca francese, dichiara di no.

Lo studio dell’IRSN

Secondo la stima dell’IRSN, ottenuta modellando la radioattività rimossa da incendi, sarebbe dell’ordine di 200 GBq 5 rilasciati tra il 3 aprile 2020 alle 12:00 e il 13 aprile 2020 alle 12:00.

Scrive inoltre che le simulazioni effettuate mostrano un buon accordo tra le misurazioni fornite dagli ucraini e il risultati di modellazione. I risultati indicano infatti che “le masse d’aria provenienti dall’area degli incendi verificatisi il 5 e 6 aprile sono stati in grado di raggiungere la Francia la sera del 7 aprile 2020“.

Il 14 aprile, le masse aree coprivano metà del territorio: ma i livelli di radioattività previsti in Francia sono estremamente bassi, inferiore a 1 µBq/m3 in cesio 137. Le emissioni più significative sono state rilevate tra il 9 aprile e l’11 aprile.

Infatti le condizioni metereologiche prevalenti fino al 14 aprile hanno favorito il trasporto di masse d’aria dall’area di questi scarichi in Bielorussia, Ucraina meridionale, Romania orientale e Bulgaria.

Le masse d’aria “hanno raggiunto con concentrazioni più basse i Balcani e l’Italia, ma non la Francia.” 

I livelli di contaminazione dell’aria in Ucraina e Chernobyl

La contaminazione dell’aria è molto più elevata a Chernobyl. Ciò è dovuto alla vicinanza dei dispositivi di misurazione all’area colpita dagli incendi.

Infatti i livelli raggiungno i 1000 uBq a Kopachi l’11 aprile, i 2.600 a Chernobil/Kirov lo stesso giorno, 42.000 nelle Penisola di Krohodsky il 12 aprile, fino ai 180.000 nei pressi della centrale. Tra le cause vi sono anche le elevate radiazioni di fondo della zona.

A Kiev, invece, le attività di maggior volume di cesio 137 nell’aria sono state registrate per il periodo dal 9 all’11 aprile 2020 con una misurazione a 470 micro becquerel/metro cubo dal 9 al 10 aprile. Dal 10 all’11 aprile misurano invece 700 µBq/m3 (dal 10 all’11 aprile).

Il Centro scientifico e Tecnica statale per la sicurezza nucleare e radiologica ucraina ha segnalato un valore di 1.200 µBq/m3 nella notte dal 4 al 5 aprile 2020, senza però essere confermato.

Valori significativamente più elevati rispetto a quelli normalmente misurati in cesio 137 nell’aria a Kiev 4, e che attestano il passaggio di masse d’aria contrassegnate dalla radioattività. Rimangono però moderati e privi di conseguenze per la salute.

Sempre secondo l’IRSN, “per un residente di Kiev esposto per alcuni giorni a livelli di radioattività comparabili a quelli misurati dalle organizzazioni ucraine in città la dose ricevuta da un adulto per inalazione è meno di 1 nano sievert. Un valore estremamente basso“.

La contaminazione degli alimenti

L’IRSN ha infine valutato l’esposizione dovuta all’ingestione di alimenti contaminati dal deposito di ceneri radioattive trasportate dal pennacchio di fumo vicino alle zone colpite dall’incendio.

Ipotizzando, nel caso peggiore, il consume di 500 grammi di verdure a foglia al giorno, per due mesi, l’esposizione rimane bassa: dopo 30 mesi di consumo raggiungerebbe 30 µSv per stronzio 90 e 15 µSv per cesio 137.

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