Inizia qui una nuova rubrica, dedicata al tema del “Viaggio” e del “Movimento“, tanto reale quanto metaforico, nel contesto della canzone italiana. L’arco di tempo sarà piuttosto ampio, diciamo dagli anni Cinquanta ad oggi. Il tono resterà sempre fruibile, divulgativo, più narrativo/aneddotico che non prettamente musicologico oppure ostico ai non addetti ai lavori.
La prima puntata è dedicata a “Traslocando” di Ivano Fossati.
https://www.youtube.com/watch?v=dRYoVNp3h8o
Una di quelle stupide, dolenti domeniche d’autunno: la pioggia, fuori dalla finestra della camera da letto, batte leggera e tu avresti soltanto voglia di sparire tra le pieghe del materasso fino al mattino successivo. Hai poco più di trent’anni ma c’è già la storia, la tua vita che bussa forte alla porta per ricacciarti indietro.
Un limbo di ricordi, stato d’animo “di frontiera”: il suo lato del letto come un piatto mare d’inverno, gli scaffali senza più nulla che racconti di lei. E scatoloni ovunque, tutto intorno. Presente e futuro? Assenti ingiustificati. Il passato prossimo ti fa un cenno, se ne va via per sempre. E ha scelto proprio oggi.
Il campanello suona: sono loro. Il camion è già sul vialetto. E così, mentre tutto travolge e tu lo sapevi, una macchina da presa entra in scena. Lo fa di sguincio, silenziosa, come in un film francese. E apre lo sguardo su questo ingresso, su questo stabile signorile, borghese, che poi è dove abiti tu.
Lunga scalinata, dal basso verso l’alto e Lucy, seduta in un angolo, che si guarda allo specchio. Lei, quella strana amica che avrebbe dovuto dare una mano e invece se ne sta lì, fredda, a registrare passivamente gli eventi, a spiare con la coda dell’occhio le braccia muscolose dei traslocatori.
Non c’è più nulla da fare, puoi solo guardarli mentre vanno e vengono: la squadra speciale per la “rimozione forzata dei ricordi” ha il passo pesante, suda, strepita, non ha pietà. Ancora meno ne hanno le immagini che iniziano a zampillarti dalla memoria: a pensarci bene, lei è solo l’ultima tra quelle che abbandonano. Ti sembra quasi di vederle: una per una, sfilano eleganti fuori dal tuo appartamento e giù per le scale: tacchi alti o scarpe sportive, frangetta o code di cavallo, occhiali scuri o foulard multicolori. Ognuna ti ha dato qualcosa, ognuna tiene sotto braccio una vostra foto. Poi tutte girano la chiave, in un movimento corale, accendono il motore e se ne vanno via. Titoli di coda. Dissolvenza.
Il regista di uno dei più celebri traslochi tradotti in musica è Ivano Fossati, cantautore tra i più stimati della scena nazionale contemporanea. Anche lui, alter-ego del suo protagonista, ha iniziato (o si appresta) a vivere un cambio di rotta nell’ambito della sua carriera: dieci anni di successi in ascesa, abbandona la Rca, che pure lo aveva accolto insieme a tanti altri illustri colleghi, ed esordisce con la major americana CBS.
Inquieto indomabile, lascia l’Italia per incidere a Londra, in compagnia di session-men di chiara fama: tra quegli inglesi c’è chi ha suonato con Van Morrison, ma anche chi sta trasformando la scena inglese imprimendo nuove segni e nuove strade (pensiamo soprattutto all’elegante synth-pop degli ABC).
Non ultima, ad andarsene sarà proprio una certa idea di rock anglo-americano, abbandonato in favore di soluzioni sonore-interpretative sempre più ispirate al Mediterraneo, alla canzone d’autore italiana “rivisitata/riscoperta” in chiave prima elettronica e poi sempre più etno-acustica.
Amica fragile – ma al tempo stesso così avvolgente – tra il “Prima” e il “Dopo” di Ivano Fossati se ne sta questa “Traslocando”, la sezione ritmica col suo incedere pigro e caracollante, la chitarra ritmica di vaga ispirazione reggae. Due strofe e due bridge preparatori, ma nessun ritornello identificabile, da fischiettare già al primo ascolto. Come dire: l’atmosfera qui è l’elemento fondamentale, le impressioni, le sfumature oltre naturalmente al testo, istantanea del momento.
E così le tastiere per due volte lasciano spazio ai graffi del flicorno di Guy Barker, che in qualche modo riesce a trasmettere il senso di quell’attesa, di quel lasciar andare molto meglio di tante altre rime baciate. L’andatura e l’arrangiamento, laddove altri avrebbero scelto tinte più meste, malinconiche per dipingere il quadro (pensiamo al Venditti che di lì a un anno ululerà alla luna in “Ci vorrebbe un amico”) sono invece guizzanti, sinuose, vagamente sexy così come è attraente in fin dei conti, al netto del turbamento, il futuro che per Fossati se ne sta dietro l’angolo di quella scalinata.
P.S: qualcuno aveva già attraversato (e cantato) quel trasloco prima di Fossati: è Loredana Berté, cui il pezzo era stato originariamente affidato dall’autore, grande successo nazionale con un album che indossa proprio quel titolo del destino. A dire il vero, molti conoscono il brano grazie alla sua interpretazione, graffiante come sempre, illuminata ancor di più da una possente sezione fiati.
Ariel Bertoldo
Altre informazioni :
Album: “Le Città di Frontiera”
Anno di pubblicazione: 1983
Genere: pop-rock
Durata: 4:30
Etichetta discografica: CBS
Produzione Artistica: Ivano Fossati
Registrazione: Town House Studios, Londra