Il premier Gentiloni è da oggi in India per riaprire ufficialmente i rapporti con il Paese dopo la vicenda Marò. Un nuovo inizio dopo le tensioni legate al caso-odissea di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Una vicenda che si è trascinata per oltre quattro anni e ha portato sull’orlo di una crisi diplomatica tra Roma e New Delhi. E che, in realtà, non si è ancora conclusa. Ma sarà solo questo il motivo del viaggio, che riporta un premier italiano in India dopo ben 10 anni? O in ballo c’è di più?
I due premier italiano e indiano, Gentiloni e Modi credits: rainews.itIl Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, è arrivato oggi al Rashtrapati Bhavan, il palazzo presidenziale indiano, dove è stato accolto dal premier indiano Narendra Modi. La stampa di Dehli ha interpretato questo incontro e questa tappa in india del premier italiano come un “reset”. Ovvero un nuovo inizio, dopo le lunghe tensioni e il congelamento delle relazioni bilaterali dovuto al caso giudiziario dei due marò. E le parole di Gentiloni lo hanno confermato. “È una grande opportunità per rilanciare il rapporto di amicizia tra Italia e India. L’anno prossimo ricorre il settantesimo anniversario dei rapporti diplomatici tra i due paesi”, ha detto il politico italiano al termine della cerimonia di benvenuto.
In realtà, appare chiare come non si voglia “rimettere in moto” i rapporti tra i due Paesi solo per tornare amici, ma soprattutto per fini più urgenti, come quelli commerciali e quelli economici. E per fare fronte comune contro il terrorismo. Oltre a richieste di altro genere, come quella del presidente della Repubblica Ram Nath Kovind di riconoscere in Italia la congregazione induista come religione.
Richieste che poco hanno a che fare con i due fucilieri italiani. Anche perché il caso Marò, di cui tanto di è discusso e che ha compromesso i rapporti tra le due nazioni per anni, non è ancora concluso. Si è in attesa della sentenza del tribunale arbitrale, che arriverà entro il 2018. E che potrebbe finalmente mettere un punto alla lunga vicenda. Ripercorriamola.
Casò Marò: le tappe
Sono passati cinque anni e otto mesi dalla morte dei due pescatori indiani, l’uccisione, avvenuta su una barca al largo delle coste del Kerala che fece scoppiare il caso Marò. Era il 15 febbraio 2012. Della morte dei due uomini vengono accusati i due marò, in servizio anti-pirateria sulla petroliera Enrica Lexie. Si tratta di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, fermati il 19 dello stesso mese.
Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, i due Marò al centro della vicenda e delle tensioni con l’India credits: livemint.comNe nasce uno scontro tra Italia e India sulla giurisdizione del caso. Passa quasi un anno: il 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabilisce che il caso va affidato a un tribunale speciale da costituire a New Delhi. Undici mesi di carcere per i due militari italiani, che nel marzo 2013 tornano per una breve licenza in Italia. Il governo italiano prima annuncia che rimarranno in patria, poi, dopo le fortissime pressioni di New Delhi arriva il dietrofront. In cambio, l’Italia ottiene la garanzia che è esclusa la pena di morte.
Dopo due anni di tensioni e una vana ricerca di una soluzione condivisa tra i due paesi, dopo richieste di permessi e rinvii per motivi di salute, per i due fucilieri arriva uno spiraglio nell’agosto 2015. L’arbitrato, su richiesta dell’Italia, passa a un organismo internazionale. E il Tribunale internazionale del Mare ordina a Italia e India di sospendere qualsiasi procedura e astenersi dall’avviarne altre. La decisione passa al Tribunale arbitrale dell’Aja a cui appartiene la sentenza nel merito e da cui si attende il giudizio entro il 2018.
Nel frattempo, ancora grazie all’Aja, i due marò sono in Italia. Almeno fino alla fine del processo.
Federica Macchia