Indie Rock: il meglio in ambito internazionale (gennaio/marzo) Parte II

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Di Redazione Metropolitan

Ecco a voi la seconda parte della nostra selezione tra gli album più meritevoli del primo trimestre 2018: aiuterà l’ascoltatore interessato a fare la scelta giusta oppure lo streaming a colpo sicuro. A domani per l’ultimo capitolo!

 

U.S Girls, “In a Poem Unlimited
La cantautrice Meg Remy – americana, ma di stanza in Canada – trova con il suo progetto U.S Girls un differente approccio e una nuova collaborazione (con la band disco funk/jazz fusion dei Cosmic Range e una dozzina di altri ospiti) capace di un sound sfavillante e ‘diversamente pop’ già pronto per brillare su palchi tipo Glastonbury o Coachella. L’album affronta temi come quello della violenza in differenti ambiti
(di genere; socio-politico; ambientale) e lo declina attraverso arrangiamenti che turbinano e scintillano, strumenti musicali che non si limitano a dare colore, ma che ottengono la forza espressiva del cantato.

Canzone: “Velvet 4 Sale” 

Hot Snakes, “Jericho Sirens”
Si tratta del primo album della punk band in ben 14 anni e il suo impatto è quello di un toro imbizzarrito. Fin dai primissimi minuti risulta evidente che il gruppo è tornato più in forma di prima. Impatto che non solo riguarda l’energia incendiaria degli arrangiamenti, ma anche il peso specifico di ogni singola melodia, combinazione che di fatto fa di “Jericho Sirens” il loro miglior album finora realizzato. Già i lavori precedenti avevano messo in risalto chitarre taglienti e canzoni, ma qui si alza ancor di più l’asticella della qualità. Energia, passione: non manca nulla per l’affermazione che la band merita.

Canzone: “Six Wave Hold Down

Rhye, “Blood”
Il capitolo discografico precedente era stato un successo commerciale tutto sommato modesto. Eppure non mancava la sostanza: ballate diafane intessute di un pop elegante e sofisticato, cucite su misura per giovani romantici alla moda. E allora Mike Milosh, producer/cantautore/multi-strumentista di Toronto ci riprova. Registrato con alcune vecchie conoscenze e con una batteria suonata dal vivo e non campionata, l’album suona più organico e personale rispetto al debutto. L’intimismo è il medesimo: ritmi evanescenti a lenta pulsazione, sbuffi di tastiere, archi e fiati. La voce di Milosh è impalpabile come un sospiro.

Canzone: “Song For You” 

David Byrne, “American Utopia”
E’ tutto uno scherzo oppure siamo seri? David Byrne – che torna a cantare/riflettere dopo anni dall’ultimo album – lascia sospesa la questione, e lo fa in un momento storico in cui l’America si trova ad affrontare la sfida della Presidenza Trump, una delle più controverse di sempre. Ciò che l’artista immagina è una versione parallela e alternativa degli Stati Uniti e dei suoi abitanti. A questa visione è affiancata una tavolozza sonora davvero singolare e suggestiva: minacciosa ma anche seducente, colorata e spigolosa, grondante di quell’ibrido inclassificabile di stili e generi che solo da lui può esser gestito.

Canzone: “Everybody’s Coming To My House

Yo La Tengo, “There’s a Riot Goin’on”
Una rivoluzione sonora o magari una citazione dal vecchio capolavoro funk di Sly & The Family Stone? Nessuna delle due. Malgrado il titolo altisonante del nuovo disco, infatti, la band di Ira Kaplan continua brillantemente a battere (e con grande stile) strade familiari. Si tratta di un lavoro tra i più morbidi, introspettivi mai incisi finora, frutto di un orientamento sonoro che ha voluto mettere in primo piano strumentali d’atmosfera, con loop e rumori di sottofondo tra coltri chitarristiche squillanti e ritmica calda/implacabile. Poche parti vocali, molte tastiere e percussioni. 63 minuti di splendido mestiere.

Canzone: “For You Too

Laurie Anderson & Kronos Quartet, “Landfall”
Accessibilità e materiale orecchiabile/memorabile oppure gemme ostiche per pochi intimi illuminati? Sovente, quando il lavoro di Laurie Anderson incontra il plauso dei critici, siamo di fronte al primo caso.
A uno sguardo più attento, in realtà, la sua musica è sempre stata accessibile: certo, senza mai aderire a triti cliché o soluzioni armoniche standard, zittite in favore di risorse innovative e suoni originali. Quest’ultimo album non fa eccezione: musica calda, umana, divertente e di certo non ‘solo per pochi’.
Ispirazione madre: l’uragano Sandy e ciò che è stato perso nel diluvio. Con la complicità del lavoro d’archi del Kronos Quartet. Ne scaturisce un epico, fluido mix di strumentazione acustica e flash elettronici.

Canzone: “The Water Rises/Our Street Is a Black River” 

Jonny Greenwood,  “Il Filo Nascosto: colonna sonora originale”
“Il Filo Nascosto” di Paul Thomas Anderson: un film prezioso, sontuoso, dettagliato. E in questo senso non si poteva trovare contraltare migliore della colonna sonora di Jonny Greenwood, fuoriclasse chitarrista dei Radiohead già più volte al servizio del regista americano in qualità di compositore.  Un lavoro certosino, lussureggiante il suo, colmo di criptiche tensioni e dissonanze forse non pienamente percepite dal pubblico in sala. Ispirazione rara tanto quanto i tessuti mostrati al cinema, testimonianza magnifica dell’estro esigente di Reynolds Woodcock, interpretato da un Daniel Day Lewis in stato di grazia.

Canzone: “House of Woodcock” 

Young Fathers, “Cocoa Sugar”
Gli YF sono una realtà tra le più interessanti, innovative in Gran Bretagna: rap con un anima soul per palati fini, sintonia perfetta e scorrevole tra ciò che si esprime e la maniera con la quale si sceglie di presentarlo in rima. Un disco molto politico e sperimentale, che tuttavia racchiude un tesoro pop al suo interno. Dichiarazione d’intenti che è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento storico: musica intelligente, appassionata, in grado di incidere sullo Spirito del Tempo in maniera molto più fattiva rispetto a quella (non) utilizzata da politici, comunicatori e mestieranti dello show business.

Canzone: “In My View” 

Di Ariel Bertoldo