Indie Rock: il meglio in ambito internazionale (gennaio/marzo) Parte I

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Di Redazione Metropolitan

Non sempre troviamo tempo o disponibilità per orientarci nel grande oceano delle uscite discografiche degli ultimi anni, specie in ambito “Indie Rock” dove l’offerta talvolta risulta ben superiore alla domanda oltre che di qualità altalenante. Ebbene, questo articolo suddiviso in tre tranche è una cernita ragionata, una selezione degli album più meritevoli del primo trimestre 2018, che aiuterà l’ascoltatore curioso a fare la scelta giusta, o anche solo uno streaming a colpo sicuro. A domani per la seconda parte!

 

Anna Burch, “Quit The Curse”
Album d’esordio per la cantautrice di Detroit. Produzione scintillante di genere indie rock: in bella evidenza chitarre elettriche, testi acuti e diretti, melodie e parti vocali elegantemente graffiati, a raccontare storie dolci amare di crescita e amicizia. Con quel tocco ‘alternative’ anni Novanta che piace senza risultare troppo derivativo o di maniera. L’autrice è già un’artista matura e le canzoni sono lì a testimoniarlo.

Canzone:  “Tea-soaked Letter”       

Car Seat Headrest, “Twin Fantasy”
Will Toledo, deus ex machina del progetto, ha avuto un’idea stravagante: registrare nuovamente le canzoni di un suo album datato 2011 (pubblicato via Bandcamp e inciso in solitaria, con pochi mezzi e resa decisamente ‘lo-fi’) in uno studio professionale, con una band al gran completo. Così è rinato “Twin Fantasy”:  questo fratello ‘evoluto’ possiede senza dubbio la passione, l’eccitazione dell’originale, lo stesso senso di vulnerabilità nascosto dietro strati di alternative rock. Un lavoro ‘a tema’ su una storia d’amore adolescenziale per un ‘remake’ certamente più raffinato pur mantenendo l’urgenza espressiva.

Canzone:  “Beach Life-In-Death”      

Alela Diane “Cusp”
A cinque anni dal dolente “About Farewell” (ispirato a una rottura sentimentale) arriva “Cusp”, di segno opposto. Tra le righe ci sono tutte le emozioni scaturite dalla nascita della sua seconda figlia.
Un album di folk acustico centrato dunque sulla maternità: le canzoni sono più solide che mai, ricche di melodie luminose, strutture chiare ed emozioni profonde. Il pianoforte la fa da padrone rispetto ai lavori precedenti: ci si allontana dal delicato supporto chitarristico degli ultimi due album e la morbidezza meditativa che ne deriva ben si adatta ai temi affrontati.

Canzone: “Emigré”     

Courtney Marie Andrews, “May Your Knidness Remain”
Attraverso una miscela suadente di country classico, folk-rock e pop cantautorale intimista, l’artista americana esplora temi quotidiani e universali al tempo stesso, prendendo ispirazione dal clima socio-politico degli States di Donald Trump.  E tra tempeste di neve in provincia e desolate stazioni di servizio in città, scorrono personaggi autentici e quasi neorealisti. La strumentazione principale è offerta dalla chitarra acustica, alternata a chitarre elettriche, organo e sezione ritmica.

Canzone: “May your Kindness Remain    

Anna Von Hausswolff, “Dead Magic”
Cantante, compositrice e organista svedese che già ha suscitato paragoni più che lusinghieri ai critici internazionali (Diamanda Galas; Kate Bush). Cinque brani dilatati, sontuosi e inquietanti, ammantati dal suono vaporoso, solenne di un organo a canne d’altri tempi e condotti da una voce capace di passione e ferocia a metà strada tra cantante blues straziata e strega della notte.Tutto intorno effetti eco, strati di violini e drones per un crescendo fragoroso. Di certo non un ascolto “easy”, che tuttavia saprà pienamente ripagare i coraggiosi che si avvicineranno a quest’opera quasi “lynchiana”.

Canzone: “The Mysterious Vanishing of Electra   

Marlon Williams, “Make Way For Love”
Secondo episodio solista per il cantautore neozelandese: si seguono i sentieri acustici folk, soul e pop retrò già impostati nel lavoro d’esordio, ma il set di brani qui si fa più snello, anche se non meno denso di forti emozioni. Scritte e arrangiate all’indomani della rottura sentimentale con la cantautrice Aldous Harding, queste undici tracce sono inondate da un atmosfera sonora scarna e notturna, da ‘club dei cuori spezzati’.
Williams ha affinato la sua dote canora: una vocalità che segue le orme dei grandi come Chris Isaak, Lee Hazlewood e Roy Orbison.

Canzone: “What’s Chasing You”   

Mount Eeerie, “Now Only”
Nel disco precedente, Phil Elverum – in arte Mount Eerie – era riuscito nell’immensamente doloroso compito di cantare il lutto legato alla sua compagna, la musicista canadese Genevieve Castrée.
Oggi, con altrettanto talento e disperata dolcezza, il Nostro tenta di individuare nuove possibili strade esistenziali e creative. Impresa tutt’altro che facile, da cui scaturisce un album sicuramente meno devastante, addirittura capace di una leggerezza del tutto assente in precedenza. Un suono e un cantato mai così evocativo e rarefatto, tra folk e rock, rinunce e nuova consapevolezza.

Canzone: “Now Only

Ezra Furman, “Transangelic Exodus”
Il quarto tassello discografico è per Furman la più eclettica, onirica, irrequieta e ‘cinematografica’ uscita in carriera. Questa la storia: in un prossimo futuro distopico, un protagonista è invaghito di un angelo. Ai due il Governo da la caccia – perché gli angeli sono considerati banditi – mentre il popolo si divide tra empatia e condanna. Il “Transangelico” del titolo si riferisce alla pratica grazie alla quale agli umani possono crescere ali previa operazione chirurgica. Una narrazione indie pop struggente: canzoni per un periodo storico dominato da paura/odio/paranoia, cui fa da contraltare la rabbia poetica dell’artista.

Canzone: “Love You So Bad”     

 

di Ariel Bertoldo