Indigeni dell’Amazzonia: abbandonati di fronte al Coronavirus

indigeni Amazzonia

Sono tre gli indigeni dell’Amazzonia morti a causa del Covid-19. La situazione, però, potrebbe peggiorare drasticamente a causa dell’isolamento geografico e della mancanza di servizi essenziali.

I primi morti tra gli indigeni dell’Amazzonia

Alvanei Xirixana, 15 anni, è stato il primo indigeno yanomami contagiato dal Coronavirus

Il 9 aprile è morto nello stato brasiliano di Roraima, in un ospedale di Boa Vista dove era stato ricoverato sei giorni prima.

Il ragazzo viveva nel villaggio Rehebe, lungo il fiume Uraricoer. 

Secondo i dottori Xirixana era fisicamente debilitato, perchè si era già ammalato più volte di malaria e soffriva di anemia.

“La sua morte ha fatto crescere la preoccupazione tra gli yanomami. Molti temono che si ripeta la tragedia provocata dall’invasione di cercatori d’oro tra gli anni sessanta e ottanta del novecento, quando il 15 per cento della popolazione morì a causa di malattie virali, in particolare del morbillo”.

Ha scritto la Folha de S. Paulo.

L’opinione delle Ong e la paura del contagio

Secondo l’OngIstituto socioambiental”, gli indigeni morti a causa del Covid-19 in Brasile sono tre.

Il numero, però, sembra destinato ad aumentare: sono, infatti, circa ventimila i cercatori d’oro illegali presenti nella Terra indigena yanomami al confine tra Brasile e Venezuela.

La paura del contagio, però, non si limita agli indigeni del Brasile. La situazione è particolarmente delicata in Ecuador e, le comunità indigene del bacino dell’Amazzonia, temono che la malattia si diffonda rapidamente nelle loro terre se non si prendono per tempo provvedimenti adeguati.

Le diverse problematiche

Sulla questione si sono espresse diverse organizzazioni nazionali e internazionali, in una lettera indirizzata al presidente dell’Ecuador Lenín Moreno:

“La situazione dei popoli indigeni è preoccupante sia per il loro isolamento geografico sia perché non hanno accesso a servizi essenziali come l’acqua potabile e l’assistenza sanitaria”.

Il problema della malattia si andrebbe ad aggiungere ad altri cronici, come la malnutrizione che costringe gli indigeni a muoversi da un territorio all’altro per procurarsi da mangiare.

Le miniere e la piena dei fiumi

Un altro grande problema è costituito dal fatto che le attività estrattive e minerarie vadano avanti nonostante la quarantena espone queste popolazioni a un rischio ulteriore di contagio.

Nella provincia di Pastaza, la situazione è aggravata dal fatto che l’inizio dell’emergenza sanitaria ha coinciso con la piena dei fiumi Bobonaza e Arajuno

Nella zona di Sarayaku, dove vivono più di trenta comunità indigene kichwas, molte famiglie hanno perso la casa, le provviste e i raccolti

Gli aiuti forniti dalla protezione civile e dal governo della provincia, fondamentali per le centinaia di famiglie colpite dall’inondazione, espongono le comunità a contatti con l’esterno e quindi fanno aumentare la possibilità degli abitanti di ammalarsi.

La quarantena

Per spiegare alle popolazioni indigene le norme igieniche e sanitarie contro la diffusione del nuovo coronavirus, il ministero per i diritti umani dell’Ecuador ha realizzato una serie di infografiche in varie lingue indigene e le ha diffuse sui social network.

Provvedimenti simili sono stati presi anche in Perù, dove il ministero della cultura ha prodotto e distribuito informazioni sul Covid-19 in undici lingue originarie e cinque varietà di quechua

Molte comunità indigene, invece, hanno scelto di autoisolarsi e di difendersi da sole

Alcuni leader indigeni hanno chiuso l’accesso al loro territorio e hanno formato dei comitati di autodifesa.