A meno di 24 ore dal possibile “Referendum di indipendenza Catalano” non si placano le tensioni nella penisola spagnola. I 10mila agenti che presidiano la città, inviati dal Governo di Madrid, non spaventano gli indipendentisti. Il diritto “all’autodeterminazione”, rivendicato da questi ultimi, non lascia spazio a contrattazione alcuna. Barricate, muro contro muro, accampamenti e occupazioni di seggi: così i Catalani dichiarano “guerra” al premier Mariano Rajoy.
Mentre nella serata di ieri con quattro colpi di arma ad aria compressa rivolti al seggio di Osona si consumava il primo episodio di violenza, migliaia di “cittadini” Catalani hanno assistito al suggestivo e teatrale comizio del protagonista di questi giorni: Carles Puigdemont. Un discorso carico di passione che reca al suo interno frasi decisamente seducenti e motivazionali: “Cambieremo la Storia”; “abbiamo già vinto”. Lo stesso Puigdemont, in un’intervista rilasciata a News Mediaset, ribadisce la posizione definitiva della Catalogna sul braccio di ferro con Madrid. Ancora una volta il “governatore” Puigdemont tende la mano a Rajoy, prospettando una risoluzione politica e non “militare” della questione: “Riconosca che la questione non si risolve inviando migliaia di agenti di polizia, con i giudici, con la guerra sociale. La soluzione deve essere politica e, se vuole che sia politica, sono disposto a farlo già dalla notte del primo ottobre, qualunque sia il risultato del referendum. Ma torno ad insistere: parliamo, dialoghiamo”.
Da palazzo di Moncloa giungono le dure e risolute “rassicurazioni” del premier Rajoy: “non ci sarà alcun voto”. Sicuro di agire in nome del Paese e dalla giustizia nazionale, il leader dei Popolari schiera il suo “esercito disarmato” per le strade della Catalogna. A seguito della sentenza del Tribunale della Catalogna, infatti, gli agenti di polizia che presidiano i seggi non potranno utilizzare i manganelli. L’unico compito che potranno svolgere sarà quello di allontanare del luogo in cui si esprime il voto, tutti coloro volessero esprimerlo. I continui cortei, le sfilate di trattori giunti dalle campagne e le barricate utilizzate per erigere muri a difesa dai “luoghi di espressione democratica”, potrebbero portare gli agenti a disattendere in maniera preoccupante la sentenza dei giudici catalani.
Un altro affondo del leader indipendentista è rivolto alla comunità europea. Alla domanda su cosa si aspettasse dall’Europa, Puigdemont ha così risposto: L’Europa però deve intervenire su ciò che è di sua competenza, cioè il rispetto dei diritti civili che vengono calpestati qui in Catalogna con il divieto di riunirsi, di organizzare assemblee, con la chiusura di pagine internet e i controlli su chi naviga in Internet. Il silenzio dell’Unione Europea su tutto questo, compromette la sua autorità morale.” Pronta la risposta del presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani: “referendum inaccettabile”.
A divenire un tratto peculiare di questa faccenda, inoltre, è la “istituzionalizzazione” dello strumento cardine del XX secolo: internet. Secondo Julian Assange, fondatore di Wikileaks e autorevole voce in materia, quello a cui ha dato avvio la “questione” Catalana” è «la prima guerra mondiale del web». Il nuovo “partigiano” catalano, ha così motivato la sua asserzione: «popolo e autorità locali hanno utilizzato internet per organizzare il referendum e l’intelligence spagnola ha attaccato, oscurato i network di telecomunicazione, occupato i palazzi delle compagnie telefoniche, ha censurato siti e protocolli». Continua: «è il più significativo conflitto tra il popolo e lo Stato dalla caduta del Muro di Berlino a oggi, ma con i metodi del 2017, Vpn, proxy, chat criptate per sorvegliare e censurare il web».
Il successo di questa tanto epica quanto discutibile impresa, non solo cambierebbe la storia della Catalogna, ma darebbe vita a un precedente giuridico di estrema pericolosità. Seguendo questa via, molte “micro-identità” sparse nel mondo potrebbero avallare richieste simili generando innumerevoli focolai di tensione. Le prossime ore saranno fondamentali per comprendere fino a che punto le due parti in gioco siano pronte a spingersi oltre. Il destino della Spagna, insieme a quello di molti altri stati coinvolti in simili questioni, dipendono dal fallimento o dalla riuscita del referendum che si terrà nelle giornata di domani.
William De Carlo