Il canto XXII dell’Inferno si svolge nella quinta bolgia dell’ottavo cerchio ove sono puniti i barattieri; ossia coloro che hanno approfittato delle loro cariche pubbliche per arricchirsi attraverso la compravendita di provvedimenti, permessi e privilegi. Il canto è strettamente legato al precedente (canto XXI) del quale costituisce il secondo atto di quella che è definita al pari di una commedia. Anche qui i dannati sono immersi nella pece bollente dove a guardia, pronti a dilaniarli, stanno i Malebranche; diavoli descritti simili a uccelli alati dotati di uncini con i quali graffiano e squartano chi osa venire fuori dalla pozza bollente. L’episodio è caratterizzato da una innegabile vis comica che lo rende uno dei più famosi dell’Inferno e dove il tema dominate è quello dell’inganno. In questa occasione inoltre Dante da prova della duttilità della sua poesia e della lingua italiana della quale non a caso è ritenuto il padre. Questa infatti si dimostra adatta a trattare sia i temi “alti” che quelli più popolari.
Il cammino con i diavoli
A mano a mano che il drappello guidato dal diavolo Barbariccia si avvicina, Dante e Virgilio notano i barattieri che affiorano con l’arco della schiena alla superficie della palude bollente, simili ai delfini che nuotano nelle vicinanze delle navi, e quelli che, disseminati lungo le sue rive come rane sull’orlo di un fossato, si tuffano in essa con fulminea rapidità. Uno di essi tuttavia non fa in tempo a nascondersi. Il drappello è composto da dieci demoni di cui Dante riesce a ricordare perfettamente tutti i nomi. Mentre il poeta commenta ironicamente lo sconcio segnale emesso dal diavolo per esortare gli altri al cammino, si accorge che quello dei dannati che non ha fatto in tempo a tuffarsi è stato afferrato da Graffiacane. Questo con il suo uncino lo tiene su come una lontra: è Ciampolo di Navarra. Tutti intorno i demoni esortano Rubicante a scuoiare il dannato con gli artigli, ma sono fermati da Dante chiede a Virgilio se può sapere il nome del malcapitato.
Ciampolo di Navarra , l’inganno e la zuffa dei demoni
Alla richiesta di Virgilio su quale sia la sua identità, il dannato di chiamarsi Ciampolo e di essere originario del regno di Navarra; nato da uno scialacquone suicida e posto da sua madre al servizio di un signore. Ma la dannazione gliela riservò il suo ruolo alla corte di Tebaldo II, dove commise appunto la maggior parte delle sue baratterie. E a quel punto che Ciriatto lo azzanna e Barbariccia chiede di finirlo. Dante chiede allora se li ci siano li altri Italiani. ll barattiere, dopo avere narrato di sé e dei suoi compagni di pena, e vedendosi conteso dai due demoni, cerca una scappatoia. Promette così di farne venire molti dannati nel punto in cui si trova, purché i Malebranche si tengano un po’ in disparte. Su consiglio di Alichino la sua proposta viene accettata, ma non appena i diavoli si volgono verso uno degli argini della bolgia, Ciampolo spicca un salto e scompare sotto la pece. Alichino, dopo aver tentato vanamente di raggiungerlo, è afferrato da un altro dei Malebranche, Calcabrina, il quale, adirato per lo smacco subito, si azzuffa con lui. I due diavoli finiscono così per cadere nella pece bollente.
A quel punto mentre Barbariccia, addolorato, dà disposizioni al suoi sottoposti perché si adoperino a salvare i loro compagni, Dante e Virgilio si avviano per lasciare la quinta bolgia.
Cristina Di Maggio
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