Che cos’è la l’Ingordigia? Nella teologia cristiana è uno dei sette Vizi capitali e si ha quando l’essere umano eccede nel dedicarsi ai piaceri del cibo e delle bevande. L’ingordigia di cibi e bevande è condannata sia in quanto esempio di sfrenatezza e perdita del controllo di sé, sia come ingiustizia sociale in contrapposizione ai poveri che soffrono la fame e la povertà. ll rapporto con il cibo è un problema serio che investe degli aspetti legati all’esistenza.
La letteratura, il cinema, l’arte, ecc, nel corso della storia, hanno saputo rappresentare queste emozioni producendo opere di grande bellezza. La storia dell’arte, ad esempio, è piena di artisti le cui opere altro non sono che la loro personale e golosa visione della vita. Ecco come la gola viene rappresentata e addirittura suscitato negli occhi di chi guarda. Di seguito verranno elencati alcuni degli artisti più golosi della storia dell’arte.
Taddeo di Bartolo, Punizione della gola, 1362
Gli affreschi di Taddeo di Bartolo si concentrano sulle pareti della navata centrale del Duomo di San Gimignano, e raffigurano il Giudizio Universale, il Paradiso e L’inferno. In quest’ultimo la figura diabolica di Lucifero sovrasta i luoghi di punizione dei sette vizi capitali, suddivisi in tre registri. Nel secondo registro, quello intermedio si articolano i tre loca poenarum destinati ai peccati della carne: la gola, l’avarizia e la lussuria.
Memorabile è la scena della punizione del vizio della Gola. Vi sono sei ghiottoni, intorno ad un tavolo circolare imbandito di cibi e bevande. Il ventre gonfio e molle dei dannati è indice della loro ingorda mania di ingurgitare cibo, deturpando la propria anima e il proprio corpo. I peccatori sono sottoposti al Supplizio di Tantalo, ovvero desiderare moltissimo qualcosa, ma senza averla. Numerosi demoni sogghignanti, obbligano i golosi a guardare le pietanze e annusarne i profumi, bloccandoli e ghermendoli alle spalle.
Hieronymus Bosch, I sette peccati capitali, 1525
Attraverso una minuziosa simbologia, Bosch ci racconta i sette peccati capitali in un percorso sequenziale e concettuale, filosofico e teologico. L’opera appare come un grosso medaglione al cui c’entro vi è la pupilla di Dio. Le sette scene che dividono l’iride mostrano i peccati capitali, ciascuno con la propria indicazione in latino. Analizzando l’allegoria dell‘ Ingordigia, vi sono raffigurati due contadini mangiano e bevono smodatamente, ingozzandosi.
Uno si scola avidamente un fiasco di vino non facendo neppure uso del bicchiere, l’altro, seduto davanti ad una tavola imbandita, rosica voracemente un osso, mentre un panciuto fanciullo gli afferra il camiciotto all’altezza della pancia. Come se i due non fossero ancora sazi, una donna porta ancora una portata da mangiare. Questa allegoria è simbolo delle conseguenze terrene dell’abuso dei piaceri della tavola. Qui i codici prossemici evocano l’idea del disordine, non solo fisico, ma spirituale.
Annibale Carracci, Mangiafagioli, 1584
Al centro della scena di Carracci viene rappresentato il mangiatore di fagioli. E’ un contadino, non un aristocratico ne un borghese ma un semplice uomo del popolo. Sotto di lui vi è un tavolo imbandito su cui ci sono appoggiati tanti piatti diversi come cipolle, funghi, pane e una scodella piena di fagioli. Quest’opera, anche definita quadro di genere, riprende i costumi e le tradizioni del popolo. Anche l’ambientazione, ricorda una vecchia taverna buia e sporca.
La povertà dell’uomo non è data solamente dal vestiario popolano, con ampio cappello di paglia e un pesante gilet, ma anche dai cibi che mangia voracemente. L’immagine, infatti, coglie il protagonista nel momento in cui sta gustando il suo pasto a base di fagioli, alza il viso di scatto, e rimane a bocca aperta. Con la mano sinistra copre la pagnotta dalla quale sta mangiando, forse come gesto istintivo per difendere il pane. In questo caso l’ingordigia viene rappresentata in tutta la sua bellezza, quando un uomo povero torna dal lavoro e si gusta voracemente il suo pasto.
Fernando Botero, Picnic, 2001
Sono diverse le varianti dell’artista sul tema del Pic Nic, anche se questa fu quella più famosa. Si tratta di un en plein air, nel quale due figure, si rilassano in un prato verde, aspettando di mangiare. Come di consueto, in tutte le sue opere, Botero, ritrae i personaggi opulenti, grassocci e abbondanti. Essi sembrano già soddisfatti ancor prima di gustare il cibo, integro all’interno del cestino di vimini.
Due figure ammalianti, strette in una composta posa fotografica, sospese in una dimensione onirica, in un perfetto equilibrio tra forme, concetti e nostalgie, proietta lo spettatore in un eden primordiale, privo di malizia e di peccato. Anche se quest’opera ci riconduce al peccato di gola, così come tutti i personaggi di Botero, l’artista si distacca da questa visione riflettendo soltanto sull’idea di volumetria. Secondo lui infatti, le sue figure dalle forme abbondanti sono caratterizzate soltanto da un linguaggio che ne amplifica i volumi e la plasticità tridimensionale. Esclude quindi l’interpretazione del cibo e della gola, che noi tutti attribuiamo.
FullMetal Alchemist, Gluttony, 2009
Anche se non fa parte delle opere d’arte tradizionali, Gluttony riproduce fedelmente quella che è un’allegoria del peccato di gola. E’ un personaggio dei fumetti, poi diventato Manga nel programma televisivo Fullmetal Alchemist. L’ingordigia si personifica in un uomo grasso, calvo, contraddistinto da una bocca larga, smascellata, che inghiotte tutto ciò che la circonda.
Gluttony è generalmente mansueto, con il volto gioviale, ma capita che abbia scatti di rabbia in cui vuole mangiare tutto ciò che gli capita a tiro. In questo caso il suo aspetto si trasforma completamente, il petto si apre creando una sorta di stomaco, le costole formano delle zanne dalle quali appare un grosso occhio rosso. Le sue sono fauci cannibali, animalesche, possono essere un riferimento a Cerbero, il cane a tre teste che fa da guardia all’Inferno. Nella contemporaneità tale vizio è associato all’ingordigia compulsiva di cibo spazzatura, declinato nelle merendine da distributore.
Federica Minicozzi