Inside Out 2 – La recensione del film Pixar

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Di Alessandro Libianchi

In pieno stile Pixar, il microcosmo (e macro) di Inside Out si presta perfettamente allo sfornare sequel su sequel. E, un po’ alla Toy Story, l’unico limite è la crescita della protagonista. Ed è proprio il passo fondamentale che Inside Out 2 doveva compiere. Quella del secondo capitolo è una storia per certi versi più matura, con una Riley ormai tredicenne che deve affrontare, come devono fare le sue emozioni primordiali, l’entrata nella pubertà. E l’entrata nell’adolescenza avviene materialmente con una sirena, che avvisa noi, le emozioni e tutte le persone che ruotano intorno a Riley. Nessuno è pronto al suo arrivo, come non lo è Gioia, ormai a capo de centro di Comando che vede sparire tutte le sue convinzioni nel giro di boa di una nottata.

Quello che Inside Out compie è, da alcuni punti di vista, un’azzardo. Perché non è il sequel di un buon film, ma il seguito di un vero e proprio capolavoro Pixar. Uno di quelli che plasmano l’immaginario collettivo. Uno di quelli che porta lo spettatore in territori inesplorati, che mai penserebbe di vedere ma che, in fondo, ha sempre immaginato e su cui ha sempre fantasticato. Cosa succederebbe se i giocattoli prendessero vita? Cosa succederebbe se attaccassimo dei palloncini ad una casa? Come sarebbero le emozioni se fossero vive? E Inside Out 2 non sbaglia niente, perché prende la materia filmica del primo e la amplia, in uno spettro più maturo e leggermente più adulto. Ma non fa errori proprio perché, a conti fatti, non rischia niente.

Inside Out 2: pubertà

Inside Out 2: Gioia insieme ad Ansia, una delle nuove emozioni

Riley sta per finire le scuole medie. Sono passati diversi anni da quando l’abbiamo lasciata. La sua vita è andata avanti, ha fatto nuove amicizie, nuove esperienze e una “consapevolezza di sé” si è sviluppata attraverso ricordi ed emozioni. Consapevolezza che Gioia e tutto il team di emozioni conserva gelosamente. Riley ha anche iniziato a giocare ad Hockey insieme alle sue due migliori amiche Bree e Grace e, proprio lo sport, può essere l’occasione per avere una borsa di studio per il liceo attraverso un torneo estivo. Proprio prima di partire, però, irrompe la sirena della pubertà. Ed ecco allora che entrano in gioco le nuove emozioni: Ansia, che si sostituirà a gioia al comando, Invidia, Noia e Imbarazzo.

Come già detto, Inside Out 2 non si prende nessun rischio. Kelsey Mann, al suo debutto registico, prende in mano la creatura di Pete Docter (diventato ora direttore creativo della Pixar) e non la stravolge. Non sbaglia niente e ricalca quella mano lì, con quella stessa impostazione confezionando un film che sembra, a tutti gli effetti, la coda e l’ideale continuazione del primo. Ma è lì che a Inside Out 2 manca qualcosa. Perché le emozioni ci sono, i grandi momenti anche ma manca forse l’elemento più importante in un film Pixar: la sorpresa. La pellicola fa tutto a dovere ma lo fa senza sorprendere, senza il grande piglio che aveva caratterizzato anche il primo capitolo. Perché nonostante uno Spannung incredibile che mostra un’attacco di panico in modo sconvolgente, Inside Out 2 cresce e, in fondo, matura solo quel poco che basta, senza saltare la staccionata del buon compito.

Crescere

Era proprio questo il momento di osare, di mettersi in gioco, di provare ad affrontare tanti argomenti che caratterizzano l’entrata in pubertà. Pulsioni sessuali, amore, ciclo mestruale (già affrontato in Red con un’idea intelligente ma sviluppata maluccio) erano tutti rischi che potevano esser presi. Ed è giusto anche parlare di ansia e della necessità di saper giostrare le proprie emozioni, tutte necessarie allo sviluppo del nostro io. Bisogna saperle affrontare quando arrivano e non farsi sopraffare. Bisogna capire quando fermarsi e quando combatterle, diventando una nuova versione di sé, più grande, più matura. Ma lo scarto poteva essere davvero tanto più grande, senza avere la paura di affrontare anche argomenti più spinosi. La maturazione e la crescita sono elementi che anche Toy Story aveva affrontato dall’esterno. Ora, dall’interno, era il momento di affondare il colpo di rottura vero. Perché per quanto bella e imponente la tecnica sia – e qui è, fidatevi, incredibile e con qualche elemento di rottura molto particolare – ciò che rende grande l’animazione è anche come la si scrive.

Alessandro Libianchi

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