Patrick Bona esulta

La fedeltà non è una cosa da tutti. Questa significa amore impassibile verso qualcosa o qualcuno, amore che sfocia nel totale dono di sé verso l’oggetto amato. Ne sa qualcosa Patrick Bona, che ormai sembra essere inscindibile dal suo team di hockey su ghiaccio, Il Val Pusteria. Ala destra classe ’81, Patrick veste la maglia dei lupi pusteresi ormai da 15 anni onorandola nei palazzetti del ghiaccio di tutta Italia e non solo. Parlando di numeri le sue statistiche sono strabilianti. Oltre alle convocazioni in nazionale, Bona conta infatti più di 630 presenze con la formazione altoatesina, il che evidenzia il suo grande attaccamento e la dedizione verso il team giallonero. Ma questo e molto altro ce lo racconta proprio Bona, che Metropolitan Magazine ha avuto il piacere di intervistare in esclusiva.

Salve Patrick, come ormai si sa è praticamente impossibile non pensare al Val Pusteria quando si vede il tuo nome. Cosa ti lega così tanto ai lupi pusteresi?

Questo per me è il quindicesimo anno con il Val Pusteria. Certo nel tempo ho avuto alti e bassi con la società, ma ora sono sicuro di poter dire che questa è la mia seconda casa ormai.

La nuova edizione di Alps Hockey League è ormai alle porte, infatti il 9 settembre prenderà luogo il match di apertura. Quali sono le tue aspettative per quest’anno riferendoti anche alla squadra? Avete voglia di vincere?

Direi che ci sentiamo pronti e abbiamo assolutamente voglia di vincere! Il nostro obiettivo è quello di arrivare il più lontano possibile in questa competizione, ma va considerato che quest’anno vi è stato un salto qualitativo notevole nei vari team, che renderà il tutto molto più difficile. Bisogna ad esempio tenere d’occhio il Renon, l’Asiago e il Lustenau, che hanno fatto davvero un’ottima campagna acquisti.

L’anno scorso la scelta della formula della Alps Hockey League ha stravolto l’hockey italiano di massima serie. Secondo te è un qualcosa che può fare del bene al movimento hockeystico nostrano? Perché?

Secondo me è assolutamente un’ottima cosa per l’ hockey italiano. Il perché? Innanzitutto vanno considerati i tifosi. La Alps Hockey League prevede più partite rispetto alla competizione precedente, questo vuoldire più partite da seguire per i supporters. In secondo luogo vi sono tante squadre nuove e non solo italiane, il che potrebbe dare una ventata di novità all’hockey nostrano. Va infine considerato il fattore giovani. Il numero massimo degli stranieri per squadra con la Alps Hockey League si è abbassato a 4. Questo potrebbe dare man forte al settore giovanile italiano che avrà così più possibilità di mettersi in mostra in campo.

In Italia purtroppo si sa, l’hockey non è uno sport molto seguito nonostante vi sia una piccola crescita negli ultimi anni. Secondo te cosa si potrebbe fare per migliorare questa situazione? Cosa potrebbe avvicinare i giovani a questo fantastico sport?

Ma da quello che vedo non è per forza così. Qui nel nord Italia vedo tanti ragazzi praticare questo sport. Certo un problema c’è ed è quello delle strutture. Le persone che vogliono giocare infatti ci sono, ma sono pochi i palazzetti del ghiaccio nella penisola. In ogni caso se si considera l’hockey inline e non quello su ghiaccio devo dire che è praticato molto in tutta Italia, il che è un bene.

Tornando indietro nel tempo, tu hai esordito nella stagione 97/98 con la maglia del Brunico. Puoi descriverci la sensazione che si prova quando si scende per la prima volta in campo con una squadra senior di alto livello?

Devo essere sincero, ormai dal mio esordio sono passati ben 20 anni e devo ammettere che non ricordo moltissimo di quel giorno. In ogni caso mi ritorna comunque in mente il fatto che ero arrivato al palazzetto ben 5 ore prima del match per prepararmi anche psicologicamente. L’adrenalina era tanta.

Il tuo palma res conta ben 2 Supercoppe Italiane e una Coppa Italia tutte vinte con il Val Pusteria. Come ci si sente quando si vince un trofeo con la propria squadra del cuore?

Questo è un tema molto caldo e sentito qui in Val Pusteria. Posso giusto dirti che abbiamo perso due finali negli ultimi anni e che il rammarico è tanto purtroppo.

Cosa ha significato per te giocare in nazionale?

Diciamo che giocare in nazionale deve significare il traguardo di ogni giocatore. Per me è stato così.

Per finire, qual è il consiglio che dai a tutti i giovani hockeysti italiani, riferendoti anche alla tua brillante carriera?

Le regole per avere una buona carriera per me sono 3 e sono semplicissime, basta rispettarle. Innanzitutto è essenziale lavorare sodo ogni giorno per raggiungere i propri obiettivi. Poi fare tanti sacrifici e, soprattutto, divertirsi, perché spesso il divertimento viene sottovalutato, ma non scordiamoci che è uno sport.

 

 

*Tutte le foto sono dell’archivio stampa del Val Pusteria HC

 

Di Andrea Candelaresi