Le terribili torture che Uday Hussein, figlio di Saddam Hussein, inflisse ai giocatori di calcio della Nazionale irachena a partire dagli anni ’80.
I criminali della storia. Ce ne sono stati tanti. Ieri, oggi, e ce ne saranno tanti anche domani. Eppure in questa società straboccante di ignoranza i nomi che ricorrono alla memoria sono sempre i soliti due o tre, mentre tutti gli altri, il più delle volte, vengono tranquillamente passati in cavalleria. Pochi, infatti, si ricordano le orribili nefandezze di cui si macchiò Uday Saddam Hussein, figlio ed erede al potere dell’ex Rais dell’Iraq Saddam Hussein, a danno della Nazionale irachena, a partire dai Mondiali di Messico ‘86.
Tutto a partire da quel Mondiale del 1986…
Si sa, l’Iraq nel calcio non è mai stata di certo paragonabile al Brasile, all’Italia o alla Germania a livello di competitività, ma in quel lontano 1986 riuscì comunque, per la prima volta in assoluto, a qualificarsi ai Mondiali in Messico, dopo aver eliminato Giordania, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Siria. Un trionfo. Ma il loro cammino, insieme alla loro gioia iniziale, durò ben poco. I ‘Leoni di Babilonia’ uscirono infatti già al primo turno, avendo collezionato tre sconfitte su tre, contro Paraguay, Belgio e Messico. Una vera e propria disfatta, ma il divario tecnico con le rivali era decisamente troppo marcato. Così, al ritorno a Baghdad, Uday Hussein processò l’intera squadra in diretta TV, con una serie di ingiurie e minacce. Soltanto un piccolo assaggio della perversa follia che inesorabile si sarebbe sviluppata da lì a poco nel corso di quei terribili anni.
Le torture subite dai giocatori
La vita dei poveri giocatori iracheni, col passare del tempo, diventò sempre più uno spaventoso incubo, dal quale era impossibile svegliarsi: intimiditi, derubati dei loro guadagni e torturati nei modi più sadici immaginabili in caso di sconfitta, ma anche per una prestazione o una vittoria non particolarmente convincente. Rinchiusi nel carcere di Al-Radwaniayh, erano costretti a subire supplizi atroci, fisici e mentali. Da quelli più “sopportabili”, come dormire nei letamai insieme alle bestie, o la rasatura dei capelli e delle sopracciglia (un’umiliazione tremenda nella cultura irachena), a quelli più disumani, come le frustate al corpo e alle piante dei piedi con dei cavi elettrici, oppure l’obbligo ad allenarsi con un pallone di piombo o di cemento. E queste barbare punizioni colpivano tutti, indistintamente: allenatori, dirigenti e tantissimi atleti di altri sport.
Le torture subite dal giornalista Tariq Abdul Wahab
Una sorte molto simile, se non addirittura peggiore, toccò anche al giornalista sportivo Tariq Abdul Wahab, che fu intercettato dai servizi segreti iracheni mentre si lamentava dei crudeli metodi utilizzati da Uday, durante una telefonata ad un amico. A causa di questo sventurato gesto venne sequestrato e imprigionato per un mese, prima di essere rilasciato. Inoltre, il braccio destro gli fu spezzato in quattro punti diversi con un martello, mentre l’orecchio destro gli fu trafitto con uno spiedino, come “giusto castigo” per ciò che aveva osato commettere. Era il 2000, appena diciannove anni fa.
Oggi, fortunatamente, il regime dittatoriale degli Hussein non esiste più. Uday Saddam Hussein è stato ucciso nel 2003, grazie ad un blitz delle truppe americane nel suo rifugio di Mosul. Ma difficilmente le cicatrici che in quel periodo incise nella carne e nella psiche dell’intero popolo iracheno scompariranno. Una pagina di efferata scelleratezza che forse troppo presto e con troppa leggerezza abbiamo deciso di voltare nel grande libro dell’umanità.
Tartaglione Marco