Isis: armi chimiche sui prigionieri. ‘Un salto indietro verso il nazismo’

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Di Redazione Metropolitan

Università di Mosul, Iraq. Qui, in un passato non troppo lontano, migliaia di studenti si recavano ogni mattina per rivendicare quel diritto allo studio che per il resto del mondo, specialmente occidentale, è una realtà assodata, normale, scontata.

Parlo al passato perché nel settembre 2016 l’ateneo è stato preso d’assalto dai jihadisti del Califfo Al Baghdadi e trasformato in un vero e proprio ‘quartiere generale’.

Riconquistato lo scorso gennaio dopo una lunga operazione condotta dall’Intelligence irachena, una volta entrati i militari scoprono tracce di agenti chimici come l’iprite e trovano i laboratori dell’edificio convertiti in siti dove venivano sviluppate armi chimiche. Ma nessuno avrebbe potuto pensare che quel luogo, tempio sconsacrato di cultura, fosse stato teatro dell’ennesimo capitolo del libro degli orrori firmato Isis: armi chimiche sperimentate sui prigionieri.

Queste ultime rivelazioni, diffuse dal The Times, arrivano dagli apparati di sicurezza americani e britannici, i quali avrebbero ritrovato e visionato importanti documenti che testimonierebbero particolari agghiaccianti: i jihadisti avrebbero avvelenato per giorni i pasti dei prigionieri con composti di pesticidi, tallio, nicotina e altre sostanze altamente nocive.

Due i casi documentati e citati dal quotidiano britannico: tallio fatto ingerire a un prigioniero morto dopo 10 giorni di agonia e nicotina iniettata a un altro, deceduto in un paio d’ore.

Uomini trattati come Human quinea pigs’, cavie umane, ennesima prova della considerazione e del rispetto che i jihadisti nutrono verso il valore della vita umana.

Sempre nei documenti, i terroristi parlano di “arma letale ideale” e sostengono di essere in possesso “di diverse soluzioni” per raggiungere i propri scopi. Uno scenario che uno scienziato interpellato dal Times non ha esitato a definire “un salto indietro verso il nazismo“.

 Ma quali sarebbero questi scopi? Intelligence americana e europea sono concordi nell’ipotizzare la volontà di un grande attacco chimico contro il mondo occidentale attraverso la contaminazione di cibi e bevande di Europa e Stati Uniti. Anche se questo scenario al momento ci appare tremendo ma poco realistico, è da ricordare la notizia diffusa da CNN qualche giorno fa, per cui lo Stato Islamico avrebbe riunito nella “capitale” siriana Raqqa i suoi principali esperti chimici provenienti da tutto il Medio Oriente, creando una cellula specifica i cui obiettivi non sembrano né difficilmente intuibili né, ahimè, irrealizzabili: armi chimiche infatti sarebbero già state utilizzate dall’Isis durante scontri in Siria e in Iraq.