Il ministro di Israele Ben Gvir ha oltrepassato ogni limite: vuole disintegrare Gerusalemme e mettere sinagoge sulle moschee.

La recente proposta del ministro della sicurezza nazionale israeliana, Itamar Ben Gvir, di costruire una sinagoga sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme ha suscitato indignazione e preoccupazione in tutto il mondo. Questo atto, che minaccia di scardinare lo status quo in uno dei luoghi più sacri per l’Islam, rappresenta un ulteriore passo verso la distruzione non solo delle vite palestinesi, ma anche delle loro credenze e della loro identità culturale, avvicinandosi pericolosamente al concetto di genocidio.

Il genocidio delle persone e delle idee

Le azioni di Itamar Ben Gvir non si limitano alla violenza fisica contro i palestinesi, ma mirano a estirpare completamente la loro cultura e religione. La sua proposta di costruire una sinagoga sulla Spianata delle Moschee, un sito sacro per milioni di musulmani, non è solo un affronto simbolico, ma un attacco diretto all’esistenza stessa del popolo palestinese. Dopo aver colpito duramente Gaza, l’intento di Ben Gvir sembra essere quello di uccidere anche le idee e le credenze di un’intera popolazione, portando a compimento una forma di genocidio culturale che mina alle fondamenta il diritto alla libertà religiosa e all’autodeterminazione.

Israele che cerca di disintegrare Gerusalemme attacca una delle zone più contese del Medioriente

La Spianata delle Moschee, situata nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme, è uno dei luoghi più contesi al mondo. Per i musulmani, è il terzo sito più sacro dell’Islam, ospitando la Cupola della Roccia e la moschea Al Aqsa. Per gli ebrei, è il luogo dove sorgevano i Templi di Salomone ed Erode. Lì il Muro del Pianto, unico frammento superstite del Tempio, rappresenta uno dei più importanti siti di preghiera. La proposta di Ben Gvir, che mira a cambiare lo status quo vietando la preghiera non musulmana sul Monte del Tempio, rischia di trasformare questo luogo in un epicentro di conflitto globale.

La Spianata sorge su un terreno impregnato di storia e conflitti. Qui, un tempo, si ergevano i Templi di Salomone ed Erode, distrutti rispettivamente nel 586 a.C. e nel 70 d.C. Il Muro del Pianto, unico frammento sopravvissuto del Tempio di Erode, è divenuto, dopo la guerra del 1967, il principale luogo di preghiera per gli ebrei ortodossi. Tuttavia, la presenza delle moschee musulmane al di sopra del muro è vista con risentimento da una corrente messianica ebraica, che sogna la costruzione di un “terzo tempio” sul sito. Questo sogno, che attende solo l’arrivo del Messia, è oggi strumentalizzato da Ben Gvir in chiave politica. La sua ambizione è di espellere i palestinesi dalle terre bibliche, e per farlo, sembra disposto a scatenare un’apocalisse che potrebbe realizzare questo scenario.

Tutti condannano Israele ma lui continua col suo progetto di disintegrare Gerusalemme

La proposta di Ben Gvir ha scosso non solo la comunità internazionale, ma anche Israele stesso. Sorprendentemente, due importanti giornali ultraortodossi hanno condannato l’idea, ricordando che le autorità religiose ebraiche si oppongono fermamente alla preghiera sulla Spianata, considerata troppo sacra per essere profanata da ambizioni politiche. Questo dissenso interno è significativo, poiché mostra una frattura tra l’estremismo politico e l’ortodossia religiosa. Le reazioni dal mondo musulmano, in particolare dall’Arabia Saudita, non si sono fatte attendere: Riyadh ha definito le dichiarazioni di Ben Gvir “estremiste e incendiarie” . Inoltre ha riaffermato la necessità di rispettare lo status quo a Gerusalemme. L’Arabia Saudita, ha mostrato apertura a stabilire relazioni diplomatiche con Israele, ma ora sta cambiando idea. Infatti avverte che tali provocazioni rischiano di compromettere irrimediabilmente i progressi verso la pace.

Il silenzio di Netanyahu davanti alle follie di Ben Gvir vorrà dire qualcosa?

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha scelto di mantenere il silenzio di fronte alle dichiarazioni di Ben Gvir, una scelta che appare dettata dalla necessità di preservare l’alleanza con l’estrema destra per garantire la stabilità della propria coalizione. Tuttavia, questo silenzio risuona in modo inquietante, soprattutto alla luce delle pesanti ripercussioni che tali provocazioni potrebbero avere. In un contesto in cui l’Arabia Saudita valuta seriamente la normalizzazione delle relazioni con Israele, la crisi a Gerusalemme rischia di far saltare questo delicato equilibrio. Riyadh ha infatti chiarito che ogni passo verso la pace dipende dal rispetto delle sensibilità religiose e dalla garanzia di diritti per il popolo palestinese. Le azioni di Ben Gvir, se non contrastate, potrebbero quindi non solo alimentare nuovi conflitti, ma anche isolare ulteriormente Israele sulla scena internazionale, allontanando le prospettive di un futuro di coesistenza pacifica.

Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine