Israele continua ad espandere il suo potere e influenza militare a scapito della pace e del diritto internazionale e ora vuole Libano e Iran.
L’ennesimo episodio di scontri tra Israele e Hezbollah, culminato in un attacco missilistico dal Libano. L’attacco ha causato la morte di due civili israeliani, segna una nuova tappa nella politica aggressiva e espansionista di Israele nella regione. In questo contesto, il sostegno americano, anziché limitare le azioni israeliane, sembra rafforzarne l’approccio bellicoso e l’indifferenza per le conseguenze umanitarie. Il governo Netanyahu ha adottato una retorica dura. Si promette distruzione e minacciando ulteriori attacchi su larga scala in Libano, sfidando il diritto internazionale e aggravando le sofferenze delle popolazioni locali. Mentre Washington cerca un certo grado di contenimento, la complicità degli Stati Uniti rimane evidente. Il supporto militare e diplomatico agli attacchi israeliani è di fatto un’approvazione tacita di una politica di aggressione sistematica che destabilizza ulteriormente il Medio Oriente.
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L’attuale situazione riflette la complessità dell’alleanza tra Israele e Stati Uniti. Sebbene Washington sostenga il diritto di Israele a difendersi, alcune fonti rivelano tensioni crescenti tra i due leader. Netanyahu è stato criticato per la percezione internazionale di Israele come “stato canaglia”. Biden invece, cerca di bilanciare l’appoggio militare a Israele con la prevenzione di un conflitto allargato che coinvolga l’Iran. Questo atteggiamento riflette le difficoltà degli USA a conciliare il ruolo di sostenitori della sicurezza israeliana con le proprie preoccupazioni per la stabilità regionale.
Il recente attacco missilistico da parte di Hezbollah contro il nord di Israele ha causato la morte di due civili a Kiryat Shmona. Esso evidenzia le tensioni crescenti tra Israele, il Libano e l’Iran. Hezbollah, sostenuto dall’Iran, ha rivendicato il lancio dei razzi, a cui Israele ha risposto con pesanti bombardamenti lungo il confine libanese. Inoltre, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha avvertito il Libano di una possibile distruzione “simile a Gaza” se Hezbollah continuerà con questi attacchi, invitando i cittadini libanesi a “liberare il loro paese” dal controllo del gruppo paramilitare.
Netanyahu oserebbe tanto senza aiuto degli USA?
Il ruolo degli Stati Uniti è cruciale. In una telefonata programmata con Joe Biden, Netanyahu discuterà delle possibili risposte di Israele alle azioni di Hezbollah e all’attacco missilistico iraniano del 1° ottobre. Biden ha espresso preoccupazioni per un’ulteriore escalation, soprattutto se dovesse coinvolgere direttamente l’Iran. Gli Stati Uniti sembrano voler limitare le azioni israeliane. Si “suggerisce” che un attacco alle infrastrutture nucleari o petrolifere iraniane potrebbe avere ripercussioni globali. Il riferimento è chiaro: si parla dell’aumento dei prezzi del petrolio e il rischio di una destabilizzazione più ampia in Medio Oriente.
Netanyahu, sostenuto dagli Stati Uniti, ha lanciato un chiaro messaggio di guerra al Libano. Netanyahu paragona senza problemi la possibile distruzione di quel Paese a quanto visto a Gaza e invitando i cittadini libanesi a ribellarsi contro Hezbollah. Questo atteggiamento riflette non solo una spregiudicatezza politica, ma anche un’intenzione esplicita di ampliare il controllo israeliano sulla regione. Netanyahu, ormai è chiaro a trutti, maschera sotto l’etichetta di “autodifesa” operazioni di natura offensiva. Gli Stati Uniti sono preoccupati per il rischio di escalation. Tuttavia, non mostrano ancora segni di voler ridurre il loro supporto a Israele. Così facendo, consentono a Netanyahu di proseguire con una campagna di bombardamenti senza pressioni internazionali.
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La retorica israeliana si è quindi inasprita non solo verso Hezbollah, e diconseguenza anche contro l’Iran, considerato uno dei principali sponsor del gruppo. Netanyahu ha dichiarato che l’Iran rappresenta una minaccia non solo per Israele, ma per il mondo intero. Gli USA, pur criticando l’espansionismo israeliano, continuano a fornire supporto militare e diplomazia preventiva. Tali gesti possono essere interpretati come un tacito consenso alle operazioni offensive di Israele, mettendo ulteriormente a rischio la stabilità della regione.
Israele si profila sempre più come una potenza regionale che opera al di fuori dei limiti della legge internazionale. Questo però può avvenire solo con il tacito appoggio di un alleato potente come gli Stati Uniti. Queste azioni non aiutano la pace, anzi, non fanno altro che aumentare le tensioni con i Paesi vicini. Tutto questo può solo contribuire alla destabilizzazione della regione, alimentando un ciclo continuo di violenza e sofferenza. Se la comunità internazionale non interviene per porre un freno all’espansionismo israeliano, le conseguenze saranno catastrofiche. Perché non solo il Medio Oriente continuerà a sprofondare nel caos, ma anche l’integrità del diritto internazionale sarà compromessa. La storia ci giudicherà a non ci giudicherà affatto bene.
È giunto il momento per le potenze globali, inclusi gli Stati Uniti, di riconoscere e affrontare le gravi implicazioni di questo sostegno incondizionato. Bisogna urgentemente promuovere una politica di pace e giustizia che tuteli le parti coinvolte e che ponga fine all’impunità violenta di Israele.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine