Dalla Prima Repubblica ad oggi, la lista degli scandali politici “made in Italy” non ha mai smesso di arricchirsi di nuovi casi degni di nota e di vergogna. Nel frattempo, la memoria degli italiani diventava sempre più fragile.
L’Italia ha smesso ormai da tempo di essere un “paese”, se lo si analizza nella sua accezione puramente politica. Gli scandali di cui i nostri governanti si sono particolarmente resi protagonisti dal 1948 (anno in cui venne proclamata la nascita della Prima Repubblica) ad oggi, uniti alla conclamata capacità del circo mediatico di gonfiare come un palloncino l’episodio più ridicolo al punto da farlo sembrare una mongolfiera, ha reso ogni quotidiano appuntamento con la notizia quanto di più simile a quello di un fanatico con la propria serie televisiva.
E in questo senso, non fa eccezione alcuna lo scoop delle ultime ore rimbalzato su ogni angolo del web ad opera della società BuzzFeed, nel quale vengono segnalati legami sospetti tra il Ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini, e il presidente russo, Vladimir Putin. Per essere più precisi, ad essere pubblicata è stata la registrazione della presunta conversazione telefonica avvenuta tra l’ex portavoce di Salvini, Gianluca Savoini (nonché presidente dell’Associazione Lombardia-Russia) alla presenza di altri 5 connazionali e 6 dell’entourage del Cremlino presso l’Hotel Metropol di Mosca.
In ballo, un accordo per l’importazione di petrolio russo in Italia, attraverso un meccanismo che sembrerebbe coinvolgere direttamente anche l’Eni: un affare da 65 milioni che finirebbero nelle casse della Lega.
Tra scetticismo, aggiornamenti buoni solo per il clickbaiting, video dirette al limite del penoso, minacce di querele e inchieste aperte dalla magistratura, ciò che è possibile veramente constatare dietro le facce dei cittadini italiani (nascosti o meno dietro il ruggito o il miagolio dei commenti social) è la vecchia, tradizionale espressione da “menefreghismo fisiologico”.
E, a dimostralo, è ancora una volta la “memoria a breve termine” che ci contraddistingue in relazione ai vecchi, prestigiosi scandali politici che hanno caratterizzato il nostro Paese nelle scorse decadi, con conseguenze (in certi casi) a dir poco ignobili.
Dallo “Scandalo Tabacchi” a Tangentopoli…
Bisogna portare indietro le lancette fino al 1965, per provare a fare i conti con quello che probabilmente è stato il primo clamoroso caso di corruzione che ha destato l’attenzione dell’opinione pubblica. Parliamo dello scandalo che coinvolse l’ex ministro delle Finanze democristiano, Giuseppe Trabucchi, in merito ai finanziamenti illeciti ai partiti.
Nello specifico, Trabucchi venne accusato all’epoca di aver accordato licenze mai giustificate per favorire l’importazione di tabacchi a due società di proprietà di un ex deputato (anch’esso della DC), in cambio di denaro. Contrabbando, abuso di potere, interessi privati: tutte accuse dalle quali Trabucchi venne assolto dalla Commissione Parlamentare, per salvare la credibilità dell’intero sistema politico.
Bastano appena 10 anni per spostare i riflettori su un nuovo scandalo, che stavolta vede implicati politici e dirigenti italiani ed americani (oltre che di altri paesi come Germania Ovest, Paesi Bassi e Giappone): si tratta del caso Lockheed, “passato alla storia” per l’incarcerazione del socialdemocratico Marco Tanassi (ex Ministro della Difesa, il primo in assoluto ad essere condannato per corruzione).
Forti somme di denaro, infatti, venivano dispensate all’epoca dall’azienda americana Lockheed Corporation (costruttrice di aerei “Hercules C-130”) per favorire i partiti notoriamente di destra (in particolare la DC), in cambio dell’esclusività sugli acquisti aviatori.
Ma è sicuramente il 1992 a segnare la crisi più nera del sistema democratico italiano, a causa dello scandalo Tangentopoli. L’accusa di concussione e il conseguente arresto dell’ingegnere ed esponente del PSI, Mario Chiesa, porta allo scoperto un gigantesco giro di corruzione per miliardi delle vecchie lire in tangenti, per lo più basati sulla vincita di appalti pubblici previo pagamento ai politici (che potevano così finanziare in maniera occulta i propri partiti).
Sostanzialmente, gli imprenditori coinvolti pagavano la “mazzetta” attraverso il peggioramento dei prodotti e l’aumento dei prezzi, dando modo così all’intero sistema di consolidarsi al punto tale che ogni partito aveva un cassiere che regolava il flusso di queste entrate illecite.
25400 avvisi di garanzia, 4525 arresti, 3200 richieste di rinvio a giudizio, 1254 condanne, 910 assoluzioni, un debito pubblico che girava intorno ai 250000 miliardi di lire: questi i numeri che di fatto segnarono la fine della Prima Repubblica, con la conseguente scomparsa dei grandi partiti di massa come DC e PSI e l’ascesa di nuove realtà come Forza Italia, Lega Nord e Alleanza Nazionale.
Rapporti diretti con la Mafia (fino allo scandalo Dell’Utri condannato per i passaggi di bustarelle a Cosa Nostra dal 1974 al 1992), compravendita di senatori (per far cadere il secondo governo Prodi, nel 2008), il “Processo Mediaset” (una frode fiscale fruttata ben 280 milioni di euro), il caso BNL-Unipol (per il reato di rivelazione del segreto d’ufficio a seguito dell’intercettazione Consorte-Fassino) , il processo SME, l’accusa di frode fiscale per 100 miliardi e violazione della Legge antitrust spagnola, il caso Ruby.
E, naturalmente, tutte le “leggi ad personam” studiate appositamente per scampare ai processi (dalla Legge Tremonti del 1994 fino a quella per il Legittimo Impedimento del 2010, passando per la legge-delega per Falso in Bilancio del 2002, il Lodo Maccanico-Schifani del 2003, l’Indulto del 2006).
Sicuramente, il primo posto sul “podio degli impuniti” va all’ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che con il suo talento imprenditoriale e il suo potere mediatico è riuscito non solo a fare dell’Italia una gigantesca azienda da spremere fino all’osso (favorendo quella nel 2008 è stata di fatto definita come una delle più gravi “crisi economiche” della storia del Paese, finanziaria e industriale), ma anche della corruzione, dentro e fuori dai tribunali, il biglietto da visita ufficiale dell’intero Stivale.
In molti infatti, dal piccolo al grande imprenditore, hanno assimilato e fatta propria la lezione del vecchio Cavaliere, imperniata sulla logica del “guadagno ad ogni costo”, senza etica, rispetto e morale.
E gli effetti sono tutt’ora visibili, dato che ogni azione rimasta impunita e atto politico sporco sono riusciti a minare profondamente la fiducia nella magistratura italiana, la salute della cultura (con tassi di ignoranza e analfabetismo tra i più alti in Europa), la libertà stessa di pensiero e parola (basti pensare all’ “Editto bulgaro” del 2002 e alle sue ripercussioni, oltre che sulle figure di Santoro, Biagi e Luttazzi, sull’intera stampa giornalistica), la credibilità dell’intera democrazia più di quanto già non fosse.
Ma di tutto questo, se chiedete in giro, qualcuno si ricorderà soltanto degli show nei talk televisivi, delle barzellette, della fama di “gran puttaniere”, delle corna durante il vertice dei ministri degli Esteri europei del 2002. Forse perché ai danni che ora ci tocca sopportare e porre rimedio, in realtà, non interessa a nessuno (o nessuno li vuole vedere, che è la stessa cosa).
…fino a Mafia Capitale ed Expo 2015
E arriviamo, quindi, a considerare i tempi più recenti, dove il dato più allarmante risulta essere l’incremento continuo del coinvolgimento in queste reti della criminalità organizzata. Si faccia riferimento, fra i casi più noti e preoccupanti di tangenti e corruzione contemporanei, all’Expo di Milano, Mafia Capitale e il caso Mose.
Nella prima inchiesta, è il nome di Primo Greganti a risaltare fra tutti gli imputati, tra i vari ex plenipotenziario della Dc lombarda Gianstefano Frigerio, l’ex senatore Pdl Luigi Grillo, il direttore della pianificazione acquisti di Expo, Angelo Paris, l’imprenditore Enrico Maltauro, il direttore generale delle Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni, e l’intermediario genovese Sergio Catozzo.
Storico tesoriere del Pci e del Pds già finito in carcere nel 1993 in seguito alla vicenda di “Mani Pulite”, è stato infatti nuovamente arrestato con l’intento di portare alla luce una volta per tutte i rapporti tra la “cupola” e i politici di centrosinistra.
Nel secondo caso, è Roma a fare da sfondo alla vicenda più “suonata” dall’orchestra politica italiana, dove il personaggio di spicco risulta l’ex ras delle cooperative rosse, Salvatore Buzzi.
Insieme ai vari Massimo Carminati (ex terrorista di estrema destra dei Nar ed ex membro della Banda della Magliana), Gianni Alemanno (ex sindaco, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso), i consiglieri regionali Eugenio Patanè (dem) e Luca Gramazio (Forza Italia), l’assessore alla casa Daniele Ozzimo (Pd) e un altro centinaio di indagati, è finito sotto accusa (e quindi in stato di arresto) alla fine del 2014 con l’accusa di essere il principale responsabile del traffico illecito di denaro ottenuto attraverso lo sfruttamento dei centri d’accoglienza per l’emergenza immigrati, con una mole di profitti, stando agli inquirenti, paragonabili a quelli ottenuti col traffico di stupefacenti (se non maggiore, come si evince dalle intercettazioni).
A “chiudere il cerchio” (per così dire) della lista degli scandali politici italiani più o meno caduti nel dimenticatoio è lo “Scandalo Mose”, famoso per i milioni di tangenti e fondi neri ottenuti dall’ex presidente del Veneto già ministro della Cultura, Giancarlo Galan, e l’ex sindaco del Pd, Giorgio Orsoni.
Dopo 1 anno e 4 mesi di processo, 70 mila pagine di faldoni d’inchiesta, 32 udienze dibattimentali (e 11 preliminari) e 102 deposizioni da parte di alcuni testimoni, sono state a malapena 4 le sentenze di condanna emesse dal Tribunale, assolvendo di fatto dall’accusa di finanziamento illecito ai partiti Orsoni.
A finire in carcere per il cosidetto “business delle bonifiche”, invece, sono stati rispettivamente l’imprenditore veneziano Nicola Falconi, l’avvocato Corrado Crialese, l’ex ministro Altero Matteoli ed Erasmo Cinque dell’impresa Socostramo.
La domanda, alla fine della fiera, che verrebbe più o meno spontaneamente da porsi è “dopo tutto quello che è successo in passato, com’è possibile che l’Italia non abbia ancora imparato dai propri errori?”.
E le risposte potrebbero essere molteplici, ma per comodità mi limiterò ad una semplice, ma comunque essenziale, osservazione personale: gli italiani sono vittime di quella “cultura malata” che hanno contribuito a diffondere nello momento stesso in cui il singolo opportunismo (manifesto tipico della maggior parte dei partiti politici e dei suoi leader) ha cominciato a trasformarsi in un’eventualità molto più concreta di qualsiasi ideale comunitario.
Con la conseguenza di esserci fatti ridurre a spettatori di una fiction tragicomica della quale, piuttosto che cambiare la sceneggiatura, aspettiamo semplicemente la prossima puntata.
Jacopo Ventura