Le strade d’America possono essere tanto larghe, infinitamente lunghe, da estendersi a perdita d’occhio, avanti fino alla linea dell’orizzonte. D’altro canto, le città sanno essere così piccole da diventare soffocanti, asfissianti. Ancor di più nel perentorio Texas degli anni 50. E a maggior ragione per una ragazza nata in una famiglia di aspirazione borghese in una città industriale.
Janis Joplin nasce in questo contesto nel 1943. A 17 anni scappa da Port Arthur per inseguire la strada del successo. A guidarla un sogno: diventare una cantante. Cominciano anni di randagismo per la Joplin: alterna periodi di collaborazioni saltuarie con musicisti con cui suona in locali di periferia, a ritorni a casa. Dolorosi ritorni a Port Arthur di una ragazza che lì non si è mai sentita accettata, nè per il suo aspetto nè per le sue idee. Tuttavia, ogni delusione incontrata per strada, la riconsegna sempre a quei luoghi, a quel posto che sa darle almeno una certezza: non la capirà mai.
Nel mondo delle idee
A volte si scappa dai luoghi senza sapere cosa chiedere, cosa si sta domandando a sè stessi o all’ambiente che ci circonda. Janis Joplin, invece, nel 1963 a San Francisco sapeva di aver trovato esattamente quello che andava cercando: “un mondo delle idee”, come lo definì lei stessa.
Negli anni 60 San Francisco era dei beatnik e della Beat Generation. Si conducevano – o non conducevano – vite anticonformiste, si respirava una nuova creatività. Si viveva di spiritualismo, in modo pacifico e ugualitario, in libertà e nel rispetto dell’ambiente. La Beat Generation aveva elaborato un nuovo linguaggio, di rottura con l’establishment culturale e sociale dominante negli Stati Uniti nel secondo Dopoguerra. Il poeta Allen Ginsberg, gli scrittori William Burroughs e ,in particolare, Jack Kerouac venivano considerati star al pari dei divi hollywoodiani.
Janis Joplin viene travolta e inglobata da questo mondo parallelo e rivluzionario in cui a contare non era più il suo aspetto, tanto sottoposto a giudizio dai suoi coetanei a Port Arthur, ma i contenuti. Nella musica, Janis Joplin fa sua la rivoluzione degli schemi operata dal folk e la rottura delle convenzioni nel rock. Al tutto, aggiunge il blues tanto amato e la buona dose di soul che fuorisce naturalmente dalla sua voce. Ma i tempi non sono ancora maturi, forse, perchè Janis non riesce ancora a trovare il posto più adatto a lei nel mondo della musica. A questo, si aggiunge anche la dipendenza da eroina e l’abuso di alcool di una ragazza grintosa, ma fragile.
La vera nascita di Janis Joplin
Nel 1966 Janis Joplin torna a Port Arthur, tentando di mettere in scena un’ideale di vita borghese e apparentemente realizzato, che però non le appartiene. Ben presto il richiamo della strada la porta a rimettersi in viaggio, di nuovo per San Francisco. Questa volta è per entrare come vocalist in una band. Il genere è affine al suo, tra il rock, la psichedelia e il blues. Il gruppo si fa chiamare Big Borther and The Holding Company.
Il provino di Janis Joplin andrà bene, tanto bene da consentirle, anni dopo, di lasciare la band per intraprendere la sua carriera solista. Lei, sola ed eternamente riconoscibile: chioma folta e fulva, sguardo vibrante di ribellione e una sensualità selvaggia.
Ci sono tanti modi di immaginarsi una vita. Come una linea retta, un cerchio, come composta di tanti cassetti. Quella di Janis Joplin viene da immaginarsela come una strada. Ed è stata tutta sulla strada. Un po’ perchè le vite dei musicisti lo sono, un po’ perchè la sua in particolare lo era. Andare e tornare, procedere in avanti e ripercorrere tutto all’indietro. Che siano viaggi fisici, viaggi mentali o spirituali, come dice Sal Paradise, “l’importante è andare”.
Giorgia Lanciotti
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