“Io ti amo” dice lei, e lui “nemmeno io“. È la traduzione esatta del titolo della canzone “Je T’aime Moi Non Plus“. Quanto sia falsa la prima affermazione, seppur resa soave dal francese, lo sa bene lui, che crede all’esatto contrario di ciò che sente da lei. Dire che sia un brano che parla di un rapporto sessuale molto passionale, è riduttivo; insignificante, rispetto lo scompiglio che Serge Gainsbourg e l’angelica voce di Jane Birkin provocarono. Il minore dei peccati sarà ascoltarla.

Cinque milioni di dischi venduti, la censura e la scomunica del Vaticano. Lo chansonnier d’amore per eccellenza, Gainsbourg, non poteva comporre in quel momento una melodia più divina; ricercata come un nettare, attraente come un divieto. A Parigi, nell’autunno 1967, bastava un lenzuolo a scaldare il letto. Mettiamo che sia lei, languida creatura bionda, adagiata tra il candido bianco di un letto sconvolto, a chiedere al maestro, mano abile alle tastiere, di scrivere “la canzone d’amore più bella del mondo“. Serge Gainsbourg non ascolta quella preghiera due volte, e si siede al pianoforte a coda. Non lo dice, ma tutto lascia pensare che sia ancora nudo.

Je t’aime, 33 giri fa

La leggenda narra che lei, venne svegliata dopo un paio d’ore, quando già erano pronti gli accordi. L’accolse, come nuovo giaciglio, la coda del piano che lui stava suonando. Inebriata, rapita, non tardò a riconoscere: ‘sì, è la canzone d’amore più bella del mondo’. Coperta solo dal lenzuolo, lei era Brigitte Bardot.

Poco più avanti, nel 1969, la Francia in piene contestazioni giovanili, acclama Serge Gainsbourg e Jane Birkin icone del loro tempo: un quarantenne libertino, genio ribelle, e una ventenne ingenua e maliarda. Pare sia bastata una sola notte e un ballo lento al Chez Régine di Parigi, a farli innamorare. La gettonatissima biografia di Gainsbourg, «Scandale!», racconta di loro due, a fuggire in preda ai tumulti e alle contestazioni della folla, a passare da un locale all’altro. Tra drag queen e ballerine appariscenti in piume colorate, dei famosi night-club delle notti parigine. Dove un tempo Serge iniziò come pianista. Lui è nuovamente invaghito della sua dama: dà una mancia cospicua ai violinisti fuori dal ristorante, commentando da poeta maledetto: “Sono delle puttane, come me. Chiedendo d’intonare sul marciapiede, davanti al taxi che aspettava, il “Valzer triste di Sibelius“, in onore di Jane. Anche se alla prima uscita finimmo la serata all’Hilton, la mia virtù fu salva: si addormentò in una sorta di torpore alcolico”, rivela lei senza censure. Diventarono la coppia più fotografata del XX secolo. E genitori di Charlotte Gainsbourg.

Ultimo ‘sgarro’ a Parigi

Musa e cantante perfetta, era la sua Jane Birkin, per quella canzone già creata, poca metrica ma infiniti sospiri. Tutta la Francia, disinibita e non, capì che si trattava di un orgasmo. Gemiti in musica veri o imitati? Pochi giorni e sono già cinque milioni di copie vendute. Nella seriosa Inghilterra, patria di Jane, il disco viene censurato dalla BBC, che ne vieta la vendita. In Italia, nonostante il singolo entri in classifica con “Hit Parade“, la trasmissione radiofonica di Lelio Luttazzi, fu censurato dalla Rai. Intervenne il Vaticano con una scomunica. L’Osservatore Romano, ne aveva pubblicato eroicamente una traduzione, per far comprendere la gravità del testo. “Il Papa è stato il nostro miglior addetto stampa, disse ‘birichina’ la Birkin. E infine fu ritirato su ordine della Procura di Milano. Ne venne proibita anche la menzione, ciò accadde addirittura nella liberale Svezia. Le uniche radio che continuavano a passarlo, furono Radio Monte Carlo e Radio Capodistria. Coraggiose come in tempi di guerra. Il clamore incontenibile alimenta il commercio clandestino del brano, che viene importato e venduto come fosse merce di contrabbando.

L’amore è più forte della coerenza. La passione delirante fa presto a invertire rotta: come l’arco, ha sempre più frecce da scagliare. Il titolo la diceva lunga: l’unica passione che intercorre tra i due protagonisti, è un’attrazione di natura sessuale. È la donna che ha bisogno di inventare un sentimento, che in realtà non esiste. La divina Jane Birkin, una frangetta che tutte copiano, il suo nome dato alla borsa di Hermès oggetto del desiderio femminile, (modello base, ottomila euro), fu soltanto la seconda. Se abbia creduto che la bollente canzone fosse stata per lei, non è dato sapere. “Quando mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto cantarla, ho accettato solo per gelosia. Non volevo la cantasse con un’altra donna”, disse Jane.

Un vinile venale..

Ma esiste una versione originaria, ‘vergine’, del 10 dicembre 1967, in cui Gainsbourg duetta con la sua vera destinataria. Il dilemma di aver simulato, o no, l’amplesso, resterà eterno. La Bardot all’epoca era sposata con Gunter Sachs, miliardario svizzero. Fu lui a chiedere che l’opera discografica non venisse posta sul mercato. Pubblicare “Je t’aime moi non plus” sarebbe stato ammettere l’adulterio. Dunque la registrazione resterà segreta. Fino l’accordo di entrambi i protagonisti, nel 1986, per la Philips, che aprì l’archivio dove era custodito il disco.

La canzone del rimpiazzo, così dovrebbe intitolarsi. Ma “Je t’aime moi non plus“, era per le orecchie di Serge Gainsbourg, un pezzo forte; per le sue doti da intenditore avrebbe ‘spaccato’. Lui prova a sostituire, almeno nella voce, Brigitte, con Marianne Faithful, Valérie Lagrange, Mireille Darc. Ma nessuna lo conquista. Finché non conosce Jane Birkin, all’epoca solo un’anonima attrice inglese, apparsa in “Blow-up” di Antonioni per una piccola parte, una scena in cui appariva a seno nudo. I versi “Vado e vengo tra i tuoi reni“, avevano finalmente trovato una Musa adottiva. La reincarnazione della bellezza. Sembrerebbe che Gainsbourg abbia chiesto alla Birkin di alzare il tono di un’ottava, rispetto alla versione più bassa della Bardot, per poter dare un’idea più androgina. Ci provarono ‘sull’orda’ del successo, anche Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer, coppia nel teatro e nella vita, a rifarla in una cover. Per poi passare dalla voce di Ombretta Colli. Parole camuffate, riviste, edulcorate. Di ‘virale’ non ebbero nulla. Nessun ‘saliscendi’ neanche in classifica. Niente di quella fluidità francese. Dove il suono non ha bisogno di immagini. “Il miglior disco erotico di semprescrisse il “Guardian“. Ma dal sesso passa anche l’amore. Una autentica, sussurrata, bugia.

Federica De Candia. Seguiteci Su MMI e Metropolitan cinema