Jean-Luc Godard è uno dei più grandi artisti della settima arte di sempre. Ragazzo poliedrico, interessato a tutto, diventa ben presto uno dei maggiori rappresentati della Nouvelle Vague, movimento cinematografico francese nato alla fine degli anni ’50. Negli ultimi anni Godard è diventato un fantasma, rifiutandosi di apparire in pubblico e di presenziare ad eventi, premi o alla presentazione dei suoi film. Nel 2011 il regista francese ha ricevuto l’Oscar Onorario per la sua grande carriera durante la quale ha apportato con grande creatività molte novità a quel complesso linguaggio che è il cinema.
Godard non ha iniziato subito la sua carriera come regista. Inizialmente, infatti, ha scritto come critico su alcune riviste. Ha esordito con una recensione su “L’altro uomo” di Hitchcock e un saggio intitolato “Difesa e illustrazione del découpage classico”. In quest’ultimo dimostra come l’esperienza artistica sia per lui totalizzante, principio che porterà avanti per tutta la sua carriera. Jean-Luc è quindi partito da una visione classica del cinema, la cui conoscenza approfondita gli ha dato la possibilità di rivoluzionarne le regole qualche anno dopo.
Il primo film di Godard, manifesto della Nouvelle Vague
Affacciatosi al mondo dei cortometraggi nel ’53, si ritrova a collaborare con Truffaut che gli scriverà il soggetto per il suo primo lungo, “Fino all’ultimo respiro”. Il film rivoluzionario, girato con camera a mano, viene subito notato. Il suo successo è dovuto probabilmente al fatto che Godard riprendeva un genere popolare, il noir, ma gli dava vita nuova con il suo tocco personale. In questo film Jean-Luc decide creare un montaggio sconnesso, rompendo gli schemi narrativi classici. Inoltre, i suoi personaggi parlano direttamente con lo spettatore, rivolgendo uno sguardo dritto in macchina. “Fino all’ultimo respiro”, con il suo linguaggio innovativo diventerà il manifesto della Nouvelle Vague, insieme a “I 400 colpi” di Truffaut.
Dalla Nouvelle Vague ai moti del ’68, Godard e i suoi giovani colleghi cambiano il cinema francese e mondiale. Jean-Luc infatti capisce quasi subito che andare contro il sistema cinematografico non significa solo rinnegarlo, ma molto di più. Significa trasformare completamente quella che è la macchina capitalista che è la produzione di un film. E’ infatti così che approda al cinema senza firma del Gruppo Dziga Vertov. Tutto questo perché Godard ama talmente tanto la settima arte che non può accettare che sia ridotta a bene di consumo da vedere come un panino del fast food.
Discussioni sul cinema di Jean-Luc Godard
Il regista francese non sempre è stato apprezzato dai colleghi. Sarà per il suo modo di raccontare che non è immediato, oppure per il suo approccio molto intellettuale. Fatto sta che Bergman ha commentato così il suo cinema: “Non ho mai ricevuto niente dai suoi film. Mi appaiono costruiti, intellettualmente falsi e completamente morti. Cinematograficamente poco interessanti e infinitamente noiosi. Godard è una fottuta noia”. Parole forti, se si considera che vengono da un altro grande regista di quegli anni. E ancora Herzog, concorde nel trovarlo noioso, aggiunge “Qualcuno come Jean-Luc Godard per me equivale a soldi falsi se comparato ad un buon film di kung-fu”.
Jean-Luc Godard è così: o lo ami o lo odi. Truffaut, suo vecchio amico, è passato dalla prima alla seconda opzione. A fine anni sessanta i due, infatti, sembrano aver interrotto i rapporti di amicizia a causa di scontri sulle diverse ideologie politico-estetiche. Questo perché dal primo film al ’67, Godard, gira una ventina di film, che vedono come protagonista Anna Karina, con i quali pian piano prende le distanze dalle correnti in voga, sperimentando altre strade. Godard, pioniere del nuovo, è un regista che grazie alla sua insaziabile curiosità e alla sua voglia di osare ha plasmato il linguaggio cinematografico, facendo diventare il Cinema ciò che oggi conosciamo.
Paola Maria D’Agnone
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