Nuovo appuntamento di Ladies in Rock: nuovo universo musicale femminile da esplorare. La lady in rock di cui parliamo oggi ha una caratteristica in comune con molte altre artiste: in quanto donna, se l’è dovuta letteralmente sudare. Ciò che la distingue dalla moltitudine, in particolare, è il suo essere stata in qualche modo pioniera. Dall’esordio a quindici anni con la sua all female band, Joan Jett ha costruito una carriera sulle montagne russe dei grandi successi e dei notevoli flop. Sono in molte le musiciste alle quali ha spianato la strada e ad oggi è uno dei punti di riferimento del punk rock al femminile.
“Che cosa significa Riot Grrrl?” – “Significa che noi ragazze vogliamo creare cose che ci rappresentino. Ogni volta che prendiamo in mano una penna o uno strumento, ogni volta che facciamo qualcosa, noi creiamo la rivoluzione. Noi siamo la rivoluzione”. Da un articolo di una fanzine del 1991
Le Runaways: il primo tassello di un puzzle chiamato rivoluzione rock femminile
Le Runaways hanno avuto vita breve: nate nel 1975 e separatesi quattro anni dopo, tre album in studio che però non ottennero il successo sperato. Sembrano gli ingredienti di un fallimento e, volendo guardare soltanto alle vendite di quel periodo, in effetti un po’ lo fu. Eppure, la formula tutta al femminile delle leader Joan Jett e Lita Ford è considerata ormai un’apripista. Una delle primissime band di donne che cercarono e in qualche modo riuscirono ad imporsi in un ambiente, quello rock, a cifra quasi totalmente maschile. Gli ostacoli che dovettero affrontare erano quelli di una consuetudine e un pensiero condiviso secondo i quali un gruppo di donne non potesse essere molto di più di un espediente per far dimenare su di un palco corpi mezzi nudi di bellezze maliziose e ammiccanti. Il rock era roba per maschi, da dove spuntavano fuori queste femminucce e cosa volevano dimostrare?
L’intento delle Runaways era esattamente il contrario: irrompere e urlare la propria voce in un universo musicale fallocentrico, per poi lasciare che il messaggio oltrepassasse la sfera prettamente artistica e si diffondesse in ogni ambito del vivere comune.
Furono continuamente osteggiate, le case discografiche non le prendevano sul serio, non condividevano il loro progetto e, anzi, in molti si prodigarono per creare divergenze fra le ragazze, che alla fine si sciolsero. Il solco però era ormai stato tracciato e le carriere soliste delle componenti della band, in particolare quelle della Jett e della Ford, conobbero un crescente successo negli anni ’80.
La carriera solista di Joan Jett
Conclusa l’esperienza con le Runaways, da Los Angeles Joan Jett si trasferì a New York. I suoi primi lavori furono soprattutto album di cover di brani rock and roll anni ’50 e ’60, rivisitati in una chiave influenzata dal punk, dal glam e dall’hard rock. L’esordio solista fu Bad Reputation, nel 1980, seguito l’anno successivo da I Love Rock ‘n Roll insieme alla band che la cantante e chitarrista mise su: i Blackhearts. Fu anche il disco che ne decretò il successo, soprattutto grazie alla title track, cover di un pezzo dei The Arrows. Il decennio scorse fra collaborazioni con artisti della scena punk, grandi successi come I Hate Myself for Lovig You (1988) e momenti meno fortunati, oltre ad un inizio di carriera cinematografica.
Dagli anni ’90 la Jett si è divisa fra la carriera di musicista, quella di attrice e quella di produttrice di band femminili come le Circus Lupus e le Bikini Kill. Oltre ad essere un’attivista impegnata sul fronte pacifista, animalista e ambientalista. Non si è mai sposata e si è sempre rifiutata di nutrire la morbosa fame gossippara di chi continua a chiederle del suo orientamento sessuale. Il suo ultimo album è Unvarnished del 2013 e nel 2015 è stata inserita nella Rock and Roll Hall of Fame.
“Marc Bolan ha avuto un grande impatto su ogni aspetto del mio essere musicista, in particolare su quello estetico: l’androginia.”
La battaglia per la parità di genere passa anche attraverso la musica rock
Il periodo successivo allo scioglimento delle Runaways fu particolarmente duro per la Jett. L’ostracismo delle case discografiche, fermamente decise a non produrre più la sua musica, la portò ad affrontare un periodo di depressione. Fu grazie al giovane newyorkese Kenny Laguna, che ne divenne manager e co-writer, che riuscì a non mollare e ad imporsi finalmente sul mercato musicale. Ma la soluzione fu il più classico dei “chi fa da sé fa per tre”: i due, rigettati da più di venti etichette, si trovarono costretti a fondare una propria casa di produzione indipendente, la Black Hearts Records, e Bad Reputation attirò l’attenzione del pubblico che sembrò interessarsi ad una rocker dalle sembianze androgine che impugnava una chitarra elettrica.
Le major, però, continuarono a cercare di offuscare i pezzi della Jett che trattavano maggiormente questioni sociali e di genere. La figura di Joan Jett e, di conseguenza, il ruolo delle Runaways tornarono alla ribalta negli anni ’90 quando crebbero movimenti a trazione femminista che invasero i settori del grunge e dell’alternative rock. Il Riot Grrrl Movement trasse grande ispirazione dalla Jett ma i temi affrontati approfondivano maggiormente questioni sociali come il patriarcato, il sessismo, la sessualità e gli abusi. La cantante ne abbracciò subito la causa producendo anche alcune delle band protagoniste, fermamente convinta che fosse necessaria una collaborazione fra donne nel mondo del rock.
La strada tracciata da Joan Jett e le sue ostinate battaglie hanno permesso a decine di donne di potersi esprimere attraverso un genere musicale da sempre considerato appannaggio degli uomini. Tuttavia, non si può dire che la battaglia sia definitivamente vinta. Sappiamo benissimo quanto ancora c’è da conquistare sul piano della parità di trattamento economico così come su quello della stessa considerazione artistica. La parità di genere passa anche senza dubbio dalla musica e dai messaggi che è in grado di veicolare, affinché nessuna donna che imbraccia una chitarra elettrica debba più sentirsi chiedere “Ma quando suoni ti senti più uomo o più donna?”.
Emanuela Cristo
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