Nella quiete del Cimitero Monumentale Acattolico di Roma, oasi verde nel cuore del quartiere Testaccio, riposano diverse figure di spicco: Andrea Camilleri, Antonio Gramsci, Carlo Emilio Gadda, Giorgio Napolitano e molti altri. Tra loro, anche John Keats. Nato a Londra nel 1795, fu una delle figure cardine del Romanticismo, nonché uno dei principali esponenti della seconda generazione romantica inglese, al fianco di Lord Byron e Percy Bysshe Shelley. Tre giovani accomunati dal talento, da una stima reciproca, da un legame di sincera amicizia e, purtroppo, da una prematura scomparsa.

Dopo un’infanzia costellata di lutti e una fallimentare esperienza come apprendista presso un noto chirurgo, Keats s’immerse negli studi umanistici. Si avvicinò ai classici, come le opere di Omero, nella traduzione di George Chapman, o quelle di Torquato Tasso. Si accostò, inoltre, a John Milton, John Fletcher e William Browne. Sebbene il suo esordio poetico non lo rese immediatamente famoso, l’inverno 1818-1819 segnò il principio di quello che viene definito il suo annus mirabilis dal punto di vista della produzione poetica. Risale a questo biennio il suo primo libro, chiamato Poems, che contiene la nota Sleep and Poetry. E ancora, il poema Endymion, l’Hyperion, e The Eve of St Agnes.

John Keats: l’amore per Fanny Brawne e il trasferimento a Roma

La tomba di John Keats, sepolto al Cimitero Acattolico di Roma

Nel 1818, Keats conobbe una ragazza. Non era bellissima, ma ironica e brillante; il suo nome era Fanny Brawne. Tra i due ebbe inizio una simpatia che si trasformò ben presto in un sentimento più profondo, e il rimatore le dedicò versi teneri e appassionati. Il loro rapporto,però, incontrò diversi ostacoli, primo fra tutti il malcontento dei genitori della fanciulla. Le traballanti condizioni economiche e il suo smanioso desiderio di affermarsi nel panorama letterario britannico, non lo rendevano un partito ideale. Iniziava, oltretutto, a manifestare i primi sintomi di una malattia che aveva portato via già sua madre e il fratello Tom. Nel settembre del 1820, dopo aver trovato tracce di sangue nella sua mano, in seguito a un violento attacco di tosse, la condanna gli apparve ormai certa: aveva contratto la tubercolosi.

Consapevole di avere poche probabilità di una completa ripresa, dato il suo fisico cagionevole, tentò di liberare l’amata dall’impegno preso, ma Fanny oppose resistenza. I medici, tuttavia, gli consigliarono di spostarsi in un luogo più caldo e soleggiato. I due innamorati si salutarono con una promessa di matrimonio, animati dalla speranza di rivedersi. John le regalò un anello di fidanzamento e lei gli fece dono di un ovale di marmo che usava per raffreddare le dita mentre tesseva. Poi, accompagnato da un amico, il pittore Joseph Stevern, Keats si trasferì a Roma, al numero 26 di Piazza di Spagna, palazzo dove, ancora oggi, si trova la casa-museo a lui intitolata. Nonostante il clima benevolo e le cure, il quadro clinico dell’artista si aggravò nel giro di poco, tanto da indurlo a smettere di scrivere all’adorata compagna, nel tentativo di evitarle un ulteriore dolore. Infine, la sera del 23 febbraio 1821, a soli ventisei anni John Keats si spense. Alla notizia, Fanny tagliò i capelli in segno di lutto e, anche dopo essersi sposata, non tolse mai l’anello datole dal suo primo amore.

La sepoltura al cimitero acattolico e il singolare epitaffio

Stevern, incaricato della sepoltura, decise di lasciarlo riposare nella città che lo aveva accolto. Circondato dai fiori, come egli stesso aveva chiesto, all’ombra della Piramide Cestia. Sulla sua tomba, Keats non volle che venissero incisi né il nome, né la data di morte, ma solo un breve epitaffio, che recita: «Here lies One Whose Name was writ in Water». Letteralmente «Qui giace un uomo il cui nome fu scritto nell’acqua». Un messaggio sibillino, dall’origine indefinita: alcuni riconducono l’espressione “writ in water” a un proverbio, altri addirittura a Sofocle. Quesiti senza una risposta certa, eppure il significato, pensando alla vita del giovane poeta, appare chiaro. In contrasto alla dura pietra della lapide, solida ed eterna, i dati anagrafici di John sono celati. In queste parole si cela tutta la caducità dell’esistenza, un viaggio transitorio e incerto, al termine del quale si può essere dimenticati.

Forse Keats non credeva di aver lasciato un’impronta indelebile dietro di sé, e temeva, o forse auspicava, l’oblio. Proprio per questo, probabilmente, aveva chiesto di poter mantenere l’anonimato nella morte. Gli amici, tuttavia, non rispettarono il suo volere. Aggiunsero, infatti, un’altra lastra marmorea, proprio di fronte al giaciglio eterno dell’artista. Su di essa, una frase: «Keats! Se il tuo caro nome fu scritto sull’acqua, ogni goccia è caduta dal volto di chi ti piange.». La stessa tomba di Stevern, posta accanto a quella di John, è un tributo alla sua memoria, e all’affetto che li legava. Un concetto semplicissimo, eppure d’effetto, a testimonianza del fatto che, nonostante le rimostranze mosse dallo stesso letterato, il mondo non si fosse scordato di lui. Nel cimitero acattolico della Capitale, circondato dal silenzio e dagli alberi, giace Joseph Stevern, «amico di John Keats».

Federica Checchia

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