Roma e Lazio alle prese con il derby della Capitale: Metropolitan Magazine Italia ha deciso di regalarvi uno speciale dedicato interamente alla stracittadina che terrà con il fiato sospesa un’intera città: Roma si ferma, è tempo di derby!
Esiste nella Capitale una parola da pronunciare con assoluta calma. Una sola parola, infatti, potrebbe generare reazioni scomposte ed insensate: avete presente le famose avvertenze nel bugiardino dei medicinali? Ebbene, la parola in questione deve essere proferita con cura ed attenzione. Quando si parla di derby, infatti, un’intera città rischia di collassare su se stessa senza una ragione apparente: Roma contro Lazio, romanisti contro laziali per la supremazia sportiva della Città Eterna. Mi direte: “Ma che sarà mai!” Vi rispondo, con la medesima noncuranza, che non avete capito nulla. Le palpitazioni, le ansie del pre-derby iniziano a manifestarsi dal giorno della stesura dei calendari della massima seria italiana di calcio: il giorno viene segnato in rosso con il pennarello e tutti gli impegni (non importa quanto distanti) dovranno passare in secondo piano. Lavorate? Chiederete il permesso. Avete un matrimonio? Troverete una valida scusa per augurare la vita eterna alla coppia di amici o parenti comodamente sul vostro divano, di fronte a Sky. Battesimi? Cosa sono? Non importa se il protagonista dell’evento è vostro nipote o, addirittura, un figlio: il sacro giorno del derby assume una priorità aulica. Intoccabile ed inderogabile. Sudori freddi, momentanea paresi dei muscoli, pensieri monotematici, voglia di dormire fino al fischio finale, spegnimento preventivo del cellulare ed epurazione di qualsiasi contatto (amici, parenti o colleghi di lavoro) con gli avversari di giornata: la singolare crociata del tifoso romano vive di queste tappe serrate che coinvolgono la vita di ogni tifoso e…delle sue famiglie. Il derby, in fin dei conti, non è un evento meramente sportivo ma una consuetudine radicata e popolare della capitale d’Italia: scaramanzia, sfottò, colori, bandiere…tutto! Roma si colora a festa, ogni singolo dettaglio deve essere motivo di vanto per le due tifoserie che, in ogni ambito, tentano caparbiamente di superarsi catturando la scena. “Ao, oggi ce sta er derby!” Non importa quanto tu voglia estraniarti da questo avvenimento, povero illuso di un tifoso innamorato: ci sarà sempre qualcuno che ti ricorderà la nefandezza delle tue paure e la fragilità del tuo essere calciofilo convinto. Senza dilungarci eccessivamente, la redazione di Metropolitan Magazine Italia augura buon derby a tutti i tifosi di Roma e Lazio: che vinca il migliore!
Roma e Lazio di fronte nel derby della Capitale: i biancocelesti arrivano all’appuntamento forti delle ultime quattro vittorie consecutive raccolte da Simone Inzaghi mentre i giallorossi di mister Di Francesco hanno tirato una boccata d’ossigeno battendo 4-0 il Frosinone di Longo. Il derby, però, è una partita assestante che sovverte ogni possibile logica: per capire meglio l’atmosfera, l’attesa e le motivazioni che traghettano la stracittadina, abbiamo intervista in esclusiva Julio Sergio, ex portiere della Roma che, nel corso della sua carriera, ha giocato questa emozionante partita. Ecco cosa ci ha raccontato…
Iniziamo parlando di ricordi: 22 settembre 2010. Le lacrime versate per la Roma. Spesso quando si parla di attaccamento alla maglia e di sacrificio, valori che ultimamente si stanno perdendo, le prime immagini che tornano in mente sono proprio quelle. Come è stato per lei sentirsi così voluto bene dalla tifoseria?
“Per me è una cosa bella che si possano ricordare di me con questo atteggiamento vincente e di attaccamento alla maglia, penso che dopo quella partita di Brescia tutto questo si sia sentito maggiormente. Come ho detto sempre, io non sono mai stato un fuoriclasse, però ogni volta che entravo in campo volevo sempre dare il massimo ed è una cosa fantastica, nonostante non fossi titolare per diversi anni, essere ricordato con così tanto affetto.”
Nella Roma in cui giocavi l’unico rimasto è Daniele De Rossi, giocatore carismatico e oggi capitano di questa squadra. Che ricordi hai di Daniele? E quanto conta la sua tenacia all’interno dello spogliatoio?
“Con Daniele ho sempre avuto buoni rapporti. E’ un ragazzo che ama la Roma, un romano vero. Vi racconto questo aneddoto: quando ho esordito in Serie A contro la Juve, al termine della partita nello spogliatoio lui mi fece un sacco di complimenti, da lì capii la persona genuina che era e che è tutt’ora, una persona con dei valori a cui auguro il meglio. Poi alla fine abbiamo avuto delle discussioni, ma sono cose di spogliatoio che capitano e che sono state superate. Dal punto di vista calcistico per me Daniele è un leader, uno dei centrocampisti più forti al mondo e che può fare ancora benissimo alla Roma.”
In questa periodo cupo per la Roma se ne sono dette di ogni, addossando colpe dal presidente Pallotta, al direttore Monchi e all’allenatore Di Francesco. Da uno che queste situazioni le ha vissute all’interno, cosa sta succedendo all’interno dello spogliatoio? E soprattutto, cosa bisogna fare per riprendersi da questi momenti?
“Su Di Francesco e su tutta la direzione è difficile esprimere un’opinione. Sono stati venduti giocatori importanti e hanno comprato giovani molto forti ma che devono ancora crescere, ma non penso che dentro lo spogliatoio questo possa gravare pesantemente. Di Francesco fa un lavoro di gestione dell’ambiente fantastico, poi è ovvio che perdendo giocatori importanti non è facile in poco tempo trovare la formazione ideale e i sostituti ideali, per me la squadra va sempre sostenuta e sopportata, i tifosi devono restarle vicino. Ogni volta c’è una specie di cambiamento surreale, perché quando si vince siamo i migliori, mentre quando perdiamo non siamo più nessuno. Il calcio è molto più di questo. Lo so che la tifoseria è tanta emozione e meno ragione, però dobbiamo ponderare bene le parole prima di compiere certe critiche. Per riprendersi la parola è una sola: lavorare. Bisogna lavorare, lavorare e lavorare. Vincere le partite importanti, compiere buone prestazioni e fare in modo che la piazza sia contenta. Questo tocca al mister ma soprattutto ai giocatori, correndo quindi fino alla fine e dimostrare di tenere a questa maglia. Poi è normale che si vince e si perde, ma dimostrando questi valori sicuramente la tifoseria resterà comunque soddisfatta.”
Parlando invece del ruolo del portiere, andato via Alisson per 75 milioni è arrivato Olsen, il quale ha l’ingrato compito di sostituire proprio uno dei portieri più forti nel panorama mondiale. Quali consigli darebbe allo svedese per ambientarsi meglio?
“Olsen è un portiere esperto, qui in Italia però si gioca un calcio molto diverso, è normale che nelle prime partite non fosse sicuro e che siano capitati degli episodi. Però sono sicuro che si ambienterà al più presto proprio perché ha delle grandi qualità, sta capendo ancora la velocità, il sistema in sé del calcio italiano, gli allenamenti diversi. Allison appena arrivato non ha giocato subito e per lui è stato un bene alla fine, perché ha potuto imparare tutte queste novità. L’unico consiglio che mi sento di dire a Olsen è di restare tranquillo, fare il suo lavoro e sicuramente penso entro massimo un mese dimostrerà tutte le sue capacità.”
Arriviamo alla parte più delicata di questa intervista: il derby in programma questo sabato. Da chi è stato un eroe di questi derby giocati, dal rigore parato a Floccari nella famosa rimonta alla parata fantastica su Mauri, come ci si prepara ad una partita del genere? Nota delle differenze per come viene sentito il derby ora tra i giocatori rispetto a quando giocava lei?
“Per tutti questi episodi dei derby ho solo bei ricordi. Io ero molto più forte di testa che tecnicamente, quindi in queste partite avevo una concentrazione più elevata, forse è per questo che sono state le mie migliori partite. Sono momenti che non si dimenticano mai nella vita. Non penso però che ci siano differenze rispetto ad ora, il derby è sempre il derby. Probabilmente l’unica differenza è la forte presenza di stranieri nelle squadre che non sentono tanto la partita. Se però quelli veramente bravi riescono a capire l’importanza della vita, allora possono fare la differenza. Speriamo che vada bene, io lo guarderò dal Brasile perché non posso perdermi queste emozioni, soprattutto per me che sono rimasto romanista. Mi auguro che il mister possa avere grande successo perché se lo merita. Noi dobbiamo sempre sostenere questa squadra anche se non è facile dopo quello che è accaduto, le critiche ci sono sempre state ma dobbiamo dare fiducia al mister. Un abbraccio e forza Roma, sempre!”
ANDREA MARI E MATTEO LAGRASTA
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