“La bambina che non voleva cantare”, stasera in tv la storia di Nada su Rai uno

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Di Federica De Candia

Sembra un angelo caduto dal cielo“, è l’inizio della canzone e di quella sera al ‘Sassofono Blu‘. Quando lei incontra lo sguardo di lui, e diventerà per sempre la ragazza dell’Amore disperato. In una notte da lupi in cui stava piangendo. Stasera in tv su Rai uno, il film intitolato “La bambina che non voleva cantare“, sulla giovinezza e gli esordi di Nada. Che prima di scalare le classifiche con gli LP, era una bambina nella campagna livornese nei primi anni Sessanta. Nel suo mondo contadino fatto di nonna Mora, la sorella Miria, il babbo Gino e la mamma Viviana. La storia, anche di dolore, di chi ha lasciato il proprio paese contro la sua volontà, e crescendo, ha sentito il richiamo delle radici e delle persone care.

La regista palermitana Costanza Quatriglio, si è innamorata di questa storia, ispirandosi fedelmente al libro ‘Il mio cuore umano‘ scritto dalla stessa Nada Malanima. Quando suor Margherita scoprirà il talento della bambina per il canto, lei, con l’ingenuità della tenera età, si convincerà che la sua voce ha il potere di far guarire la mamma, interpretata da Carolina Crescentini, da una grave depressione. E canterà solo per questo. La protagonista scelta per il film è Tecla Insolia, giovane cantante di 17 anni, che l’anno scorso aveva partecipato nelle Nuove Proposte di Sanremo. Proprio come Nada, che iniziò la sua avventura musicale a 15 anni, nel 1969. Nel cast de “La bambina che non voleva cantare” stasera in tv, anche Paolo Calabresi, il maestro Leonildo. Romantico uomo, accento toscano, e fuori dal suo tempo, in accordo solo con i tempi musicali. Sarà lui ad impartire lezioni di canto all’adolescente. In una casa dove pare, regnasse la non invitante puzza di broccoli.

LA BAMBINA CHE NON VOLEVA CANTARE – Trailer- Video YouTube

Tutto, o nada de nada

L’era degli zatteroni e delle gonne da figlie dei fiori era finita. Nada Malanima torna negli anni ’80, dopo un lungo periodo di silenzio, con le scarpe coi tacchi e vestiti eleganti. “Non cerco un re di denari, Io cerco un fante di cuori“, la ragazza toscana a furor di popolo, faceva ballare la gioventù bruciata. Con quel suo sorriso sbarazzino, sempre impresso su un volto infantile. Conquistò la vittoria a Sanremo con “Il cuore è uno zingaro“. Quando insieme a Nicola Di Bari, fece volare in alto le parole composte da Franco Migliacci e Claudio Mattone: “Che colpa ne ho, se il cuore è uno zingaro e va..“, e il vecchio vinile non ha più smesso di girare.  

Per le donne del paese (Gabbro, in provincia di Livorno) che curavano la bambina e la mamma malata. A loro, Nada ha sentito l’esigenza di dedicare il libro, come ringraziamento. Perché non aveva più avuto modo di incontrare queste persone, che ormai la vedevano come ‘quella della televisione’. Il suo nome, Nada, significa ‘suono‘ in sanscrito, un segno, un messaggio scritto per sempre in quattro lettere da portare addosso. “Guardando il film mi sono dimenticata di me“, questa la dichiarazione della cantante che si riconosce in Tecla Insolia. L’attrice di “La bambina che non voleva cantare” stasera in tv, dal compito non facile: far vibrare la voce straordinaria, di una bambina divenuta famosa per caso.

https://youtu.be/cbw532vedaQ
Nada – Il re di denari, e Intervista ai familiari- Da YouTube

Stasera in tv la ballata della vita

Correvano gli anni, e si imponevano i miti: Mina la tigre di Cremona, Iva Zanicchi l’aquila di Ligonchio, e Milva la pantera di Goro. Franco Califano era “er Califfo”, e il pulcino di Gabbro era Nada. Una musica senza tempo, quella di un’artista che lavorò con Paolo Conte, Venditti, Cocciante, Baglioni, all’epoca sconosciuti dilettanti. Nada è per tutti, ribelle quanto basta, ragazza che ha insegnato “Cos’è la vita a, a.. Senza l’amore e, e..”. Con quella voce che tiene il rock a passo di danza. E “Basterebbe una carezza per un cuore di ragazza”, così come basta una fiction in una serata qualunque, per ricordare di quando si ballava antiquati e lenti, sulla mattonella che ci teneva più avvinghiati. Era la generazione dei ‘yé yé’, dei ‘ma che colpa abbiamo noi’, e in discoteca, la palla a specchi, girava con le musiche di Nada. Non era un gioco. Ci si credeva, e i sogni hanno resistito al tempo.

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