Il 6 Gennaio 1928 nasce la Befana.
La storia della Befana, una brillante idea, che si rivelò ben presto una geniale arma di propaganda politica. Complice del lavaggio del cervello delle masse. L’ideatore? Un intuitivo dirigente del Pnf…
Quale figura, se non quella della donna-mamma-nonna, dall’aspetto mite, rassicurante, dolce, benevolo, paziente e domestico, poteva ben rappresentare la figura ideale della donna nell’epoca fascista? Una donna il cui ruolo di madre e servitrice della Patria, di Dio e della Famiglia era ben più importante della sua Identità come essere umano, come Donna.
La befana rappresentava la Donna della Patria, devota alla Famiglia, al pater familias (che si presentava come rigido e severo, ma sempre nella ragione), sempre pronta ad allattare i futuri balilla moschettieri, sempre pronta a dispensare consigli, amorevolezza e umanità ai nipotini, futuro della Nazione.
Tutto ciò, nel focolare domestico, tenuto acceso dall’intenso calore del valore morale fascista.
Erano gli anni 20 e tutto questo era consuetudine, giusta consuetudine. Come era giusta la figura del Duce, che imponeva con sfrontatezza la sua figura, la sua forza (la Marcia su Roma, il caso Matteotti e così via). Una figura la sua, che con il seducente sorriso e i denti di uno squalo, racchiudeva in sé tutto quello che era il Fascismo.
Le masse però andavano educate, disciplinate. Come avere tutti i consensi del popolo, se non sfruttando a pieno le debolezze di quell’Italia? Un’ Italia proletaria, contadina, povera, vestita di stracci. Se si vuole avere un’idea della situazione, si osservi un bellissimo quadro del 1922: “La Befana della bambina povera” di Lorenzo Viani, indisciplinato pittore viareggino reduce a quell’epoca della Secessione Romana. Una bambina dalle gambine secche che spuntano da una gonnellina sbrindellata tiene tra le mani, tutta imbronciata, una bambola di pezza cucita da sua madre. La Befana, con lei, non è stata certo generosa.
Mussolini si rivolge così alla povera gente, voleva conquistarla, ammaliarla. Dona un regalo ai bambini, e fa contente le loro madri. Nasce la Befana che a Roma da secoli dormiva nella Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona. Vecchia e piena di verruche, buona da amare.
Da dove viene l’idea?
L’idea era di Augusto Turati, giornalista fedele al regime, direttore de “La Stampa” e amante dei viaggi. Turati all’epoca era segretario del Pnf e lanciò a livello nazionale l’idea.
Il 6 Gennaio 1928 nasce la Befana Fascista, un nuovo pezzo di cultura nazionalpopolare. Le masse vennero sensibilizzate alle donazioni. La raccolta e la distribuzione dei pacchi fu a cura dei Fasci Femminili e della Dopolavoro. Il luogo preposto alla felicità dei piccoli beneficiari, la Casa del Fascio, trasformata in cornucopia di gioia e di abbondanza.
Fu un successo epocale, tanto che, nel 1931, andavano oltre il milione il numero di pacchi raccolti.
Ma a Mussolini non bastava. Voleva accostare il suo nome alla figura della nonnina dispensatrice di doni e bontà: trasformò La Befana Fascista in Befana del Duce.
Il tentativo fu, però, mal riuscito. A molti non suonò bene la forzata relazione tra il pater familias e la nonnetta buona. Così il nome della Befana rimase del Fascismo, fino al 25 luglio, in quanto nei giorni della Repubblica sociale la Befana tornò alle origini.
Fascista, la Befana, lo rimase comunque per il solo inverno 1943-1944. Poi sfilò con i partigiani per le vie di Milano, il 25 aprile.
Sembra una storia finita, quella della Befana fascista. Apparentemente lo è, ma qualcosa è rimasto. Mussolini aveva colto perfettamente l’importanza di quell’immagine per la società italiana. Così la nonna dello stato corporativo mussoliniano diventa una miriade di nonne post belliche disposte e organizzate dalle varie categorie lavorative e sociali.
Ma alla fine ad impossessarsene, a capire l’importanza della Befana e a sfruttare al meglio il suo potenziale ammaliante è la Rai, la figura più materna della Repubblica. Con i suoi “pacchi” rende felici i bambini e tranquillizza e rasserena i genitori…
Ma anche la Rai, come la Repubblica, deve rendersi conto che la Befana (Come Babbo Natale) non esiste. I pacchi sono quell’illusione momentanea della generosità gratuita dello stato che serviamo. Un pò come lo zucchero che genera dipendenza.
Viva la Befana.
Martina Onorati