“Ah, credo che piovesse quel giorno…”. “Forza, vai con la pioggia”. E l’addetto impiegato crea la perturbazione. Una strana e rispettabile agenzia fa rivivere il passato. Il disilluso e romantico Victor, è l’acquirente dell’invitante pacchetto della Time Traveller. “La belle époque” stasera in tv: la macchina del tempo tornerà alla sera del 16 Maggio 1974, quando in un café di Lione, arriva lei, sciantosa, maliarda, la donna della vita.
La mia droga si chiama Fanny
“La belle époque“, film del francese Nicolas Bedos del 2019, ha ottenuto 11 candidature vincendo 3 Cesar, e 3 candidature a Lumiere Awards. L’amore di Victor Drumond (Daniel Auteuil) e Marianne Drumond (Fanny Ardant), dopo tanti anni sembra spegnersi. Lui disegnatore di fumetti disoccupato, all’opposto della tecnologia, è cacciato dal tetto coniugale da lei, psicanalista in cerca di nuovi stimoli. Che pare si manifestino, sotto forma di carica erotica, in François, il migliore amico di suo marito (non sfugge un Karma dei nomi, dove Francois non può che evocare Truffaut). Ma la ditta specializzata, diretta da un istrionico e preciso Antoine (Guillaume Canet), mette in scena il passato con tanto di attori, scenografie e prodigi. Così da sembrare vero, si torna indietro, per far risvegliare “la belle époque“, e la seconda chance. Verso quel periodo in cui “non era orribile essere me“. E il regista, continuando in un intricato gioco d’intrecci, sceglie di far interpretare il ruolo della moglie di Victor da giovane, alla sua attuale vera compagna Doria Tillier. Ma Victor, si innamora dell’attrice pagata per impersonare sua moglie? O si rinnamora del ricordo del suo amore?
L’amore, il vecchio sentimentalismo alla francese, è tornato; grazie alla musa, amante e moglie di François Truffaut, Fanny Ardant. Che egli diresse nei celebri film “La signora della porta accanto“, e “Finalmente domenica!“: in questo abbiamo visto la femme fatale del cinema, amare follemente Trintignant. Con la celebre battuta del film «In Francia il delitto che si difende meglio in tribunale è quello passionale». In occasione della presentazione di “La belle époque” al Festival del Cinema di Roma, l’attrice ha dichiarato di amare questo suo film, tra la nostalgia e Marcel Proust, con la paura per l’erosione dei sentimenti, e la distruzione dei ricordi. La sua Marianne ripete costantemente la celebre frase del Faust di Goethe, «In principio era l’azione»; dell’alchimista mago, sapiente, per Goethe un professore che, nell’atto di tradurre, ama a tal punto la conoscenza, che medita con l’aiuto dello spirito. La stessa frase è ripresa da Freud in “Totem e tabù“.
Un passo indietro nel futuro
Victor torna al look di 45 anni prima: brillantina nei capelli, pantaloni a zampa, le mosse anni 70. E un cenno d’approvazione arriva anche da uno sconosciuto in metrò. Rivedere la ragazza che fu per lui l’amore, amarla daccapo, è possibile grazie al sogno futurista, che però ha tutto l’antico del teatro, delle tragedie greche e del suo pathos. Il regista racconta com’è nato il film: “..una situazione che mi è sembrata sia patetica che comica: ho immaginato un uomo avanti con gli anni litigare con sua moglie, a casa. Lei lo sta criticando per la sua misantropia, la sua incapacità di stare al passo con i tempi.. L’ho visto accendersi una sigaretta, guardare una trasmissione in una vecchia TV di legno e tirare un sospiro di sollievo. Eccolo: un uomo che sta annegando nel presente e si rifugia in un periodo che lo rassicura e lo protegge. Volevo filmare la vertigine che a volte sento intorno a me. Soprattutto perché quest’uomo è nato dal riflesso di alcune persone che mi sono molto vicine e, per alcuni aspetti, da me stesso. Scrivere questa storia è stata una vera avventura anche psicoanalitica“.
Contrariamente a quanto avvenuto nel suo film precedente, “Un amore sopra le righe” (2017), dove è uno dei protagonisti, Nicola Bedos ha preferito stavolta, non partecipare alla pellicola come attore. Rivelando di aver letto online accuse di egocentrismo, e quindi preferendo restare solo dietro la macchina da presa. “Il terrore di innamorarsi attraversa le mie tre opere teatrali e i miei due film“, dice ancora il regista, “E devo anche ammettere di essere attratto dal fascino puramente cinematografico degli anni ’70. Realizzo film che probabilmente andrei a vedere e in cui mi sento a mio agio. Un certo “altrove” visivo e narrativo“.
La belle époque, l’amour, l’amore
Fan accanito di “La belle époque“, dal nome del bistrot dell’incontro, è inaspettatamente Pippo Baudo: “La cosa che più mi ha colpito di questa pellicola così interessante è la sua grande, fantasiosa sceneggiatura – dice il conduttore – che regala una miniera di piccoli particolari e di atteggiamenti d’epoca grazie ai quali rivivere lo spirito degli anni ’70. Io sono da sempre un grande ammiratore di Fanny Ardant, che conobbi assieme a Truffaut quando furono miei ospiti in una trasmissione. È un film molto godibile sul sogno di un personaggio, Daniel Auteuil, che vuole rivivere il giorno più bello della sua vita. Una storia davvero romantica“. Dice Victor nel film: “La prima volta che l’ho incontrata sembrava ubriaca; girava come una palla da bowling tra i tavoli”. E si poteva scappare sotto la pioggia in quel lontano 1974, tra il fumo che non era proibito nei bar.
Federica De Candia Seguici su Google News