Un film sangue e carne. L’unica testimonianza di fatti realmente accaduti, ce la da il cinema: quando Vittorio De Sica nel 1960, della Ciociaria dove era nato, ci porta l’urlo di una madre, lo sguardo terrificato di una figlia. Non si raccontano soltanto i vincitori: stasera in tv “La ciociara“, un Oscar e un’attrice scartata…
Le valigie sul capo e a piedi nudi
“Se fossi religioso, direi che è venuta l’apocalisse, quando appunto si vedranno i cavalli pascolare il grano. Siccome non sono religioso, mi limito a dire che sono venuti i nazisti, il che, forse, è la stessa cosa“. Dalle pagine dell’omonimo romanzo di Alberto Moravia, che lo sceneggiatore Cesare Zavattini riadattò per il film. La vena ironica e il sacro rispetto per la letteratura, questo era Zavattini, tra gli occhiali e il cappello. Con quel suo metodo, valido per tutte le arti, di vedere “attraverso un buco nel muro“. Cogliendo la realtà, ‘senza che chi la vive si accorga d`essere osservato’. Le vicende reali di Moravia, il terribile resoconto degli ultimi mesi di guerra nel Lazio visto attraverso gli occhi di una ex contadina, anche se romanzate per trasformarle in pellicola, hanno conservato tutte le analogie con il crimine di guerra; le cosiddette “marocchinate”, perpetrate dalle truppe franco-marocchine, chiamati i ‘goumiers’, tra gli alleati. Che risalivano l’Italia durante la primavera del ’44. Soldati dai sandali ai piedi, a distinguerli dagli altri con i tradizionali anfibi, che furono fondamentali nella ritirata dei tedeschi, e per questo meritevoli dell’antico ‘diritto di preda’. Una licenza particolare, dal lato oscuro, di saccheggio, e stupro, nei territori liberati.
Nonostante “La ciociara” sia stato un film costruito sulle esigenze della diva Sophia Loren, Vittorio De Sica che ne è il regista, riesce a essere anch’egli scrupoloso con il testo dell’opera. Ne emerge un credibile e incredibile, ritratto degli sfollati e delle loro miserie, in uno dei periodi più drammatici della Storia italiana. Cesira, è una donna del popolo. Gestisce un negozio di alimentari a Roma, ma quando gli alleati bombardano la capitale si rifugia, insieme alla figlia adolescente, nel suo paese d’origine, in Ciociaria. Quando il pericolo sembra scongiurato le due donne tornano a Roma; sarà lungo il cammino, in cui dei soldati marocchini le violentano. “Noialtri in città, prima di mangiare, ci laviamo le mani; loro, invece, poveretti, che avevano camminato tutto il giorno per il fango dei campi, si lavavano i piedi.” Moravia.
Anna Magnani quella sera
Il film sarà prodotto da Carlo Ponti, marito della Loren. Ma originariamente doveva essere una produzione Paramount. E gli americani intendevano affidare la regia a George Cukor. Che rifiutò di girare il film, sostituito da Vittorio De Sica.Cesira doveva essere Anna Magnani, considerata da De Sica la più grande attrice italiana, insieme a Mastroianni, mentre Carlo Ponti voleva Sophia Loren per la parte della figlia Rosetta. Ma il regista era convinto che Sophia con il suo carattere, non poteva interpretare il ruolo della ragazzina violentata. La Magnani rifiutò quando seppe di dover interpretare la parte della madre della Loren, per una marcata differenza fisica legata all’altezza tra le protagoniste, e suggerì a De Sica di far interpretare la parte della madre alla Loren. Così lui sacrificò la parte di Anna. Una sera, la Magnani, incontrò De Sica a cena con il figlio Christian, dopo che non si erano più rivisti ne sentiti, e lei sciolse le titubanze di lui, in piedi per salutarla ma timoroso, con un “Vitto’, te possino...”.
Zavattini riscrisse il soggetto ringiovanendo Cesira, per poterla far interpretare alla Loren, allora venticinquenne, la quale avrebbe dovuto invece avere cinquant’anni. Data la giovanissima età di Eleonora Brown, interprete della piccola Rosetta, sia il regista che la troupe, non le parlarono mai della scena dello stupro. Fingendo che si trattasse di violenza gratuita e percosse. “Dopo la scena della violenza, il regista avrebbe voluto darmi spiegazioni, ma la Loren glielo impedì per salvaguardare la mia fanciullezza. Così come, non voleva che in mia presenza si dicessero parolacce”, racconta la Brown in un’intervista. De Sica per far piangere la giovane, che non era attrice professionista, nella scena della morte di Michele(Jean-Paul Belmondo) le raccontò vicende terribili, come la finta morte dei genitori in America in un incidente d’auto.
I segreti di De Sica
A Eleonora Brown era stato vietato anche di leggere il copione. E veniva a conoscenza delle battute giorno per giorno. Lei all’epoca delle riprese aveva 12 anni, e ricorda Sofia che le regalò un minigiradischi. Mentre De Sica per farle avere quel famoso sguardo, posizionò dietro la telecamera un bastone con attaccato un foglio di carta bianca ed al centro un puntino nero che doveva fissare mentre lui lentamente spostava il bastone. “Lei mi guardava con gli occhi spalancati, senza dir parola né muoversi, con uno sguardo che non le avevo mai visto prima, come di un animale che sia stato preso in trappola e non può muoversi e aspetta che il cacciatore gli dia l’ultimo colpo”. Così scriveva Moravia. L’Oscar come miglior attrice protagonista per “La Ciociara“, consacrò la Loren nell’Olimpo del cinema internazionale. E i festeggiamenti passarono anche per le cittadine del basso Lazio, le location scelte per le riprese. Che in un inno di gioia cumulativa, si fecero percorrere da un brivido d’eccitazione mondana.
La Chiesa allora sconsacrata di San Francesco d’Assisi a Fondi venne usata per le scene di interni dello stupro. De Sica, in accordo con Moravia, voleva girare la famosa inquietante scena, nella chiesetta di Vallecorsa (esterni e interni), scenograficamente più adatta. Il vescovo di Veroli, da cui dipendeva, ‘per immoralità degli autori del film’ (De Sica-Ponti-Moravia), non concesse però il permesso di girare all’interno. Quindi solo l’esterno è di Santa Maria delle Grazie in Via San Francesco a Vallecorsa (FR). Dopo la violenza subita, Sophia esce per gridare “Pace, pace, voi parlate di pace, guardate questa figlia è peggio che morta”. Quando la jeep riparte, la Loren gli tira dietro una grossa pietra urlando “figli di mign…”, e la scena è filmata sulla Strada Provinciale Sperlonga-Itri (Sperlonga, Latina). Si girerà anche alla stazione Tiburtina di Roma, a Cerveteri, Sermoneta, Saracinesco. La strada dove la Loren e Belmondo, scendono in paese per parlare con l’avvocato e prendere provviste, e incontrano una donna (Antonella Della Porta), psicologicamente instabile, provata dalla morte del figlio da parte dei tedeschi, che offre loro del latte dal seno materno, è Corso San Gennaro a Itri (LT).
Vivere dove le latrine non ci sono
Nel romanzo di Moravia, prende il nome di Sant’Eufemia, come nel film di De Sica, ed era Sant’Agata, un villaggio montano di pastori ciociari nel territorio di Fondi (LT). Dove realmente fu sfollato lo scrittore romano con la moglie Elsa Morante tra il settembre 1943 e il maggio 1944, (ancora oggi è possibile visitare la casa dove fu ospitato dalla famiglia Marrocco-Mirabella). Nel romanzo, l’alimentari di proprietà di Cesira si trova a Trastevere, in Vicolo del Cinque. Nel film lo troviamo sempre nello stesso rione romano, ma in Via Giulio Cesare Santini (già Via dei Genovesi), proprio all’angolo con Via Giggi Zanazzo. Il negozio fa parte del “Puff“, lo storico locale di Lando Fiorini. Cesira dopo il bombardamento iniziale, esce dal negozio di alimentari e si reca dal carbonaio Giovanni (Raf Vallone), amico del marito e suo amante. I due hanno un lungo colloquio, nel quale la donna rivela l’intenzione di lasciare Roma, insieme alla figlia Rosetta. I due amoreggiano appassionatamente nel locale che all’epoca era una vera bottega di carbonaio. Oggi parte del già citato “Puff“, e proprio quella porta è l’uscita di sicurezza del locale.
“Quel film mi cambiò la vita: da maggiorata fisica, come si scriveva, diventai un’attrice. Merito di Vittorio.. ‘Devi avere fiducia in me ‘, mi scrisse in un telegramma. Avevo 25 anni, mi sembrava una cosa troppo grande quasi svenivo dall’emozione. Ma accettai…“. Perché, quella della Loren, fu la prima interpretazione nella lingua diversa dall’inglese a venir premiata. Un riconoscimento epocale, unico, che solo Marion Cotillard è riuscita a replicare, con la sua Édith Piaf in “La Vie en Rose“.
La ciociara in vestaglia
“Cominciai a leggere le prime pagine, non mi staccai più, lo finii tutto di un fiato“, disse Sophia del romanzo di Moravia. “Mi riportava le immagini della guerra che avevo vista io, tra Pozzuoli e Napoli, mi fece rivivere dei momenti che credevo di aver dimenticato. Gli stessi ricordi che io poi avrei tenuto presenti durante le riprese: I bombardamenti, quando si doveva dormire fuori casa, su materassi buttati là. Mi fece ricordare i camion dei tedeschi che passavano cantando. E poi, dopo l’arrivo degli Alleati, i marocchini che si erano sistemati nel cortile della casa dove abitavamo io mia madre e mia sorella. Ballavano battendo il ritmo sui piatti di stagno. Dormivano per terra, e quando si rincasava dovevamo passare sopra i loro corpi, attente a non urtarli. Vivevamo nello spavento. Ci dicevano che non ci avrebbero fatto nulla, ed era vero, con loro c’era sempre il comandante che li sorvegliava, ma avevamo paura lo stesso“.
Pare che quella notte del 10 Aprile 1962, Sophia Loren fosse andata a dormire, vuoi per il fuso orario, o per scaramanzia, quando Burt Lancaster l’annunciò come vincitrice dell’Oscar per “La ciociara“. Battendo anche Audrey Hepburn con il suo celebre “Colazione da Tiffany“. Una telefonata da Hollywood nel cuore della notte, svegliò l’attrice, seppur insonne, e il produttore Carlo Ponti. E l’imminente intervista registrata di Lello Bersani, che si precipitò al cospetto dei due per raccogliere le prime emozioni, non venne trasmessa subito dalla RAI perché la coppia non era ancora sposata e scandalosamente in vestaglia.
Federica De Candia Seguici su Google News