La competizione ha un ruolo fondamentale nel “sabotaggio” dell’organizzazione dei lavoratori per per chiedere maggiori diritti e garanzie e attacca la salute mentale di tutti. La situazione non è delle più semplici ma cercheremo di tratte delle somme.
Anzitutto consideriamo che la classe operaia nel capitalismo non è una classe coerente. Dal Marxismo, aggiornato ai nostri giorni, apprendiamo che si tratta di una frammentata, un amalgama di individui che cercano di sopravvivere. Spesso abbiamo pensato che ci voglia la politica per cambiare le cose. Allora perché i lavoratori – la classe maggioritaria all’interno del capitalismo e indispensabili al suo funzionamento – hanno trovato così difficile unirsi e sfidare il sistema che li sfrutta?
Nel 1993, Howard Botwinick, un attivista sindacale di lunga data, ha esplorato un aspetto cruciale di questa questione. La rivista Jacobin analizza il libro Persistent Ineequality: Wage Disparity Under Capitalist Competition. Botwinick va oltre le disuguaglianze tra capitale e lavoratori. Nel suo libro sostiene che le persistenti disuguaglianze all’interno della classe operaia siano anche
Botwinick:
“pietre d’inciampo chiave nello sviluppo di un movimento operaio unificato all’interno degli Stati Uniti”.
All’interno dell’ottica capitalista, un fattore chiave che frena intrinsecamente le pratiche commerciali avide è la concorrenza. Quando ci sono molti concorrenti all’interno di un settore, le aziende devono lavorare per generare un prodotto di qualità. In ottica capitalista liberale si vuole quindi mantenere bassi costi di produzione e addebitare prezzi ragionevoli per competere per i clienti. Quando il capitalismo funziona in modo efficiente è guidato dalle forze economiche della domanda e dell’offerta. Quindi: quando le scorte sono abbondanti, i prezzi scendono. Quando scarseggiano, l’aumento della domanda costringe i prezzi a salire. A quel punto, le aziende tendono ad aumentare la produzione. Questo ovviamente per trarre vantaggio dall’aumento dei prezzi, ma quando il prodotto inonda il mercato, i prezzi scendono di nuovo.
Il ruolo della competizione nell’economia: la concorrenza
Si rende necessario invertire il rapporto storico tra concorrenza e monopolizzazione. Botwinick sostiene che l’attuale era del capitalismo è caratterizzata da un’intensificazione della concorrenza. Si tratta di questa competizione capitalista: essa struttura e riproduce la frammentazione della classe operaia. In questo quadro è necessario rilevare la pressione dei lavoratori disoccupati alla disperata ricerca di lavoro, inquadra un’economia politica dei mercati del lavoro capitalisti.
In un’ottica liberale la concorrenza è un ingrediente chiave del capitalismo: tiene sotto controllo l’avidità delle aziende e incoraggia prezzi competitivi e una gestione responsabile affinché un’azienda rimanga redditizia. Infatti uno dei tratti distintivi del capitalismo è che è dominato da un libero mercato in cui le aziende sono autorizzate a dettare i prezzi e le spese per la produzione e le spese generali sono controllate dagli imprenditori. Le società pubbliche sono tenute ad avere un consiglio di amministrazione che fornisca guida e supervisione, ma per il resto non ci sono fattori limitanti. Le aziende sono libere di prendere decisioni che aumenteranno i profitti e determineranno come tali profitti vengono utilizzati.
Intanto, mentre Botwinick si avvia verso la conclusione del suo lavoro ricco di sfumature, parla del dilemma di oggi. Si chiede:
Botwinick
“Come possiamo ricostruire sia la sinistra che il movimento operaio in modo che possano lavorare in tandem per ricostruire quei [sindacati militanti] e altre istituzioni di classe che ci permetteranno finalmente di riorganizzarci e alla fine andare oltre il capitalismo?”
Qui è coinvolto qualcosa di molto più complesso del doppio mercato del lavoro, sostiene Botwinick, e la chiave sta in una comprensione più ricca di due caratteristiche centrali del capitalismo: la concorrenza pervasiva e i bacini di lavoratori disoccupati. A perderne sono anche alcuni imprenditori: quando gli imprenditori con una nuova grande idea non sono in grado di competere con concorrenti più grandi, cosa avviene? Che falliscono o le loro invenzioni vengono acquisite da aziende più grandi. Sotto questo aspetto, le forze del mercato possono servire a inibire piuttosto che stimolare nuove innovazioni.
La competizione e la salute mentale
Si dice che un po’ di competizione può spingere le persone fuori dalla loro zona di comfort e aiutarle a raggiungere i loro obiettivi. Che cosa succede, tuttavia, quando la concorrenza diventa eccessiva? Può contribuire a molti problemi e quali? È sempre bene avere una sana competizione in quanto incoraggia e motiva a fare meglio. Il burnout, d’altra parte, è disastroso e ti spinge giù per la scala del successo.
L’ideale sarebbe lavorare insieme per raggiungere gli obiettivi. Spesso per, nella contemporaneità, lavorare insieme può diventare terreno competitivo. Perchè? Ognuno di noi ha visto come possono nascere queste dinamiche le relazioni, soprattutto quando si lavora insieme a un progetto. I gruppi di studio nelle università e i team di lavoro possono alimentare rapidamente un’atmosfera competitiva ostile tra i partecipanti. Quando la competizione si scalda, è più probabile che le persone adottino atti che impediranno agli altri di “vincere”.
Secondo alcune ricerche dell’India Mental Heath Magazine, il sabotaggio aumenta in modo significativo quando la cooperazione lascia il posto alla competizione. Queste azioni sono distruttive e controproducenti perché hanno un impatto sia sulla persona che fa il danno che sulla vittima dell’ingiustizia. Le priorità degli individui cambiano a causa dell’intensa rivalità. Invece di lavorare sodo per raggiungere il proprio obiettivo, iniziano a concentrarsi sull’impedire agli altri di raggiungere ciò di cui sono capaci. Ma se la competizione diventa sabotaggio smette di avere anche solo un briciolo di utilità e le strategie diventano meno efficaci ficnhè il tempo necessario per completare il un qualsiasi lavoro aumenta.
Come uscirne?
Qualsiasi strategia della classe operaia deve partire dalla comprensione che la “competizione” non è un obiettivo che i lavoratori condividono. Direi che si tratta piuttosto un vincolo del mondo reale che i lavoratori devono subire. La competizione porta ad un miglioramento in senso liberale, ma frena la nascita di una società che lo sostituisca con una pianificazione democratica per un uso sociale egualitario.
Dal momento che non possiamo, per ora, eliminare la concorrenza un’alternativa per limitare l’impatto debilitante della concorrenza sarebbe quella di lottare per ritagliarsi alcuni spazi all’interno della società dove la solidarietà possa essere un fattore chiave. Oltre ad affidarsi alle tutele già prodotte dallo stato, come i sindacati.
Non possiamo elaborare strategie senza comprendere appieno ciò che stiamo combattendo, e non possiamo rinnovare il sistema di diseguaglianze portato dalla competizione. Almeno, non senza la creazione di una forza sociale e di un’agenzia che guidi la critica. Per andare oltre è necessaria una classe politica volta al benessere dei cittadini. Serve che la politica comunichi col sindacato e che questo ritorni ad essere un’organizzazione specificamente focalizzata al compito di tutelare il lavoro. Botwinick riconosce l’impasse della sinistra a questo proposito. Ma è necessario riconoscere l’impatto che la competizione ha sui diritti dei lavoratori, sull’ambiente, sulla salute mentale. Siamo sicuro che sia questo il progresso che vogliamo ottenere?