La grana rimborsi del M5S

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Di Redazione Metropolitan

Ammonterebbe a più di un milione di euro la somma dei finti rimborsi di alcuni politici del Movimento 5 Stelle al Fondo per le Imprese.

Tutto è nato con un servizio delle Iene in cui un ex militante grillino ha accusato i parlamentari Andrea Cecconi e Carlo Martelli di aver effettuato finti rimborsi al fondo. La tecnica era questa: sulla piattaforma tirendiconto.it i parlamentari pubblicavano la ricevuta del bonifico, ma annullavano subito dopo l’operazione. Intervistati dalla Iena Filippo Roma, i due avevano promesso chiarimenti, ma non sono mai arrivati.

Su tutte le furie il capo politico del Movimento, Luigi Di Maio, il quale promette di fare pulizia delle “mele marce” e, sul suo profilo Facebook, posta l’immagine di un incontro con la Iena nel quale mostra i suoi bonifici al microcredito per una somma di circa 150.000 euro.

«Alcuni portavoce hanno violato le nostre regole e non hanno donato tutto quello che avrebbero dovuto. Un tradimento dei nostri principi e della fiducia dei nostri iscritti. Per questo saranno cacciati dal Movimento e si sono impegnati a rinunciare all’elezione. La stragrande maggioranza dei nostri portavoce hanno ottemperato gli impegni presi e infatti nel fondo per il microcredito ci sono oltre 23 milioni di euro» – ha scritto come commento al post, aggiungendo anche di aver chiesto al MEF l’elenco completo dei bonifici per verificare gli altri parlamentari coinvolti.

La pulizia promessa da Di Maio, tuttavia, non è così semplice. Nonostante eventuali promesse di dimissioni, le liste sono chiuse e gli eletti “epurati” dovrebbero superare una trafila farraginosa per abbandonare il loro posto. Sempre che lo vogliano.

Gli attacchi di Renzi e Pizzarotti

Sul web le truppe pentastellate si dividono tra chi parla di complotto e chi appoggia le espulsioni.
Matteo Renzi: ospite a Otto e Mezzo, passa all’offensiva: «non si tratta di mele marce ma di un’ortofrutta» – aggiungendo che il M5S è «come l’Arca di Noè, sta imbarcando tutti».  

Attacca anche Federico Pizzarotti: «L’arma della rendicontazione è stata usata in diversi casi contro chi non aveva una visione allineata con il vertice e in alcuni casi verso chi era uscito dal movimento per motivi diversi. Un modo per dire ‘è puro chi restituisce, gli altri non hanno dignità’. È l’epilogo di cose che ho detto più volte: l’onestà si misura non a parole, ma con i fatti»

Sebbene non previsto da alcuna legge, la restituzione di circa metà dello stipendio è stato da sempre uno dei principali cavalli di battaglia del Movimento. Se la faccenda venisse confermata, sarebbe l’ennesima falla nell’operazione di selezione della classe dirigente operata dal M5S. Il sistema dei meet-up, funzionale sul locale, non riesce ancora a far breccia sul piano nazionale. Il tour-de-force elettorale di Di Battista e dello stesso Di Maio è la prova delle difficoltà di radicalizzazione su un territorio più ampio da parte dei candidati sconosciuti ai più. Per questo il Movimento è ricorso alla cooptazione di elementi di spicco dalla società civile da essere inseriti nei collegi uninominali.

Nonostante quest’altro intoppo, nei sondaggi il M5S è il primo partito. L’ultima rilevazione pubblicabile prima dello stop previsto per legge è attesa per venerdì.  Vedremo se “rimborsopoli” avrà degli effetti.