Il regista Paolo Sorrentino, conosciuto anche all’estero con “Il divo” (premiato a Cannes) o “This must be the place“, riceve una grande risonanza grazie l’Oscar vinto nel 2014 con il film “La grande bellezza“. Paragonato per analogie al film di Fellini “La dolce vita“, il film di Sorrentino si fa carico di significati e simbolismi differenti, per questo, per comprenderlo al meglio è opportuno analizzarli.
La pellicola segue una costruzione paratattica, ovvero frammentata, come se non ci fosse uno sviluppo lineare e un’evoluzione nella narrazione. La vera protagonista del film è Roma con i suoi eccessi, ma carica di storia sia contemporanea che del passato classico. Tra sacro e profano si dipanano le avventure di Jep Gambardella (Toni Servillo), un navigato giornalista di costume e critico teatrale, un uomo affascinante, impegnato per lo più a vagare tra gli eventi mondani. Nonostante gli apprezzamenti e i premi ricevuti, Gambardella non ha più scritto altri libri, non solo per sua pigrizia, ma soprattutto per un blocco creativo da cui non riesce a uscire. Da qui c’immergiamo nelle vicende che accadono nella sua vita in un susseguirsi tra apparizioni e bizzarri personaggi.
Analisi critica del film “La Grande Bellezza”
La prima cosa che vediamo a inizio film è una citazione tratta da “Viaggio al termine della notte” di Louis-Ferdinand Céline, una prima introduzione a quello che sarà il leitmotiv in questo film.
“Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato, è un romanzo, nient’altro che una storia fittizia.”
Questo perché nel corso della pellicola spesso ci si domanda cosa sia reale e cosa sia immaginario o frutto di un sogno, diventando difficile stabilirlo. Vediamo apparizioni inspiegabili come quella della giraffa, ma anche dei fenicotteri, dei monumenti, della ragazza amata presente nei ricordi. Tutto il film è una ricerca della bellezza che sembra irraggiungibile, persa nell’orrore, morta nelle chiacchiere quotidiane e nello smarrimento dei valori.
“La Grande Bellezza” e la rappresentazione del decadimento
“La Grande Bellezza” è un film che affronta temi come l’amore e la morte. Stefania, Ornella e Ramona, sono donne che si legano a Jep e rimandano alla spensieratezza, a un’autenticità dolorosa. Ma nessuna di loro è Elisa, il grande amore del passato, l’immagine dell’innocenza a cui lui si aggrappa. Così come il senso di morte dilaga attraverso vari riferimenti: dalla prima frase che leggiamo incisa sul marmo “ROMA O MORTE“, alla morte di Ramona, a quella di Elisa o al suicidio del figlio di Viola.
È uno spettacolo quasi raccapricciante dove l’uomo si rende una caricatura di se stesso e veicolo del mondo che rappresenta. Da icone dello spettacolo come Serena Grandi a artiste d’arte contemporanea sono tutti personaggi apparentemente diversi, ma accomunati dalla passività con cui affrontano l’esistenza. Si trovano infatti a essere spettatori, bloccati nelle proprie azioni da uno spettacolo troppo bello o orribile a cui si trovano ad assistere. Jep in questo marasma di eventi spicca su tutti gli altri in quanto prova ancora una leggera partecipazione umana alla vita. Diventa così una possibilità in un mondo sempre più alienato.
Francesca Agnoletto