Scoppiata negli Usa, la Guerra delle Statue ha mietuto, tra le sue vittime, anche Cristoforo Colombo. La colpa del navigatore sarebbe quella di aver sterminato i nativi americani che trovò sulla sua strada. Ma non staranno esagerando?

I danni alla statua di Cristoforo Colombo per la Guerra delle Statue credits: La Stampa

L’hanno chiamata Guerra delle Statue perché è contro di esse che si è scatenata l’insofferenza, prima, e la violenza, poi. Potrebbe sembrare un argomento di una rubrica in stile Hotel America di Vittorio Zucconi, una di quelle storie da raccontare perché di quei casi in cui la realtà supera la fantasia. Oppure così particolari da apparire strane e lontane a chi non vive negli Usa.

Eppure questa “guerra” sta alimentando la tensione negli Usa per i monumenti rimossi dei generali confederati, sia sudisti che schiavisti, della Guerra di Secessione. Perché la differenza molte volte la fanno i numeri e la diffusione. Questo fenomeno, infatti, si sta diffondendo. Sembra che rimuovere queste statue sia diventato necessario. Sono simboli che inneggiano alla supremazia dell’uomo bianco, del colonialismo, del razzismo: bisogna eliminarli.

Le vittime della Guerra delle Statue

Le vittime sono molte e anche illustri. Almeno dal punto di vista storico. Tra di esse un nome a noi molto caro: Cristoforo Colombo, colui che ha scoperto l’America nel lontano 1492.

Il navigatore genovese sterminò i nativi americani che trovò sulla sua strada. Crimine commesso non sulla terraferma degli Stati Uniti di oggi, ma a San Salvador, nelle odierne Bahamas. Le statue raffiguranti Colombo sono di conseguenza finite nel mirino in tutti gli Stati Uniti. Da oggi sono considerate simboli razzisti, alla stregua di quelle degli eroi sudisti, che diverse città hanno cominciato a eliminare. 

L’elenco dei monumenti vandalizzati è lungo: distrutte statue a Yonkers, Detroit, Baltimora, Lancaster, Columbus, San Jose e la lista prosegue. Tra le fila dell’esercito della Guerra delle Statue troviamo anche il sindaco De Blasio. Secondo lui bisogna abbattere il monumento di Columbus Circle in quanto discriminatorio.

Il sindaco di New York De Blasio credits: Corriere dello Sport

In onore della Guerra delle Statue verrà sacrificata anche la festa nazionale del 31 agosto, il famoso Columbus Day. La città di Los Angeles ha annunciato che al suo posto verrà istituito l'”Indigenous and Native People Day”, ossia la festa dei pellerossa o indiani d’America.

Protesta la Farnesina che dice che la “Scoperta dell’America è patrimonio dell’umanità”. 

Guerra delle Statue: inutile esagerazione del politically correct?

Siamo di fronte a un movimento contro il suprematismo bianco. Inizialmente si limitava ai monumenti di generali e soldati confederati nel Sud degli Stati Uniti, che poi si è esteso in tutti gli Stati Uniti. Un movimento che prende di mira i “simboli d’odio e di divisione razziale” tra i quali anche Cristoforo Colombo.

Certo sembra strana questa Guerra delle Statue: colpisce i simboli e non le persone. Anche perché stiamo parlando di personaggi storici morti almeno da un secolo. Se non molto di più. Vedere le immagini di persone che buttano giù statue riporta alla mente la fine del fascismo in Italia o la fine del regime di Saddam Hussein. Però in quei casi si trattava della fine di una supremazia politica o militare e dell’inizio di un nuovo corso. In questo caso non c’è alcun nuovo corso negli Usa. Almeno stando alle notizie che arrivano da Charlottesville o sulel condizioni e le lotte dei nativi americani.

Alla fine dei conti, questa sembra tanto una guerra inutile, in cui a vincere è un esagerato politically correct e che non potrà avere che risultati superficiali e di facciata. Non si può certo fare giustizia di problemi odierni buttando giù delle statue. E non si può certo combattere l’odio con altro odio.

Federica Macchia