Il nobile inglese George Edward Stanhope Molyneux Herbert, quinto conte di Carnarvon, aveva un desiderio: fare una scoperta sensazionale in Egitto. Quando il 1º novembre 1922 Howard Carter, da lui incaricato a scavare nella Valle dei Re, prese una decisione rischiosa, lui scelse di assecondarlo. L’archeologo britannico, infatti, fece spostare il campo di scavo dinanzi all’ingresso della tomba KV9 di Ramses VI, faraone della XX dinastia. Si trattava di un settore di forma triangolare dove aveva già lavorato parecchi anni prima. Proprio in quest’area, il 4 novembre 1922, Carter rinvenne il primo gradino di una scala di accesso a un ipogeo. Era il principio di una delle più grandi scoperte della storia contemporanea.
Il giorno successivo venne portata alla luce l’intera scala; si continuò a lavorare ininterrottamente fino al 29 novembre, quando la tomba fu del tutto dischiusa. A fine dicembre si estrasse il primo oggetto dall’anticamera (una scatola dipinta), ma si dovette attendere fino al 16 febbraio 1923 per l’apertura ufficiale della camera funeraria di Tutankhamon.
La scoperta della Tomba di Tutankhamon: la mummia del faraone
All’interno della KV62 furono trovate tre mummie, quella del re e quelle di due feti di sesso femminile, probabilmente figlie del sovrano. Nella camera funeraria, il sarcofago in granito, celato e protetto da una serie di cappelle in legno ricoperto d’oro, conteneva a sua volta tre sarcofagi antropomorfi. All’interno di essi si trovava il corpo mummificato di Tutankhamon. Il capo era ricoperto da una maschera d’oro; dello stesso materiale le due lamine che riproducevano le mani che impugnavano due scettri. Sulla testa, inoltre, c’era una coroncina che riproduceva le dee protettrici (Nekhbet e Uto), e cartigli. Gli scopritori estrassero oltre centocinquanta amuleti e gioielli tra i vari giri di bende; particolarmente interessanti, due pugnali con fodero in oro.
La mummia aderiva alla cassa a causa degli unuguenti solidificati, che rendevano impossibile rimuoverla senza recarle danno. Dopo un tentativo da parte di Carter di sollevare la salma con delicatezza, si passò alle maniere forti, usando dei coltelli arroventati che la ruppero in varie parti. Si stabilì l’altezza della mummia, 163 cm, che doveva avere tra i diciassette i diciannove anni al momento del decesso. Dai rilevamenti, s’ipotizzò per lui una morte violenta.
La maledizione del faraone
La figura del giovane re, naturalmente, destò curiosità e fu da subito al centro di chiacchiere e congetture. Tra le varie leggende sorte intorno a lui, la più famosa riguarda la “Maledizione di Tutankhamon”. A fomentare la convinzione che la spedizione fosse destinata a soccombere di fronte ad essa fu la stampa, che prese a inventare particolari fantasiosi e privi di conferma. La morte di Lord Carnarvon, avvenuta pochi mesi dopo l’apertura della tomba, non fece altro che alimentare le voci. Per molti, dunque, un maleficio incombeva su tutti i partecipanti alla spedizione; venne addirittura inventata di sana pianta un’iscrizione, per la quale «la morte verrà su agili ali per colui che profanerà la tomba del Faraone», mai esistita.
A far circolare ulteriormente le dicerie fu Sir Arthur Conan Doyle. Il padre di Sherlock Holmes attribuì la morte di Carnarvon a marchingegni inventati dai sacerdoti egizi per proteggere la tomba: «La causa immediata della sua morte fu la febbre tifoide, ma questo è il modo nel quale gli ‘elementi’ (maledizioni) che proteggevano la mummia potrebbero agire.». La causa della scomparsa del nobiluomo, in realtà, fu del tutto naturale: venne infatti punto sul viso da una zanzara e, radendosi la barba, per errore, si tagliò in prossimità della ferita che s’infettò, provocandogli una fatale polmonite. Tutte le altre persone presenti agli scavi perirono diversi anni dopo; la figlia fi Carnarvon, Lady Evelyn, che partecipò attivamente alle fasi iniziali della scoperta, morì nel 1980, a settantanove anni, mentre il medico D.E. Derry, che eseguì la prima autopsia sul corpo di Tutankhamon, si spense a poco meno di novant’anni. Solo sei su ventisei presenti all’apertura del sarcofago perirono nel decennio successivo; un po’ pochini per rendere il mito del faraone vendicativo credibile.
Federica Checchia
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