La plastica è per definizione un materiale artificiale ottenuto dalla lavorazione del petrolio che, in determinate condizioni di temperatura e pressione, subisce variazioni permanenti di forma. Parafrasando, è la causa di uno dei più grandi problemi ambientali dei nostri tempi.
L’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per la protezione dell’Ambiente, ha stimato in 335 milioni di tonnellate la quantità di plastica prodotta ogni anno nel mondo. Negli anni ’60 si parlava di 15 tonnellate/anno.
Un incremento notevole se si considera inoltre che solo il 20% del totale è destinato al riciclo. La restante parte, termina il proprio ciclo di vita in discarica o in ambiente. Otto milioni di tonnellate è invece la quantità totale di plastica che ogni anno raggiunge i mari del mondo, per rimanere poi intrappolata dalle correnti oceaniche. Questa forma, alle volte, delle vere e proprie nuove isole di immondizia.
Isole di immondizia
È il caso del Great Pacific Garbage Patch, l’isola di plastica che si è creata tra California e Hawaii con un’estensione pari a 3 volte la Francia. A partire dagli anni ’80, l’accumulo di plastica in questa regione è stato favorito dal North Pacific Subtropical Gyre, una corrente oceanica nel Nord Pacifico, che, ruotando in senso orario, ha permesso l’aggregazione dei detriti trasportati verso il proprio centro senza possibilità di vie di fuga.
Altre isole di plastica sono attualmente in formazione, la loro collocazione geografica è stata mappata, nel Luglio del 2014, dalla rivista scientifica americana PNAS.
Per quanto riguarda il Mar Mediterraneo, ogni anno è stimato siano riversate in acqua circa 100.000 tonnellate di plastica provenienti da diverse fonti.
In ordine di importanza:
- le città costiere (50%)
- gli input fluviali (30%)
- le rotte commerciali di navigazione (20%).
Nel particolare, tra i fiumi, il maggior contributore è rappresentato dal Nilo (6.8%). Tra le città costiere è Alessandria d’Egitto a detenere il triste primato (2.2%). In Italia, il fiume Po si colloca al decimo posto della Top 10 con l’1.4% di apporto annuale di plastiche riversate nel Nord Adriatico. Tra le plastiche accumulate in mare, le più pericolose sono le microplastiche. A causa delle loro ridotte dimensioni possono entrare nelle catene alimentari, alterando l’ecosistema del mare e rilasciare sostanze chimiche nocive.
Si pianificano soluzioni ma serve di più
Diverse iniziative sono state messe in atto per far fronte a quello che è ormai un problema mondiale. Sono stati adottati degli strumenti normativi, organizzate delle campagne di sensibilizzazione, studiati dei sistemi innovativi di riciclo, sperimentati materiali alternativi e ridisegnati imballaggi usa e getta.
L’8 Settembre è salpata da San Francisco la prima imbarcazione di Ocean Cleanup, una start up non profit olandese che si propone, utilizzando dei tubi galleggianti di circa 2km di lunghezza, di raccogliere in 5 anni metà delle plastiche accumulate nel Great Pacific Garbage Patch, riciclando al tempo stesso i rifiuti raccolti.
A livello nazionale una iniziativa degna di nota è il progetto LifeGate PlasticLess, sostenuto da Volvo Car Italia in collaborazione con Lifegate. Oggi è stato sviluppato e installato in diversi porti di Italia, un Seabin, ovvero un cestino galleggiante ancorato in superficie ad un pontile che, sfruttando in modo naturale le correnti e i venti, può convogliare al suo interno fino a oltre 1.5 kg di plastiche e microplastiche al giorno. Il materiale raccolto può poi essere riciclato e riutilizzato.
E tu? Cosa stai facendo nel tuo piccolo per aiutare a combattere questa battaglia?
Rita Lecci
Bibliografia e approfondimenti:
http://www.pnas.org/content/111/28/10239https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-319-71279-6_6https://www.theoceancleanup.com/https://www.lifegate.it/persone/iniziative/plasticless