Il 4 marzo la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha presentato la proposta di una direttiva sulla trasparenza salariale per garantire che nell’Unione Europea donne e uomini ricevano la stessa retribuzione per uno stesso lavoro. La proposta verrà ora discussa dal Parlamento Europeo, e poi passerà all’esame del Consiglio dell’Unione, cioè dei governi dei singoli stati membri, che potranno anche decidere di non accoglierla.

La proposta della Commissione Europea

La Commissione propone che i datori di lavoro con almeno 250 dipendenti debbano rendere pubbliche all’interno della loro organizzazione le informazioni sul divario retributivo tra donne e uomini, e che a fini interni dovrebbero fornire informazioni sul divario retributivo tra donne e uomini che svolgono lo stesso tipo di lavoro. Nella proposta si dice anche che se risulta un divario retributivo di genere di almeno il 5 per cento e se il datore di lavoro non è in grado di giustificare tale divario in base a fattori oggettivi neutri dal punto di vista del genere, i datori di lavoro dovranno rivalutare le retribuzioni, in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori.

Commentando la proposta, von der Leyen ha detto che «lo stesso lavoro merita la stessa retribuzione, e per la parità di retribuzione è necessaria la trasparenza. Le donne devono sapere se i loro datori di lavoro le trattano in modo equo. In caso contrario, devono potersi opporre e ottenere ciò che meritano».

Il diritto alla parità di retribuzione per uno stesso lavoro tra uomini e donne è un principio fondante dell’Unione Europea sin dal trattato di Roma del 1957, ma ancora oggi è in buona parte non applicato. Nonostante ci sia una direttiva del 2006, rafforzata nel 2014 da una raccomandazione della Commissione, che impone al datore di lavoro di assicurare la parità della retribuzione tra lavoratori e lavoratrici, secondo i più recenti dati di Eurostat il divario retributivo di genere nell’Unione Europea è pari al 14,1 per cento.

Giulia Di Maio