“La stangata”: il “pacco” del secolo questa sera in TV

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Di Redazione Metropolitan

Sono passati quasi cinquant’anni, qualcuno ci ha provato (Soderbergh, Spielberg) ma ci è solamente arrivato vicino: “La stangata” rimane ancora il miglior con-movie della storia del cinema.

Johnny Hooker (Robert Redford) e Luther Coleman (Robert Earl Jones) sono due piccoli imbroglioni della Chicago anni 30 che hanno appena truffato l’uomo sbagliato. I soldi di cui si sono impossessati appartengono infatti Doyle Lonnegan, un potente boss irlandese della mala newyorchese. Il malavitoso non può permettersi di fargliela passare liscia, e Luther ci rimette la pelle, mentre Johnny è tampinato da killer e poliziotti corrotti al soldo del boss.

“La stangata”: due irresisitibili imbroglioni

Come da suggerimento dell’amico deceduto, decide di mettersi in affari con Henry Gondorff (Paul Newman), truffatore di alto livello in fuga dalla FBI. I due decidono così di mettere in scena una truffa eccezionale proprio ai danni di Lonnegan, per ripulirlo di quanti più soldi possibile e vendicare la morte di Luther. Sono stati scritti fiumi di bell’inchiostro sulla pellicola del 1973 diretta da George Roy Hill, e non una parola, a distanza di quasi mezzo secolo, risulta sbiadita.

Pellicola totale, capace di piegare un contesto, quello della Chicago anni 30 assuefatto dal gangster movie e adattarlo meravigliosamente alla vicenda di due irresistibili imbroglioni che alla pistole preferiscono l’inganno, alla violenza la furbizia, ai “colpi” la costruzioni di complicatissime trame truffaldine, alla mera ostentazione un certo qual romanticismo di fondo. Il tutto sullo sfondo di una ricostruzione certosina e accuratissima di un mondo peculiare e inevitabilmente affascinante e unico. Johnny scialacqua seduta stante il malloppo soffiato al gangster all’inizio, Henry vive nascosto in un minuscolo parco-giochi/bordello che gestisce con la socia Billie (Eileen Brennan).

“La stangata”: pacchi a ritmo di rag-time

Due interpreti eccezionali e perfettamente bilanciati nel loro rapporto mentore scafato/ allievo talentuoso e naif. L’impressione imperitura e contagiosa è che Newman e Redford si siano divertiti un mondo a gigioneggiare nei panni di Henry e Johnny. Non bastasse la coppia di giganti hollywoodiani Newman/Redford a divorare letteralmente la scena, la sceneggiatura di David Ward tempesta lo script di personaggi minori meravigliosamente abbozzati, ad arricchire quel sottobosco di truffatori che i due imbroglioni raccolgono intorno a sé per orchestrare la clamorosa stangata.

La pellicola diventa così un ritratto irresistibile di un micro mondo con i suoi campioni e le sua maestranze. Figure minori e comparse che finiscono per dipingere un’istantanea unica e preziosa di un mondo particolarissimo. Un mondo inquadrato da una fotografia vivacissima, intensa, capace di rendere ancora più caldo e vivo un underworld brulicante di inventiva e ingegno, che la celeberrima colonna sonora rag-time di Scott Joplin e Marvin Hamlisch ammanta di impunita, irresistibile sfacciataggine. Pellicola totale perché sa dosare per la sua intera durata commedia e giallo leggero in parti uguali e perfettamente misurate. Un giocoso e brillante gioco delle parti in cui fino alle ultimissime battute quasi niente è come sembra. Un perpetuo gioco di disvelamenti che coinvolge tanto i personaggi in gioco che il pubblico davanti allo schermo.

Incetta di premi e scene cult

Una sequela infinita di scene meravigliosamente scritte. La prima truffa, la partita di poker sul treno, l’imbroglio alla sede della Western Union accompagnano lo sviluppo della (lunga) trama con invidiabile ritmo e respiro. Due ore e passa che volano in un attimo. L’impatto inarrestabile de “La stangata” travolse le sale cinematografiche e l’Academy di Hollywood. Nel 1974 la premiò con 18 nominations e 6 premi Oscar: miglior film, regia, miglior sceneggiatura originale, miglior adattamento musicale, migliori costumi e miglior scenografia.

Andrea Avvenengo Dalberto

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