Quella dell’acido desossiribonucleico, meglio conosciuto come DNA, è stata una delle scoperte più importanti del Ventesimo Secolo. Le ricerche in questo campo hanno però origini più antiche, infatti il primo ad isolarlo fu il biochimico svizzero Friedrich Miescher, e gli diede il nome di nucleina. Gli studi su quella sostanza microscopica proseguirono a lungo, poiché solo nel 1953 si giunse effettivamente ad una conclusione.
La storia degli studi sul DNA
Sebbene già dai primi decenni del 1900 gli scienziati avessero capito che il DNA fosse una molecola in grado di trasmettere l’informazione genetica da un organismo all’altro, trovare quale fosse la sua struttura fu il passaggio più difficile. Fu indispensabile la collaborazione tra il biologo americano James Watson ed il fisico britannico Francis Crick. I due unirono le loro giovani menti ed il 28 febbraio 1953 annunciarono al mondo intero la loro scoperta: l’acido desossiribonucleico era dotato di una struttura a doppia elica.
A collaborare con loro però ci fu un terzo scienziato a cui viene ingiustamente dato poco credito: il ricercatore Maurice Wilkins. Un’altra figura indispensabile in questa scoperta fu la chimica Rosalind Franklin, che si servì dei raggi X per approfondire le sue ricerche. Nonostante le sue eccellenti doti, questa veniva sottovalutata dai suoi colleghi maschi, il quali non prendevano seriamente il suo lavoro. Decise così di lasciare il progetto, ma se si giunse alla conclusione definitiva fu grazie alla fotografia 51, scattata dalla stessa Franklin.
Le conseguenze della scoperta
I tre scienziati vennero premiati nel 1962 con il Premio Nobel per la medicina, dal quale fu però esclusa Franklin, morta nel 1958. La sua scomparsa prematura fu dovuta ad un cancro causato probabilmente dall’esposizione ai raggi X senza l’adeguata protezione. Tuttora si continua a dibattere sull’assegnazione di questo premio, che per molti sarebbe dovuto andare postumo alla scienziata. Secondo alcuni si trattò dunque del cosiddetto Effetto Matilda, ovvero un fenomeno secondo il quale i meriti scientifici di figure femminili vanno spesso ingiustamente attribuiti ai loro colleghi uomini.
Ludovica Nolfi
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