Un respiro, l’ultimo sorriso per prepararsi per la cena e poi il buio. Verso le 17.50 il cuore di Gigi Riva ha smesso di battere, lo ha anticipato in rovesciata. Inutili le manovre per provare a rianimarlo e così quello che nessuno avrebbe mai voluto fare, è stato fatto verso le 19.10. “Riva non c’è più” annunciano i medici. Se ne è andata la storia del Cagliari, della Sardegna e del calcio italiano. C’è chi si chiede come si sia svegliata Cagliari questa mattina, ebbene non si è svegliata. Il capoluogo sardo non ha proprio dormito, ha vissuto la notte più lunga e triste della sua storia recente. Perché Riva era tutto per i sardi. Era stato il riscatto verso i continentali; era stato l’uomo simbolo di un popolo che lo ha accolto e nel quale si è immedesimato subito. Fa male scriverlo al passato, anzi è profondamente sbagliato. Riva è il Cagliari, Riva è la Sardegna, Riva è il calcio italiano. Riva visse, Riva vive e Riva vivrà.

Cagliari ha perso il suo emblema. L’addio a Gigi Riva

Crediti foto: Wikimedia Commons | Ringraziamenti: Wikimedia Commons via Picryl.com Copyright: Public Domain

Bandiere a mezz’asta, come disposto dalla regione, e una città vestita a lutto. Se ieri il sole splendeva alto in cielo, quest’oggi persino l’aria sembra voler piangere. C’è qualche nuvola alle prime ore della mattina e magari pioverà. Certo sarebbe un omaggio non da poco sentire un’ultima volta il fragore di un tuono, anzi chiamiamolo con il suo nome: il rombo di tuono. Se si esce per strada diventa difficile trovare qualcuno che non abbia le lacrime agli occhi o un piccolo senso di spaesamento. Si prova a parlare con le persone e tutti dicono che non hanno perso un calciatore per cui facevano il tifo, hanno perso un parente. Si è perso il punto di riferimento per eccellenza che per i sardi ha significato il riscatto sociale sul piano nazionale. Perché un’impresa come quella del Cagliari del 1969-70 forse non la compirà mai più nessuno. Non voleva nemmeno venirci in Sardegna, poi invece il destino è noto per giocare scherzi incredibili. Dall’isola non se n’è mai più voluto andare. Ha rifiutato i milioni della Juventus, ritagliandosi lo spazio di simbolo di calcio di altri tempi, ben lontano da quello che viviamo oggi. Ha difeso la Sardegna davanti a tutto e tutti e solo gli infortuni con la Nazionale lo avevano frenato. Già la Nazionale… con i suoi 35 gol è ancora il miglior realizzatore in maglia azzurra e solo il Brasile di Pelè e Rivelino gli negò la gioia della Coppa del mondo in Messico nel 1970. L’Europeo del ’68 invece lo vinse da protagonista: furono un suo gol e quello di Anastasi a regalare la prima coppa continentale agli azzurri, in una finale ‘ripetuta’ contro la Jugoslavia, dopo che il primo match era terminato 1-1.

Grazia Deledda, Antonio Gramsci, Emilio Lussu ed ora Luigi Riva: il Novecento culturale sardo ha aggiunto una stella al proprio firmamento. E come canta Piero Marras: “Dio, ce ne sarà da raccontare | Quando Gigi Riva tornerà“. Questa volta però Riva non tornerà più, ma semplicemente perché non se ne andrà mai dal cuore di ogni sardo.

Grazie Gigi, fai buon viaggio.

Maria Laura Scifo

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