Continua il viaggio nell’universo femminile letterario di LetteralMente Donna. Nello scorso numero abbiamo valicato la Manica e siamo stati in Inghilterra per narrarvi di Charlotte Brontë. Adesso torniamo in Italia dove vogliamo parlavi di una delle scrittrici italiane più importanti del novecento, una donna che si è impegnata attivamente nella Resistenza: Lalla Romano.
Lalla Romano, dall’arte alle letteratura
Lalla Romano, al secolo Graziella, ha da subito una grande passione per la poesia e l’arte e si dedica solo successivamente al romanzo. Inizia dunque a scrivere subito poesie e a dedicarsi all’arte con un buon successo. Molti suoi quadri vengono infatti esposti in mostre collettive. Pubblica la sua prima raccolta di poesie dal titolo “Fiore” nel 1941 ma sono dieci anni dopo comincerà a scrivere i suoi primi romanzi. Prima di questo Lalla Romano si impegna attivamente durante la guerra nella Resistenza al nazifascismo, entrando a far parte dei Gruppi in difesa della donna. Si tratta di associazioni femminili nate inizialmente come forma di assistenza partigiana per poi diventare parte attiva della lotta di liberazione. Nel 1969 ottiene il suo più grande successo vincendo il Premio Strega con il romanzo “Le parole tra noi leggere” in cui narra il difficile rapporto tra lei e il figlio anticonformista. Questo aumenterà la sua fama tra le generazioni ribelli del 68′. L’ultimo libro di Lalla Romano è stato pubblicato postumo nel 2001 a cura del suo compagno Antonio Ria e si intitola “Poesie per Giovanni”. Si tratta di Gianni Emiglia al quale da giovane la grande scrittrice era molto legata.
La Resistenza e Lalla Romano
“Ai tempi della lotta partigiana partecipavo dalle retrovie; ho corso qualche rischio, ho avuto qualche avventura, ma non ne ho mai scritto”, disse in un intervista negli anni 60’ Lalla Romano.
E’ un argomento che la Romano affronta in verità marginalmente nel suo romanzo del 1957 “Tetto murato”. In quest’opera la Resistenza diventa la cornice del rapporto tra due famiglie e degli amori che nascono tra i rispettivi coniugi. Famiglie isolate dalla guerra in uno sperduto gruppo di case della provincia cuneese da cui la scrittrice proviene, abitazioni dette per l’appunto “Tetto“. Nonostante si parli di sfollati, posti di blocco, rastrellamenti e partigiani, “Tetto murato” è un romanzo anomalo sulla Resistenza in quanto essa ha solo valore marginale rispetto invece ad altra letteratura del dopoguerra.