“Chiedo scusa, fu fatto di corsa, cotto e mangiato. Non mi è piaciuto, non dico di essermi vergognato ma è stato fatto in maniera striminzita. I costi erano diversi rispetto all’epoca“. L’umiltà di Lino Banfi fa da sponsor sulla maglia del sanguigno Oronzo Canà. Così commentò il ritorno, ad oltre vent’anni di distanza, de “L’Allenatore nel Pallone 2“, l’operazione nostalgia arriva stasera in tv. “Tutti gli intrallazzi si fanno a Torino“, parola della ‘iena del tavoliere’!
Il regista Sergio Martino tenta il bis nel 2008. Convoca come un mister, i prescelti nel ruolo da titolari, gli stessi del primo film del 1984: Andrea Roncato, riconfermato ma senza Gigi Sammarchi, i gemelli Soldati sostituiti dalle meteore televisive Ceccarelli, e poi Milli che finisce sulla sedia a rotelle per un paio di interventi, Giuliana Calandra, Lucio Montanaro, e Dino Cassio, il massaggiatore della Longobarda che nel film originale era il capostazione nella scena in cui Aristoteles decide di tornare in Brasile. Si studiano nuove tattiche di gioco, da ‘mani nei capelli’, come il “modulo a farfalla“, a cui si finge interessato anche Giampiero Mughini. Strategie da bordo campo che si affiancano al tecnicismo verbale di Canà: “Madonna dell’altomare di Dusseldorf!”, “Madonna Benedetta dell’Incoronèta di Tokyo!”, “Madonn d’u Carmn!”…
Squadra che vince non si cambia
Oronzo Canà, genio indomito del calcio, si era ritirato a gestisce un’azienda olearia, insieme alla moglie Mara e alla figlia Michelina. Ma l’eterno ragazzo, con la grazia dell’espressione pugliese, torna alla panchina della Longobarda nel momento della sua nuova risalita in serie A. Il campione ‘verdeoro’ Aristoteles, icona del primo film, compare alla fine come tifoso, sostituito dal brasiliano Caninho. Ma il campo sportivo nel quale Canà vede per la prima volta giocare il fuoriclasse è lo Stadio Comunale di Montefiascone (Viterbo). Dei tamburi di Rio solo il ricordo. La squadra della Longobarda si pregia anche d’aver acquistato il talento giapponese Ken Kiku, che in lingua nipponica, significa “portatore di crisantemi”.
Parata di calciatori stasera in tv ne “L’Allenatore nel Pallone 2“: Gigi Buffon, Alessandro Del Piero, Francesco Totti, Daniele De Rossi, Luca Toni. La nazionale al gran completo, con l’intervento degli allenatori Carlo Ancelotti, Luciano Spalletti, e Carlo Mazzone nel ruolo di se stesso. “Sento puzza di mafia russa“, dirà con l’inconfondibile parlata. Partecipano anche i giornalisti sportivi Ilaria D’Amico e Sandro Piccinini. Camei per Anna Falchi e Biagio Izzo. Una ‘zampata’ di comicità, e una ventata di nostalgia per la prima versione del film.
L’allenatore nel pallone, Lazio-Longobarda
Canà, nel sonno, dà una testata alla moglie. La tentazione del gioco lo coglie anche di notte. Nasce un equivoco tra l’acquisto del calciatore Luca Toni e il concerto di Little Tony, una scena simpatica che energizza la trama con la partecipazione del cantante stesso. Nell’introduzione c’è il momento magico con Banfi nei panni di Lippi, nella storica finale di Berlino. Tra i due pali, si potrà intravedere Massimiliano Buzzanca, figlio di Lando, nel ruolo del portiere della Longobarda. Le esotiche atmosfere carioca create da due illustri compositori italiani, i fratelli Guido e Maurizio De Angelis, conosciuti come gli Oliver Onions, sono state superate da Amedeo Minghi. Autore della canzone “La marcia di Oronzo“, insieme a Banfi.
Memorabile la scena con il Presidente Claudio Lotito, naturale nella recitazione come dal vivo; impegnato in un dialogo tra locuzioni latine con il ‘mago Oronzo‘. Un derby al cinema, tra Totti e Lotito. Sullo schermo anche i calciatori di ieri, le glorie Roberto Pruzzo, Ciccio Graziani, Giancarlo Antognoni e Carlo Ancelotti. A Lino Banfi e al suo iconico personaggio, va il merito di salvare e glorificare il film. L’inconsueto allenatore fu ideato per omaggiare Oronzo Pugliese, originario di Turi in provincia di Bari, che alla guida del Foggia negli anni sessanta riuscì a battere la Grande Inter di Helenio Herrera. Un film che nonostante le ripetizioni, i copiati dalla prima versione, “Ti spacco la noce del capocollo” tornerà alle nostre orecchie, è sempre allegoria di ogni calcio improvvisato; e metafora della bontà di un uomo contrapposta all’arrivismo del mercato del calcio, disastro moderno. Bastasse la rivoluzione calcistica, tutta cuore, di Oronzo Canà. ‘Il mediano di rottura’ che accarezza l’erba dello stadio al grido di ‘Risorgeremo‘.
Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema.