“L’amica geniale”: il ritratto evolutivo della società e del sessismo

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Di Chiara Cozzi

Finalmente L’amica geniale, serie italiana esportata in tutto il mondo e figlia dei best seller di Elena Ferrante, è tornata in prima serata su Rai Uno con la prima puntata della terza stagione.

Ritroviamo Lenù e Lila, diventate giovani adulte durante la metà degli anni ’60, periodo di forti fermenti giovanili, soprattutto grazie all’avvento delle rivoluzioni e della controcultura che, in un modo o nell’altro, toccò anche la nostra Penisola. Tuttavia, per una giovane donna italiana neppure con la minigonna e la pillola anticoncezionale le cose si fecero più facili.

Lenù, fresca di pubblicazione del suo romanzo, deve vedersela con i pregiudizi altrui. Nel libro racconta i suoi pensieri, le sue voglie e fantasie sessuali di adolescente, cosa che le garantisce la fama di una poco di buono. Sia dentro il rione dove è cresciuta che fuori il giudizio è lo stesso: per una donna è impossibile vivere liberamente la propria sessualità e parlarne senza pudore (e spesso una condotta considerata illecita viene scambiata dagli uomini per un invito, alla faccia del consenso).

L’amica geniale è il ritratto vivo di una società che evolve, muta e si plasma di pari passo con il sessismo: la serie mostra infatti una serie di cambiamenti da cui le donne restano escluse. Le dinamiche sessiste si trasformano e si adattano ai nuovi tempi, continuando a infliggere colpi e restando immutate.

«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», diceva Tancredi ne Il Gattopardo per giustificare la costante ascesa dei privilegiati, anticipando così quel cambiamento sociale che, se attuato da chi detiene il potere, è come un’oasi nel deserto: uno splendido miraggio che svanisce non appena lo si guarda più da vicino.

Chiara Cozzi

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Ph: lanostratv.it