A novembre 2021, i dati dell’ISTAT relativi al mondo del lavoro sono positivi. Il tasso di occupazione, rispetto al 2020, è aumentato. La realtà però è spietata, le condizioni di vita dei lavoratori spesso non sono accettabili. La crescita infatti, è trainata dai contratti a termine, che non garantiscono alcuna stabilità. Inoltre, lo stipendio, risulta troppo basso rispetto al costo della vita. La retorica dell’inadeguatezza dei giovani non regge più, lo sfruttamento miete vittime anche tra i soggetti più qualificati. Servono delle politiche per agevolare la creazione di contratti che tutelino il lavoratore.
Parliamo di gavetta quando in realtà è sfruttamento
Noi giovani abbiamo reso normale un mondo del lavoro malato. Siamo costretti a firmare dei part-time quando vorremmo concludere dei contratti a tempo pieno, riceviamo degli stipendi che non ci permettono di vivere in modo dignitoso e siamo indotti ad entrare a far parte della logica del lavoro sommerso pur di guadagnare qualcosa. Ormai abbiamo interiorizzato che l’unico modo per entrare nel sistema è essere sfruttati, e ci adeguiamo a assunzioni instabili.
Non è facile dire che stiamo assecondando un sistema di cui ci lamentiamo, ma è così. Spesso però, alla base di questa arrendevolezza ci sono delle ragioni che non si posso trascurare, perché legate a uno stato di necessità. Piuttosto di non lavorare accettiamo impieghi che eludono l’Amministrazione finanziaria, peggiorando ancora di più la situazione. Tuttavia, non dovremmo dimenticarci che il fatto di sottomettersi alle attuali condizioni di lavoro significa costruire i presupposti che gettano le prossime generazioni in condizioni ancora peggiori delle nostre. E se vogliamo approcciarci all’argomento in modo egoistico, non dobbiamo dimenticare che le prossime generazioni sono quelle dei nostri figli.
Aumentano sempre di più i lavoratori poveri
L’espressione lavoratori poveri, quasi ossimorica, in Italia rappresenta una realtà con radici profonde. Il 32% degli occupati è da considerarsi povero, e molti soggetti, per far fronte alle spese essenziali, che riguardano l’acquisto di beni primari, devono svolgere più di un lavoro. Gli stessi politici pronti sbandierare la Costituzione e a confezionare discorsi eloquenti nelle ricorrenze, quando parlano di rapporti economici si dimenticano dell’articolo 36 del nostro testo legislativo fondamentale. Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Almeno, in passato, si poteva dire che lavorando si vendesse la vita ad ore. Noi giovani, nel 2022, possiamo solo affermare che il nostro tempo ha subito una svalutazione progressiva che ci ha portato non a vendere ma a regalare la vita ad ore. Gli stipendi che riceviamo non sono una controparte adeguata alle condizioni che siamo costretti a sopportare nel mondo del lavoro. Non possiamo rimanere inerti di fronte a un sistema che mortifica la nostra esistenza.
Michela Foglia
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