La Serie A si ferma di nuovo per dare spazio alle nazionali e in casa Lazio, dopo il mezzo passo falso di Bologna, la situazione non è delle migliori. Il pari di ieri al Dall’Ara ha evidenziato ancora dei limiti importanti per una formazione che punta al quarto posto
La trasferta di Bologna come vero banco di prova per testare i progressi dopo le ultime due vittorie consecutive. In un Dall’Ara vestito a festa la Lazio disputa un match anomalo dove, seppur alcune criticità appaiono parzialmente superate, risulta chiaro come la maturazione definitiva non sia propriamente dietro l’angolo.
Inzaghi, come contro il Genoa, si affida ai suoi uomini migliori nella speranza di ripetere l’ultimo successo travolgente. Ma la coperta sembra ancora corta e, risolti alcuni problemi, eccone comparire altri.
Per una società che abbia come traguardo dichiarato l’approdo in Champions League, i jolly a disposizione sono finiti dopo appena sette giornate.
La difesa
Nonostante qualche rete evitabile, sino a ieri il reparto più in forma dello scacchiere biancoceleste era quello difensivo. I vari avvicendamenti di giovedì con lo Stade Rennais avrebbero dovuto garantire maggiore freschezza e solidità. Ed invece nulla da fare.
La Lazio soffre le incursioni laterali come non mai con Orsolini bravo spesso ad andare via senza grandi opposizioni. Per conferma chiedere a Lulic nell’occasione dell’uno zero rossoblu. Il raddoppio è sì frutto di una respinta ravvicinata, ma nasce sempre da un conclusione concessa troppo facilmente da appena dentro l’area, simbolo di un pacchetto arretrato in evidente difficoltà.
Se poi alla giornata no di Radu si aggiunge una delle peggiori prestazioni di Strakosha sul fronte uscite alte, i pericoli aumentano notevolmente.
L’albanese, ottimo tra i pali (ieri salva il possibile tre a uno con una prodezza) manca ancora di tempismo e sicurezza sulle palle alte e sui suggerimenti in profondità avversari. Al Dall’Ara è apparso molto titubante in almeno due occasioni nella prima frazione con i padroni di casa incapaci di sfruttare le disattenzioni.
Soprattutto in Serie A, il miglior attacco è la difesa. Inzaghi, nelle due settimane a disposizione prima del ritorno in campo con l’Atalanta, sarà obbligato ad affinare i meccanismi della retroguardia.
Che fine ha fatto l’esperienza?
Se sotto i profili della costruzione e della tenuta mentale nei secondi quarantacinque minuti i capitolini sembrano aver compiuto importanti progressi, nel pareggio di Bologna va registrato un black out di alcuni pilastri di Inzaghi.
Un Immobile tornato quello di due anni fa con due goal su due chance avute a disposizione non basta più. E se fino a qualche tempo fa ad offrire prestazioni sottotono potevano essere Milinkovic e Luis Alberto, ieri il calciatore maggiormente in difficoltà è stato Lucas Leiva.
Il brasiliano sta vivendo un’inizio di stagione complicato. Spesso arriva secondo sui palloni contesi e, forse per carenza di condizione fisica, rimedia gialli pesanti che costano cari come ieri dove l’espulsione ha cambiato il volto della gara.
L’altro (semi) assente di giornata è stato Correa. Difficilmente giudicabile la prestazione del Tucu. Sino all’uscita di Immobile che lo ha trasformato nel terminale offensivo della Lazio l’argentino è stato un corpo completamente estraneo alle trame offensive dei romani.
Il cambio di posizione gli ha permesso di alzare i ritmi con qualche accelerazione importante che ha donato imprevedibilità. Da una di queste nasce peraltro l’espulsione di Medel che ristabilisce la parità. In mezzo a sprazzi di buon calcio ecco però che tornano a farsi vivi i grandi limiti da finalizzatore: escludendo il calcio di rigore sbagliato, Joaquin ha fallito l’ennesima opportunità da solo davanti al portiere spedendo la sfera docile tra le gambe di Skorupski.
Dopo l’occasione cestinata nel derby, quelle con Inter e Bologna iniziano a rappresentare un vero campanello d’allarme in un campionato dove il quarto posto sembra destinato a chi sbaglia meno.