“Le Brigantesse” di Eduardo Ricciardelli [Intervista]

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Di Redazione Metropolitan

Dal 17 al 19 gennaio al Teatro Tor Bella Monaca di Roma sarà in scena lo spettacolo “Le Brigantesse” di Eduardo Ricciardelli. Con Susy Pariante, Clara D’Afflitto Morlino, Alessandra Masi, Apollonia Bellino.

Uno spettacolo che va a ritroso, e racconta il sud e la storia dei canti popolari dell’area vesuviana. All’interno di una casa, nei pressi di Roscigno Vecchia, un paese del Cilento, si trovano quattro donne ed un uomo. Le loro vite si intrecciano e procedono tra canti, liti e organizzazione di atti di guerriglia.

Ci troviamo nell’Italia appena unificata e nel deserto lasciato dallo strapotere piemontese, che ha senza scrupoli saccheggiato le casse dell’oro del regno di Napoli, rubato tutti i macchinari e le ricchezze possedute dal Regno delle due Sicilie. L’effetto dell’unificazione ha giocato sulle vite dei cittadini un brutto scherzo, la fame la povertà e le continue umiliazioni subite dall’esercito sabaudo costringono alcuni gruppi armati per la difesa del territorio e questi stessi vengono definiti in modo improprio Briganti.

Noi di MMI abbiamo intervistato il regista Eduardo Ricciardelli ed una delle attrici Susy Pariante, per capire e guardare lo spettacolo in una determinata ottica e con consapevolezza.

MMI: Come nasce il testo di “Le Brigantesse”?

E.R.: Il testo di Brigantesse nasce da una suggestione che un mio cugino antropologo mi fece raccontandomi la storia di “Rosina e Martummè” e da un libro che lui mi diede sul massacro del sud, ma in realtà avevo già letto un libro sulle Brigantesse. Ho unito questi due fattori e da lì ho iniziato ad indagare, a studiare l’argomento. Da lì nacquero alcuni studi che andarono in scena a Roma, a Napoli e all’Aquila nel 2010, prima in forma di pillole teatrali, poi si sono trasformate in una vera e propria pièce. Inizialmente lo spettacolo aveva tre interpreti, adesso ne ha cinque insieme a tre musicisti. Il testo de “Le Brigantesse” vive sul palco da quasi dieci anni, quindi ha avuto diverse composizioni sia per quanto riguarda il cast, sia per quanto riguarda gli strati drammaturgici ovvero alcune riscritture. Sono arrivato a quest’ultima scrittura che andrà con cinque elementi in scena.

MMI: Il cast è quasi tutto al femminile, con un titolo dalla denominazione femminile, che ruolo ricoprivano le donne del sud in quell’epoca? Chi erano le Brigantesse campane?

E.R.: Le Brigantesse non erano solo campane, storicamente ci sono tante possibilità per andare ad indagare. Le storie alle quali ho personalmente indagato, erano per esempio quella della Cianciarulo, e di tante altre. Loro erano donne di diversa estrazione sociale, come nello spettacolo tutto al femminile, con una spina in mezzo a tante rose che sono io. Queste Brigantesse erano donne che si associavano a bande armate per diversi motivi; chi veniva rapita, chi perché in realtà voleva lottare e quindi voleva seguire i Briganti, chi invece era stata costretta perché era rimasta sola. Erano sicuramente delle donne feroci perché morti gli uomini, diventarono loro i veri e propri capo-banda di questo movimento antagonista al potere piemontese.

MMI: L’argomento, per certi versi, rispecchia un po’ la situazione attuale del mezzogiorno d’Italia, è un testo che fa riflettere. E’ anche questo l’intento?

E.R.: Sicuramente è un testo che racconta una storia volutamente frammentaria, sarebbe impossibile raccontare tutto ciò che è accaduto in quel periodo. Rispecchia, forse, non totalmente ciò che sta accadendo adesso. Lì si parla più di una guerra civile e di un’invasione. Noi non viviamo più ciò che accadeva, è un processo che è passato. Oggi si possono vedere profondamente le problematiche che ai posteri ha lasciato quel passato lì. Il Meridione, che era stato sicuramente spolpato e disossato, è rimasto un posto con pochissime infrastrutture, con grandi problematiche, mentre il resto dell’Europa progrediva, il sud rimaneva arretrato. C’era un’idea di colonia che è stata mantenuta, anche se il sud è ricco di città importanti e bellezze, valori di tipo immateriale e materiale. Un regno che ha una storia importante sia a livello culturale sia a livello commerciale. Si vedono sicuramente le ferite che sono state impresse, ma la situazione attuale, a mio parere, non è precisamente quella del testo.

MMI: Quali canti sono presenti nel testo? Trovo interessante unire la tradizione al teatro…

E.R.: Ci sono frammenti di canti. Nelle vecchie edizioni avevamo lavorato sul testo partendo da un tema indiano, dal tema di una danza tribale, trasportandolo in quel contesto con il violino, il flauto traverso e le percussioni e quindi ad un’idea di musica popolare. Adesso ci sono dei canti popolari come il canto “A figliola”, che è un canto di devozione alla Madonna, la “tammuriata”, la “montemaranese” ed alcune filastrocche cantate dell’area campana e vesuviana.

MMI: Tu e Susy Pariante (attrice del cast n.d.r.), siete convolati a nozze da poco tempo, com’è lavorare insieme?

E.R.: Lavorare insieme è come prima, già abitavamo insieme, quindi eravamo già molto vicini. E’ una possibilità per approfondire degli aspetti poiché si passa più tempo insieme, ci si conosce meglio. Sicuramente è molto bello.

S.P.: Si, è un incontro- scontro. Sai che con lui puoi condividere un pensiero ma anche non condividerlo. Il bello è anche questo. Hai dei pensieri e dei consigli, in questo contesto, da parte di una persona di teatro, tralasciando l’essere compagni di vita. Questo può portare inevitabilmente ad uno scontro ma si cresce insieme. Anche nel non trovarsi d’accordo su alcuni argomenti. Sono pur sempre momenti di grande condivisione.

Giorgia Pampana