Con “Le donne ignorate: la letteratura medievale” abbiamo visto come si è venuta a creare una tradizione fortemente maschilista della cultura. Nell’articolo che conclude il periodo medievale, abbiamo posto attenzione a quel sostrato nascosto di donne che hanno iniziato a emanciparsi, principalmente attraverso percorsi di fede.
Riproponiamo la stessa domanda posta per introdurre l’excursus medievale:
Le scrittrici, le voci femminili, dove sono? Nei programmi scolastici le donne sono ancora le grandi assenti.
La doppia vita delle donne del Rinascimento
Il Rinascimento fu un’epoca violenta e di divisione, ma anche un periodo in cui le arti – favorite dalla nascita delle corti- fiorirono.
Tra nascita di linguaggi nuovi e uno sguardo al passato classico, il Rinascimento si presenta come un movimento artistico e culturale ampio e di difficile analisi.
Tra le tante date che potremmo prendere come punto del suo inizio, l‘invenzione della stampa è quella che più di interessa per il discorso che stiamo affrontando.
La nascita della stampa e, di conseguenza, il diffondersi di una cultura volgare, permise la modernizzazione della cultura.
Una delle novità più interessanti fu l’ingresso delle donne nella “società intellettuale”.
Com’era essere donne nel Rinascimento?
Poteva mancare un nuovo modello idealizzato di donna?
Continua il processo di costruzione di un canone estetico classico, in cui la donna rappresenta la bellezza perfetta, la Musa ispiratrice.
Musa e amante
Simonetta Cattaneo Vespucci fu per Botticelli la Musa ispiratrice per la famosa Venere e la Vergine Maria.
Ma più di tutto Simonetta Vespucci rappresenta una rottura nel canone di bellezza pieno e fecondo della sua epoca, posando magra e pallida per numerosi artisti.
“Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia!”
Mentre poeti e predicatori ridicolizzavano il trucco e gli ornamenti eccessivi delle donne, queste rinnovavano il canone di bellezza.
Caterina Sforza annotava sul suo diario i trucchi per apparire più bella, con ricette per unguenti, impacchi e tisane.
La pelle coperta da trucco pesante, i capelli infoltiti da fili di seta… l’ideale per sentirsi belle era apparire giovani.
La moda come strumento di libertà
Per troppo tempo è stata considerata la moda come un mezzo di sfruttamento del corpo e della psiche femminile.
Nel Rinascimento, con le prediche di Tertulliano ormai lontane nel tempo, le donne hanno usato la moda come linguaggio alternativo.
Esempio di rivendicazione:
A Cesena un gruppo di donne lottò per rivendicare la legittimità degli ornamenti sul loro corpo, ponendo la questione in campo filosofico e politico.
Il testo sottolinea come “cacciate da tutti gli uffici pubblici, spogliate da tutti li magistrati e finalmente d’ogni grande e picciola dignità del tutto prive” rivendicavano per loro la possibilità di poter indossare quello che volevano e di esprimere così la loro libertà.
Se non è Musa è “virago”
Altra personificazione della donna ideale rinascimentale viene offerta al pubblico dalle eroine di Ariosto.
Le donne descritte sono forti e ben caratterizzate e non sono più le figure vuote a cui si aveva abituato il medioevo.
“Virago”, ovvero coraggiose e temerarie, come le potenti Lucrezia Borgia o Caterina Sforza.
Poetesse e prostitute
Abbiamo detto che il Rinascimento si presenta come un periodo ricco di voci contrastanti.
Tra le figure di donna che possiamo riscontrare nel quadro della società rinascimentale non possono mancare le controverse figure di poetesse e prostitute, come Tullia d’Aragona.
La malattia delle donne
I tempi sembravano maturi, la mentalità stava cambiando, ma tutto il percorso di liberalizzazione della donna viene vanificato dal flagello dell’epoca: la sifilide.
La sifilide uccideva e come la peste si credeva fosse stata mandata da Dio per punire i peccati.
Il dialogo religioso era in fermento.
La Controriforma si accanì sulle donne per ristabilire rigide regole. Le più colpite furono inevitabilmente le cortigiane.
Le cortigiane, figlie di Eva, figlie del peccato.
Verso il 1560 venne proibito alle cortigiane di ricevere uomini sposati e preti.
Ma molto più d’impatto per l’opinione pubblica e la storia successiva fu l’obbligo di trasferirsi in ghetti, il divieto di apparire in pubblico e il riconoscimento tramite velo giallo.
La liberazione della donna fu soppressa e la cortigiana venne additata come l’esempio negativo.
Agli occhi del Concilio di Trenta la donna emancipata era vista come un’eretica.
Le donne bruciate
La Chiesa ricreò un clima soffocante e il Rinascimento italiano ne rimase coinvolto.
La Controriforma fece regredire la posizione delle donne che tornarono a essere il simbolo del peccato.
L’Inquisizione venne istituita nel 1231 da Gregorio IX contro l’eresia. Il ruolo dell’istituzione ecclesiastica cambiò il 5 dicembre 1484, quando la bolla “Summis desiderantes affectibus” inaugurò la caccia alla streghe.
L’inquisizione rappresenta uno degli atti di censura più violento, nonché misogino del Rinascimento.
La denuncia di stregoneria veniva spesso usata con il solo scopo di liberarsi facilmente delle donne scomode.
Il corpo delle donne
Come nel Medioevo, anche nel periodo di attività dell’Inquisizione il corpo viene stigmatizzato.
La strega, contaminata dalla magia, doveva essere bruciata come atto di purificazione.
Il rogo rappresentava la forma di rispetto più alta per gli inquisitori verso la donna, rispetto all’idea di vergine perfetta.
Con il Rinascimento l’esclusione dal canone ufficiale diviene ancora più evidente.
La prima fase di emancipazione è ostacolata dalla Controriforma.
Ma la scintilla della libertà aveva acceso una piccola fiamma.
Nel prossimo appuntamento faremo parlare la letteratura femminile, confronteremo le prove di emancipazione e il dialogo alla pari con gli uomini delle più importanti donne del Rinascimento italiano.
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