Arriva il no delle Nazioni Unite alle pressioni francesi per tenere le elezioni in Libia nel mese di Dicembre. Mentre a Tripoli la situazione stenta tornare sotto controllo, a Parigi si continua a seguire la linea tenuta negli ultimi mesi. Il fronte dell’opposizione è capeggiato dagli Usa, di turno alla presidenza del Consiglio di Sicurezza. Dimostrando un’inaspettato buonsenso, il vice rappresentate Usa al palazzo di vetro Jonathan Cohen ha dichiarato: “l’imposizione di scadenze false si ritorcerà contro”.
L’Italia si schiera con Washington e si fa portavoce di questa strategia volta a non forzare i tempi. La Libia non è pronta a nuove elezioni. Se la Cirenaica è relativamente sotto controllo, non si può dire altrettanto della Tripolitania e del Fezzan (regione desertica a sud del paese). In particolare quest’ultima rappresenta un problema, in particolare per l’Italia. La cooperazione tra Roma e Tripoli negli ultimi mesi è stata indirizzata principalmente al controllo dei confini sud libici. Questo perchè è proprio quella la via d’accesso di tutti i traffici diretti in Europa.
Che siano esseri umani, droga o armi, qualsiasi “merce” deve transitare per il Fezzan. Chilometri e chilometri di confini incontrollati con Ciad, Niger e Algeria, la stabilizzazione della Libia passa da qui. E l’Italia opera in questa direzione da mesi, organizzando conferenze e summit dei capi tribù della zona e fornendo tecnologie radar per controllare i confini. Anche dal punto di vista economico, questi traffici non fanno altro che rimpinguare le casse delle milizie che tengono in ostaggio l’ovest del paese.
Questi gruppi delegittimano il parlamento di Tripoli e rendono difficile avere un unico interlocutore per i paesi stranieri. Ogni tribù si fa portavoce dei propri interessi, che spesso e volentieri non combaciano con quelli del Governo riconosciuto dalle Nazioni Unite. Per una volta gli interessi italiani combaciano con quelli degli Usa sul dossier Libia e per una volta gli americani no sono interventisti. Sembra che i pianeti si stiano allineando per dare la possibilità al nostro paese di recuperare il tempo perduto. La fretta nelle Relazioni Internazionali non è mai stata buona consigliera. I tempi diplomatici sono inesorabilmente lunghi e snervanti ma, solo attraverso questa via si potrà risolvere il “problema Libia”. Tempistiche estranee alla politica odierna, che fa dello spot e della velocità un punto fermo. Questo a Parigi dovrebbero ricordarselo.