Le prostitute dietro il proverbiale cuor d’oro

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Di Giorgia Bonamoneta

Prostitute cattive, vendicatrici o sante e dal cuore d’oro. Sono state rappresentate sempre tramite gli occhi di altri, principalmente attraverso gli occhi di un uomo. Le rare fotografie anonime ci regalano una visione privilegiata nella quotidianità dei bordelli e liberano la narrazione dai topoi della letteratura.

La vita delle prostitute raccontata in foto

Mado, Suzette, Gypsi, Mimi, Nono, Pepe e molti altri sono i nomi scritti dietro le fotografie di “X”. Monsieur X è il fotografo anonimo che a lungo ha seguito e raccontato la vita delle prostitute parigine tramite scatti intimi.

«Dopo un po’ ci furono delle novità in casa. Un signore veniva a trovarci regolarmente. Aveva l’aria di uno molto ricco, sempre elegante e pulito, anche se un po’ vecchio. Ci salutava come se fossimo delle vere signore. Si sentiva quasi sopraffatto da tutti i nostri corsetti un po’ logori, dalle scarpe con i tacchi malconci (…) la cosa buona di questo signore era che non ci ha mai costretto a fare le cose strane che ci chiedevano gli altri clienti. Voleva solo scattarci delle fotografie» (Marcelle, Parigi – 6.12.1932).

Nel 1975 Monsieur X ha venduto l’intera collezione delle sue fotografie al librario Alexandre Dupouy, definito da Vice Francia “archeologo del sesso”. Dupouy ha raccolto nella sua libreria Tears of Eros molto materiale d’epoca sulla prostituzione e la vita in un bordello ed è considerabile un vero e proprio esperto.
Intervistato sul perché le ragazze finissero a lavorare nei bordelli, l’archeologo del sesso ha risposto:

La ragazza che veniva a lavorare a Parigi in un bordello era una ragazza convinta di arrivare qui, racimolare soldi da mandare alla famiglia in campagna. Ai quei tempi una ragazza di un bordello arrivava a guadagnare 10 volte più di un artigiano. Pensa che un operaio a inizio 900 guadagnava 2 franchi al giorno. Una prostituta 20 franchi in un bordello, 5 in strada“.

Scatto di Monsieur X - Photo Credits: web
Scatto di Monsieur X – Photo Credits: web

Rappresentazione della prostituta

La rappresentazione della prostituta nell’arte è stata a lungo censurata dai suoi aspetti più “crudi”. Quello che rimaneva era una sorta di anti-eroina che doveva riabilitarsi all’interno dell’opera. Il romanzo italiano, nel XIX secolo, usava il personaggio della prostituta come accessorio, antagonista o vittima.

Alla fine dell’Ottocento ci sono esempi di letteratura con soggetti proprio le prostitute. Ma in questo periodo non abbiamo memorie, diari o lettere scritte direttamente dalle loro. Sono, al contrario, oggetto della scrittura o ri-scrittura: falsi memoriali e diari scritti da uomini, anche sotto pseudonimo femminile. Due esempi di finti ritrovamenti di manoscritti o raccolte di confidenze di una prostituta sono: Quelle signore di Umberto Notari e Intima di Maria Tegami, pseudonimo di Trilussa.

I bordelli: luoghi ameni?

La casa chiusa, al pari della prostituta che la abita e la vive, è un luogo immaginifico. Nei romanzi i bordelli possono avere svariate tipologie di aspetto: orientale, barocco, lussuoso. Ambienti da “sogno proibito”, harem a uso e consumo maschile. In realtà, dalle rare fotografie d’epoca, gli interni di questi luoghi appaiono, seppure arredati con un certo gusto, decadenti e più puritani di quelli immaginati nei racconti.

La casa chiusa rappresentava quell’universo femminile sconosciuto e al tempo stesso facilmente accessibile. Molti uomini sposati frequentavano i bordelli e tanti altri avevano un’amante personale e accettata dalla moglie. Era parte del bon ton fingere che non esistessero tanto i bordelli quanto le donne che ci lavoravano. Insomma: tutti conoscevano i bordelli, ma nessuno ne parlava.

Se queste signore si acconciassero e si vestissero come tutte le altre signore […] nessuno verrebbe più in questo luogo […] Ebbene, gli uomini, che nella grande maggioranza sono dei primitivi, amano quest’atmosfera pesante e carica di toni esotici e di esalazioni eterogenee, dove respiri la strada e l’alcova, il conforto e la miseria, la carne sudicia e la carne risciacquata, il tabacco e l’alcool, la donna e la bestia…” (Umberto Notari, Quelle signore)

Pecorelle smarrite

La prostituta è stata a lungo raccontata come “pecorella smarrita”, che nel tentativo di riscattarsi, si sacrifica per salvare i protagonisti. Vittime sacrificali perfette. Un’analisi dei personaggi superficiale, che raramente va oltre l’immagine della donna smarrita, caduta nell’inganno, ma dal cuore d’oro.

Le fotografie scattate da Monsieur X raccontano una realtà completamente diversa. Le prostitute si fanno fotografare alcune con dell’imbarazzo, altre con piacere. Si mettono in posa in ambienti costruiti come set o nel quotidiano gesto del lavarsi. Le “cattive” ragazze, lontane dai ritratti lombrosiani di alcuni romanzi romantici, non sono pecorelle smarrite. Mostrano sguardi felici e tristi, provocanti e innocenti. Nella raccolta Mauvaises Filles, edito nel 2014, le prostitute vivono la loro quotidianità scatto dopo scatto, senza sovrastrutture.

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Articolo di Giorgia Bonamoneta.