Se siete pronti a scoprire le origini del male, andate a vedere Leatherface. Vi aspetta da oggi nelle nostre sale cinematografiche. A patto che abbiate il coraggio di conoscere come nasce un mostro.

“Nel 1955, lo stato del Texas istituì un programma di assistenza per bambini a rischio. Durante il primo anno di attività circa cinquanta bambini furono portati via da case in cui criminalità, malattie genetiche o comportamenti sconvenienti erano la norma”.

Inizia così Leatherface. La storia delle origini del terribile Faccia di Cuoio, protagonista della saga di Non aprite quella porta. I registi di questo intenso prequel, Alexandre Bustillo e Julien Maury (celebri per il controverso horror Inside), hanno deciso di reinventare e rivitalizzare la famosissima saga che dal 1974 terrorizza il cinema mondiale.

“Volevamo andare alle radici e rivelare la storia mai raccontata prima all’interno della serie- e quale modo migliore per farlo, se non quello di risalire proprio all’origine di Leatherface, di esplorare gli eventi accaduti nei suoi primi anni di vita e di fare un racconto delle origini”, hanno dichiarato.

Il film si apre con una scena molto inquietante e carica di tensione. Anni Cinquanta, un compleanno, una famiglia riunita a tavola attorno a un bimbo dall’aria innocente e una torta. Si intuisce subito che qualcosa non quadra e che questa non è una famiglia qualsiasi. Non è una famiglia normale.

La trama

In questo prequel, quattro adolescenti violenti e maltrattati da un perfido medico di un istituto per minori riescono a evadere (dopo aver compiuto una vera e propria carneficina), portando con loro una giovane infermiera in ostaggio. A dargli la caccia, un poliziotto con un’idea malata della giustizia, da anni acerrimo nemico della famiglia Sawyer: la famiglia di Jackson, il bambino che apre il film.

Le tremende violenze e gli eventi tragici che sarà costretto a subire (e ai quali aveva già assistito nei primi anni di età) porteranno Jackson, fragile adolescente, a diventare un autentico mostro… Leatherface.

L’origine della rabbia

La dimensione psicologica della storia mostra come la società potrebbe aver fallito e come questo possa influire sulla vita di alcune persone, particolarmente vulnerabili. I protagonisti del film sono adolescenti in una casa per minori devianti. E tutti sono passati più volte dal sistema di affidamento, costretti a passare da una famiglia all’altra. La loro identità è costantemente messa in discussione. Ognuno di loro potrebbe essere Leatherface. Ognuno di loro ha una rabbia repressa pronta a esplodere nel modo più violento possibile.

La ricerca del reale

Da apprezzare è la ricerca minuziosa della regia di non ricorrere in modo eccessivo agli effetti speciali. Ormai il pubblico è abituato e non si stupisce tanto facilmente. Ma il team francese è riuscita a concentrarsi su immagini veramente reali e su una incredibile varietà di protesi, dalle teste di maiale ai corpi tagliati in due o più parti, agli arti etc. In alcuni momenti, il risultato è davvero cruento e raccapricciante. Fenomenale il trucco, dagli occhi neri alle ustioni, alle cicatrici.

Il cast

A colpire è l’interpretazione davvero da brividi di Lili Taylor (Verna) che incarna alla perfezione la madre di quello che diventerà Leatherface. Samuel Strike (Jackson) è un attore inglese, visto nei panni di Dan Morgan in Mi High della CBBC, in EastEnders e in Silent Witness, la pluripremiata serie della BBC. Ancora, Vanessa Grasse (Lizzy) interpreta l’infermiera rapita ed è stata selezionata, dopo una serie di lunghissimi provini, per la sua recitazione naturale e la sua aria innocente. Il poliziotto vendicativo è Stephen Dorff (visto in Somewhere di Sofia Coppola), da vent’anni nel mondo del cinema. Nel cast, James Bloor, Jessica Madsen, Sam Coleman e Finn Jones.

La sfida

Non è facile raccogliere il testimone ed essere all’altezza di Non aprite quella porta. Un film considerato da anni una pietra miliare del genere horror, avendone ridefinito i parametri. Eppure, l’esperimento è riuscito. Gli elementi ci sono tutti: l’uso delle armi, un killer silenzioso e privo di personalità, i paesaggi naturali mozzafiato a fare da sfondo alla brutalità dell’uomo, l’emblematica motosega…

Una scena tratta dal film

In Leatherface la fotografia, la regia, la recitazione, tutto è molto più lirico, nella speranza di far vivere la violenza della saga in modo originale, offrendo una dimensione diversa e finora mai approfondita.

Siete curiosi? Dal 14 settembre potrete valutare coi vostri occhi… se riuscirete a tenerli aperti in tutte le scene!

Valeria Longo