Nicolaj Gogol’ nacque il 20 marzo 1809 a Bol’sie Sorocincy, nel governatorato di Poltava, da un’antica famiglia di origine ucraina. Trascorse l’infanzia nella proprietà paterna di Vasil’evka, presso Mirgorod, e a dieci anni entrò nel ginnasio di Poltava e poi in quello di Nezin, dove rimase dal 1821 al 1828. Tutte località che erano e sono tuttora ucraine, ma comprese in un territorio allora denominato Piccola Russia ed incluse nel vasto impero degli zar.
Nicolaj Gogol’: poetica della surrealtà
Egli visse e scrisse nel periodo in cui a regnare era lo zar Nicola I, dunque in un momento di grande fervore culturale, ma anche di censura e di forte burocratizzazione delle istituzioni. La capitale Pietroburgo esercitava una forte attrazione per i giovani che, come Gogol’, avevano ambizioni letterarie. Egli vi giunse nel 1828, quando aveva 19 anni, ed iniziò a lavorare ai suoi primi racconti di tema ucraino. L’esordio di Gogol’ avvenne negli anni 30 dell’800: i suoi primi racconti erano ambientati nei villaggi e nelle campagna ucraine; trattavano storie di contadini e leggende popolari.
Sin da subito i suoi racconti spiazzano e scandalizzano i contemporanei per molte scelte stilistiche e formali, tra le quali spicca l’uso della lingua, spesso vernacolare, estranea a quella della letteratura. Realista ante litteram, Gogol’ dilata il concetto di realtà fino a farlo diventare una surrealtà sconfinata. Emblematico di ciò è il racconto “Il naso” in cui l’assessor di collegio Kovalev perde il suo naso e lo incontra passeggiare per strada.
Gogol’ sembra anticipare il realismo novecentesco impastato di psicanalisi. La caratterizzazione dei personaggi e la sua capacità di penetrare nella loro psiche, di interpretare e dare profondità ai loro comportamenti, gli consente di smascherare anche le dinamiche più sottili che intervengono nelle relazioni interpersonali e di potere.
“Il cappotto”: una rilettura attuale di Gogol’
L’abitudine all’affresco è propria della drammaturgia di Gogol’. I suoi racconti godono di una pronunciata visività, oltre che di una forte narratività. Ne guadagna, ovviamente, il lettore che riesce a godere di un vero e proprio affresco dell’epoca in cui Gogol’ visse. In particolare, il drammaturgo ucraino ha una vera vocazione nel cogliere l’essenza della metropoli moderna. Nel racconto “Il cappotto” la Pietroburgo ottocentesca che ci accoglie è un po’ più reale grazia alla sua descrizione delle strade innevate illuminate soltanto da qualche scintilliò, e animate dalla folla brulicante che le abita.
Descrizione della capitale della Piccola Russia che contiente una spettacolare narrazione del ceto impiegatizio a cui appartiene anche il protagonista, Akakij Akakievic. Impiegato in un ministero di cui Gogol’ tace la tipologia per discrezione, egli era addetto a copiare le lettere e non sembrava godere di particolare considerazione nè tra i suoi pari nè tra i suoi superiori. Anzi, gli impiegati più giovani a volte gli mancavano addirittura di rispetto facendosi beffe di lui. Taciturno e remissivo, Akakij rispondeva soltanto quando si superava il limite.
Nicolaj Gogol’: riferimenti oltre i racconti
«Lasciatemi! Perchè mi offendete?» e in quelle parole penentranti risuonavano altre parole: «io sono tuo fratello». E si nascondeva il viso nelle mani il povero giovane, e molte volte, in seguito, nella sua vita, ebbe a rabbrividire, vedendo quanta disumanità alberghi nelle umane creature, quanta spietata rozzezza si nasconda sotto il colto, raffinato viver sociale, e, Dio! perfino in coloro che il mondo reputa nobili ed onesti…
Se per la descrizione della metropoli moderna il riferimento va a Charles Baudelaire, più avanti nel racconto la vicenda si fa somigliante ad un capolavoro cinematografico del neorealismo italiano, “Ladri di biciclette” di Vittorio De Sica. Akakij Akakievic dopo aver tanto risparmiato ed essersi sacrificato per l’acquisto di un cappotto nuovo per andare a lavoro, viene vilmente derubato di esso.
Nel giro di poche pagine il racconto e la vita di Akakij Akakievic degenerano lasciando il lettore spiazzato, ma senza quasi il tempo di rendersene conto. Il genere racconto è perfettamente calzante alla vicenda: il lettore non trova alcun conforto, non ne ha tempo, ma tanti sono gli interrogativi che ha disposizione e sui quali riflettere.
Oggi sembra particolarmente delicato- e lo è davvero – trattare uno scrittore ucraino oggetto di una russificazione che riemerge, decisa, nel momento in cui tutto il popolo ucraino rivendica una sua identità. Tuttavia, ad essere originali nella propria epoca, se ne guadagna il merito in quelle successive. Nicolaj Gogol’ rappresenta uno di quei casi. Le sue parole d’inchiostro sanno risultare sulla pagina, se non di puntuale conforto, sicuramente attuali.
… è impossibile dire quel che provavi nel cuore: uno struggimento, come se tu avessi perduto al giuoco, o ti fosse sfuggita fuor di proposito una sciocchezza – in breve: una rovina.
Giorgia Lanciotti
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