Lelio Luttazzi, chi era la moglie Rossana: “È stato un colpo di fulmine per caso”

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Rossana Luttazzi,moglie di Lelio Luttazzi, il re dello swing italiano, artista poliedrico che, nella sua lunga carriera artistica è stato musicista, attore, direttore d’orchestra, conduttore televisivo, scrittore: un artista a tutto tondo di cui ancora oggi, a tre anni dalla scomparsa si sente, fortissima, la mancanza.

Lelio Luttazzi, chi era la moglie Rossana

Rossana Luttazzi, il cui cognome da nubile è Moretti, nata nel 1951, conobbe Lelio Luttazzi nel 1976. In quel periodo lavorava come redattrice nella redazione milanese del quotidiano Momento Sera. Lincontro con quello che sarebbe stato il suo compagno di vita per 35 anni avvenne per puro caso, grazie alle insistenze di una collega del giornale, la quale la invitava continuamente ad accompagnarla a diverse cene e feste alle quali partecipava. Rossana Luttazzi alla fine cedette e una sera si decise ad andare a casa della collega: fu lì che incontrò Lelio Luttazzi, che allepoca aveva già 53 anni.  Lei e quello che da lì a qualche anno sarebbe diventato suo marito cominciarono a frequentarsi, nonostante la forte differenza detà, come racconterà lei stessa molti anni dopo, destasse nelle persone che avevano intorno forti perplessità.

Lelio Luttazzi è stato un artista poliedrico: grande jazzista e direttore d’orchestra in RAI, volto noto e molto amato fin dagli albori della televisione italiana, autore di brani di musica leggera di grande successo. Nell’anno della morte dell’artista è nata la Fondazione Lelio Luttazzi, per volere della moglie, Rossana Luttazzi, che, con grande disponibilità, ha risposto alle nostre domande sul futuro della Fondazione ma anche sul suo ruolo di Presidente Onorario della Rete dei Festival.

Ho creato la Fondazione Lelio Luttazzi due mesi dopo che mio marito era volato via. È stato un modo per continuare a vivere insieme a Lelio, per realizzare eventi e ricordare la figura di mio marito, ma anche per sostenere, realizzare, promuovere azioni e progetti rivolti alla diffusione della cultura, dell’educazione e della formazione musicale. In particolar modo la Fondazione si è proposta, sin dalla sua nascita, di sostenere i giovani che intendono perfezionarsi nel campo della musica e le attività di carattere sociale in cui la musica rappresenta un valore. In dodici anni abbiamo realizzato davvero un mare di eventi, abbiamo realizzato progetti importanti. Per elencarli ci vorrebbe moltissimo tempo…consiglio di visitare il sito ufficiale della Fondazione: www.fondazionelelioluttazzi.com.

Tra le attività della Fondazione spicca il premio Lelio Luttazzi destinato a giovani musicisti jazz. Può dirci qualcosa sulla prossima edizione?
Lelio amava molto i giovani. Li aveva sempre per casa, gli insegnava gli accordi, i segreti del mestiere…Abbiamo inaugurato la Fondazione con la prima edizione del Premio Lelio Luttazzi per giovani autori pianisti jazz. La prima edizione la vinse Seby Burgio, un artista fantastico. Poi Manuel Magrini, considerato uno dei giovani talenti più eclettici del jazz. Sono usciti giovani jazzisti che stanno facendo una carriera notevole e di ciò siamo molto contenti. Diamo borse di studio, facciamo quel che possiamo anche se vorremmo fare di più per aiutarli. Per la prossima edizione, mi perdoni, non voglio dire nulla per scaramanzia, stiamo preparando un grande evento

Il carcere ingiusto

Questa che segue è una lettera scritta da Rosanna Luttazzi, moglie del grande Lelio Luttazzi, al direttore del quotidiano Il Giornale.

Egregio direttore, da qualche giorno leggiamo sulle prime pagine dei quotidiani e ascoltiamo nelle varie edizioni dei telegiornali nomi e cognomi di persone coinvolte con accuse pesantissime in casi di corruzione. «Testimoni chiave» che riempiono pagine e pagine di verbali, che, grazie alle loro testimonianze, raccontano, citano fatti, e quello ha detto, e quello ha telefonato, e quello ha chiesto somme, quell’altro ha chiesto favori, e la stampa spara nel mucchio. Non parliamo poi dei tanti talk-show ai quali partecipano con solerzia giornalisti di tutte le razze. Anche se non viene configurato né ipotizzato alcun reato, giù a fare nomi, accuse, insinuazioni, spesso con arroganza e presunzione. Non occorre essere indagati, il che non giustificherebbe comunque l’essere «sbattuti in prima pagina», ma è sufficiente che il tuo nome sia citato nei verbali di tutti questi signori e signore che tanto hanno da raccontare, per non parlare poi delle intercettazioni telefoniche, per «venire sputtanati».

E posso dirlo con convinzione di causa. Sono trascorsi ben quarantaquattro anni da quando sbatterono «il mostro in prima pagina». Quel «mostro» era mio marito: Lelio Luttazzi. Un semplice errore di un magistrato, ma quell’ERRORE rovinò la vita di Lelio. Preso e sbattuto a Regina Coeli in cella d’isolamento in compagnia del «buiolo» senza sapere il perché… Sì, perché allora un pubblico ministero poteva decidere se e quando farti incontrare il tuo avvocato. A Lelio, bontà loro, lo permisero dopo quindici giorni.

Lo scrittore Giuseppe Berto nella prefazione del libro «Operazione Montecristo» (libro scritto in galera da Lelio Luttazzi durante quei 27 giorni d’inferno) scrive: «Noi siamo esposti alle offese di coloro che dovrebbero tutelarci dalle offese. È una generalizzazione necessaria, perché di pubblici ministeri come il tuo in Italia ce ne sono a centinaia. Su certe questioni noi siamo abituati a ragionare con le lettere maiuscole. Diciamo lo Stato, la Giustizia, la Magistratura. Lo facciamo per viltà, perché è faticoso rinunciare alla protezione degli dei, costatare che le Istituzioni più sacre – così si dicevaun tempo – sono fatte da uomini che molto spesso sono peggiori di noi. Ma la questione di fondo rimane, ed è questa: due uomini che fanno lo stesso mestiere, usando gli stessi strumenti messi a loro disposizione dal sistema e valutando gli stessi elementi, ti trovano uno delinquente pericoloso meritevole di almeno tre anni di galera, e l’altro assolutamente innocente. È possibile lasciare un così largo margine di potere ad uomini che possono sbagliare? È possibile che i nostri legislatori non abbiano ancora capito la necessità di garantire l’indiziato?

Ecco, non ho altro da dire. Auguro al tuo libro un grande successo, vorrei che tu avessi lettori a migliaia e che tutti, alla fine, arrivassero a pensare “giustizia” con l’iniziale minuscola».

Seguici su Google News