Vladimir Il’ič Ul’janov, meglio conosciuto come Lenin, nacque a Simbirsk il 22 Aprile 1870. Entrò presto a contatto col socialismo rivoluzionario e con la filosofia marxista.
Insieme all’esperienza rivoluzionaria di cui fu presto promotore, Lenin non smise mai per tutta la vita di applicarsi nella teoria della “strategia” politica e nella funzione direttiva dei lavoratori, guidando l’Internazionale Comunista. Morì a Gorki il 21 Gennaio 1924.
L’intervento di Lenin nella Rivoluzione
Mentre la Rivoluzione in Russia imperversava, Lenin si trovava in esilio in Svizzera. Da qui attraverso un “vagone piombato” riuscì a far ritorno a Pietrogrado ove mirava a trasformare la rivoluzione da “borghese” in “proletaria”. Al suo rientro, furono enunciate le famose tesi d’Aprile -tutto il potere ai soviet e pace separata nel conflitto bellico- ma fino ad ottobre la situazione rimase stagnante.
In quel mese, anche a causa di gravi insuccessi militari sul fronte, i bolscevichi fecero pressione al governo Kerenskij che si trovò costretto a chiedere aiuto. Ma nella notte tra il 25 e il 26 Ottobre (calendario russo) la guardia rossa guidata da Lenin, occupò il Palazzo d’inverno – Rivoluzione rossa- con l’intenzione di formare un governo rivoluzionario di operai e soldati e di uscire definitivamente dalla sanguinosa guerra mondiale con una pace separata (pace di Brest Litovsk).
Il proletario da solo è impotente. Milioni di proletari uniti sono onnipotenti (Lenin 1912)
Stato e Rivoluzione: Lenin e la teoria marxista dello Stato
In Stato e Rivoluzione (1917) Lenin analizza la forma dello Stato nonché il suo necessario superamento nell’ordine della dialettica della Storia, concetto di derivazione hegeliana e marxista:
Lo Stato è il prodotto e la manifestazione degli antagonismi inconciliabili tra le classi. Lo Stato appare là, nel momento in cui gli antagonismi di classe non possono essere oggettivamente conciliati. E, per converso, l’esistenza dello Stato, prova che gli antagonismi di classe sono inconciliabili
Lo Stato è quindi per Marx, e dunque per Lenin, un “organo legalizzato” di oppressione di una classe sull’altra.
Lenin precisa infine che lo Stato borghese dovrà essere sostituito, necessariamente in forma violenta, dallo Stato proletario. Quest’ultimo non sarà poi soppresso con la forza ma seguirà la via della naturale estinzione.
Lotteremo per la distruzione di tutta la vecchia macchina dello Stato affinché il proletario armato diventi esso stesso il governo
Riflessioni filosofiche di scuola marxista
Materialismo ed empiriocriticismo (1909) è stato scritto in difesa del metodo scientifico del materialismo storico. Nel comunismo o socialismo scientifico sono confluite tre grandi tendenze filosofiche che ne hanno costituito il corpo centrale: la filosofia tedesca, il socialismo francese e l’economia politica inglese.
Un tratto essenziale però del materialismo storico è l’essersi voluto affrancare dall’influenza ideologica borghese facendo diventare la “strategia” una parte del metodo stesso. Si ricordi l’ultima tesi di Marx su Feuerbach:
I filosofi fino ad ora hanno solo interpretato il mondo, adesso si tratta di trasformarlo
Lenin, in accordo con le più recenti scoperte scientifiche, ribadisce l’esistenza di una “realtà oggettiva”, di una “cosa in sé”. Essa è indipendente dal pensiero degli uomini e dalle loro volontà e può essere conosciuta e indagata scientificamente.
Il materialismo, in pieno accordo con le scienze naturali, considera come dato primordiale la materia e come dato secondario la coscienza, il pensiero, la sensazione.
Lenin e la teoria di forza delle relazioni internazionali, la rivoluzione imperialista
In Imperialismo fase suprema del capitalismo (1917) Lenin affronta il tema dei rapporti di forza in un mondo già multipolare, poiché dominato dall’America, dall’Europa e dal Giappone. Rispetto all’avanzata dell’imperialismo, scrive Lenin:
Il capitalismo si è trasformato in un sistema mondiale di oppressione coloniale e iugulamento finanziario della schiacciante maggioranza della popolazione da parte di un pugno di paesi <<progrediti>>
Questi rapporti di forza sono generatori di continue crisi capitalistiche e le contraddizioni sono mondiali poiché mondiali sono ormai, nel XX secolo l’economia e la politica. Nessuna politica nazionale può chiudersi in se stessa sfuggendo a questa morsa. Tantomeno possono riuscirci le zone della Terra economicamente più arretrate.
All’essenza economica dell’imperialismo risulta che esso deve essere caratterizzato come capitalismo di transizione, o più esattamente come capitalismo morente.
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